Da Catania a Venezia con carico di rifiuti pericolosi Sequestrato camion pieno di fusti, indagini in corso

Comune di Mira, in provincia di Venezia. Sono le 8.40 del mattino di ieri quando sulla strada statale 309, meglio nota come via Romea, gli agenti della polizia municipale incrociano un camion della ditta Zuccaro trasporti di Catania. Un autoarticolato pieno di grossi fusti blu e neri, con adesivi che avvisano della presenza di liquido infiammabile, e una scritta bianca con la vernice: Uss Porter, il nome di un’imbarcazione della Marina militare americana. Qualcosa di strano c’è. Gli agenti delle forze dell’ordine locali lo pensano subito. Il carico è diretto a un’azienda della provincia di Treviso autorizzata a smaltire rifiuti pericolosi. Alla guida del grosso mezzo c’è un catanese: G. C., classe 1958.

L’autotrasportatore, secondo quanto si apprende dagli investigatori veneziani, non dice molto. Il camion sarebbe partito da Catania, dal parcheggio della Zuccaro trasporti alla zona industriale, già carico dei fusti. La documentazione di viaggio, però, non sarebbe stata del tutto corretta: nei documenti di trasporto, quelli che avrebbero dovuto attestare il contenuto del camion, non si sarebbe parlato di rifiuti pericolosi. Cosa che, invece, sarebbe apparsa subito chiara alla polizia locale del piccolo centro di Mira. A quel punto gli agenti chiamano i vigili del fuoco: c’è da verificare se il carico sia, o meno, radioattivo. I pompieri ci mettono poco per arrivare. Portano la strumentazione tecnica, verificano che le venti tonnellate di bidoni non emettano radiazioni. E no, non lo fanno. 

Nel frattempo le carte passano in mano alla procura di Venezia, e alla magistrata Lucia D’Alessandro, che ha disposto ulteriori verifiche. Le analisi del contenuto dei bidoni sono costose e avranno bisogno di un po’ di tempo, per capire di cosa si tratti. Quel carico «mal stivato e imballato in difformità della normativa Adr (quella sul trasporto in strada dei rifiuti pericolosi, ndr)» per il momento rimane un mistero. Che neanche chi lo portava è stato in grado di chiarire. Al conducente, intanto, è stata ritirata la patente. Mentre l’autocarro è stato sequestrato, assieme al suo contenuto, per essere portato a Spinea, in custodia giudiziale.

«A proposito del carico trasportato – dichiara l’avvocata Leda Puleo in rappresentanza della ditta – la Zuccaro trasporti si dichiara estranea ai fatti contestati». Perché le bolle di accompagnamento, spiega la legale, arrivano all’impresa già compilate. A occuparsi di redigerle dovrebbe essere chi incarica il trasportatore di trasferire il materiale. In questo caso, si sarebbe trattato della FG srl, che lavora anche coi rifiuti pericolosi, e che avrebbe dovuto riempire i formulari con i codici di identificazione corretti. Lettere e numeri sui quali l’azienda trasportatrice non dovrebbe eseguire alcun controllo. «Confidiamo nell’operato della magistratura», conclude Puleo.

È così che la stampa torna a parlare della Zuccaro trasporti, grossa impresa del settore, già in passato finita sui giornali per i carichi che trasportava. Era il 2016 e il nome dell’impresa spunta tra i documenti dell’inchiesta sul presunto interessamento di Cosa nostra nella bonifica della miniera di Pasquasia, in provincia di Enna. Nel corso dell’indagine, due anni prima, i carabinieri erano andati a sequestrare nei depositi catanesi della ditta 115 pallet, contenenti lastre di eternit per un totale di 106 pannelli. 

Secondo gli inquirenti – che all’epoca cercavano di fare chiarezza su quello che ritenevano un sistema di traffico e smaltimento illecito di rifiuti – quell’amianto non era stato trattato in modo corretto. In quella circostanza, i camion della Zuccaro trasporti erano stati ingaggiati per portare il carico al porto di Catania, dal quale sarebbe partito per arrivare in Toscana. Tra i 34 indagati dell’epoca – tutti rinviati a giudizio a Caltanissetta – non figura, però, nessuno dell’azienda di trasporti. Nei confronti della ditta, che aveva ricevuto il carico regolarmente e che regolarmente lo stava trasferendo al porto etneo, non sono state emesse misure di nessun tipo, all’epoca come adesso.


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