Berretta, il giovane del Pd «Bianco? Io guardo al futuro»

«Per fare il sindaco si deve guardare al futuro, senza nostalgie degli anni ’90. Penso alla Catania del 2020». Che Giuseppe Berretta, giovane parlamentare del Pd, voglia candidarsi a sindaco di Catania non è una novità. Se ne parla da mesi, ma l’intenzione si è concretizzata in queste ultime settimane. Proprio in corrispondenza dell’attesa sulla decisione di Raffaele Stancanelli dopo la sentenza sull’incompatibilità tra le due cariche di sindaco di una grande città e parlamentare. «Ho messo avanti la mia disponibilità a essere candidato, anche se le primarie ormai si terranno tra un anno. L’ho fatto da responsabile, ma non alla Scilipoti», dichiara Berretta a pochi giorni dalla scelta di Stancanelli di restare a Palazzo degli Elefanti. Lunga la strada che porta alla candidatura, il deputato Pd sembra aver già incontrato due ostacoli, dai nomi importanti: Enzo Bianco e Raffaele Lombardo. L’ex sindaco della primavera catanese sembra intenzionato a riproporre la sua candidatura, mentre l’eventuale appoggio del Mpa è un tema presente in tutte le analisi politiche da quando il Pd ha deciso a sua volta di appoggiare il governo Lombardo alla Regione. Per Berretta, però, la soluzione a entrambi i problemi è semplice: tutto passa dalle primarie.

Sembra che Stancanelli rimarrà sindaco fino al 2013, a fine mandato. Si riuscirà per le primarie ad avere un candidato unico del Pd?
«Penso che il partito farà la sua scelta, ma le regole del Pd consentono di candidarsi a più persone, come è avvenuto in alcune grandi città. Non importa quindi il nome del candidato, ma le proposte che si fanno alla città. Quelle di Bianco sono nostalgiche, mentre le nostre danno attenzione alla vita quotidiana dei catanesi, come i problemi della mobilità. Per descrivere lo spirito con cui affronto la questione, vorrei citare Rita Borsellino: lei dice che deve esserci il protagonismo dei cittadini nelle primarie».

Facciamo un esempio di protagonismo dei cittadini: ha un modello in particolare da seguire?
«Penso che le primarie debbano essere di coalizione, ma aperte a ciò che di propositivo c’è in città. Ci sono molte realtà che fanno ben sperare, come il Comitato Librino Attivo e il giornale La Periferica. Un fermento civico che dà prospettive alla città. Ma penso anche al Gar, a 40 per Catania, e a realtà storiche come Cittàinsieme che si stanno riattivando».

Ipotesi: Giuseppe Berretta ha già vinto le primarie, ed è il candidato ufficiale del Pd. A questo punto siglerebbe un accordo con l’Mpa per vincere le elezioni?
«Allo stato attuale no. Il vero ostacolo a un accordo è che nelle forze del terzo polo, non solo nel Mpa, c’è un ritrosia rispetto al metodo delle primarie, che per me devono essere di coalizione. Poi l’Mpa a Catania sostiene ancora la giunta Stancanelli, creando una distanza che più passa il tempo e più rischia di essere incolmabile».

Quindi in eventuali primarie di coalizione potrebbe anche esserci un candidato del terzo polo?
«No perché sono fermamente convinto che il rapporto col terzo polo sia ipotecato dalle scelte attuali. Le primarie sono uno strumento da mettere a disposizione di chi si riconosce in un progetto politico, non sono la scelta di una persona. Non bisogna lasciare ai Lombardo e ai Firrarello la scena, bisogna dare spazio al protagonismo dei giovani. Se non fosse così il mio impegno perderebbe di valore».

Potrebbe anche darsi che facciano delle primarie nel centrodestra. Stancanelli o Pogliese?
«Lo spirito del centrodestra è completamente opposto allo spirito delle primarie, perché non c’è nessuno spazio per la dialettica, quindi ne dubito fortemente. Non mi pronunzio sui nomi degli eventuali candidati di centro destra, è una scelta che spetta a loro. Solo che la ricandidatura di Stancanelli mi sembra molto improbabile».

Perché ritiene la nuova candidatura di Stancanelli improbabile?
«Dipende da alchimie politiche difficili da prevedere. Stancanelli sembra più uno che sta lì finché può. Il paradosso è che voglia far passare la decisione di restare sindaco come una “scelta eroica”. È rimasto solo perché fare il sindaco dell’ottava città d’Italia è più prestigioso che essere uno dei tanti in Senato».

Parlava di proposte concrete per la città, basate sui problemi quotidiani. Ma avrà pure un’idea per la Catania di domani. Come dovrebbe essere?
«Vorrei riaprire la città al mondo, attraverso il suo rapporto con il mare. Penso a un waterfront come a quello di città come Genova. E il Mediterraneo è il luogo del possibile futuro. Inoltre visto quanto è successo in nordafrica ultimamente Catania potrebbe essere lo sbocco democratico per il Mediterraneo. Credo che sia una missione da compiere anche se è difficile come scalare una montagna».

Però in questi 12 anni di centrodestra l’aeroporto ha avuto una crescita esponenziale. E di waterfront parlava anche Scapagnini. Cosa intende di preciso con apertura al mondo?
«L’aeroporto è certamente una grande infrastruttura, ma è lo strumento per collegare i singoli, non la città. Servirebbe un porto adeguato per il grande transito delle merci collegato con Augusta, con un’unica autorità portuale. Il modello non è l’Etna Valley, che vedeva Catania come una delle tante città industriali europee, ma si deve puntare alla specificità di essere al centro del Mediterraneo. Il recupero del rapporto tra città e mare serve al rafforzamento dell’assetto industriale. Abbiamo un grande spirito imprenditoriale, e dobbiamo sfruttarlo».

I primi 3 luoghi in cui si recherebbe da candidato sindaco di Catania.
«Si deve dare un segnale contro la criminalità organizzata, e quindi andrei come primo posto davanti al tribunale o in uno dei luoghi dedicati a Falcone e Borsellino. Dopodiché andrei a Librino perché la periferia deve essere ricollegata al centro. E infine andrei all’Università perché senza non si può avviare nessun progetto per il futuro».

[Foto di Giuseppe Berretta.it]


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