Amministrative ’18, l’eterno ritorno degli alfaniani Massimo Pesce l’assessore in quota Castiglione

Fuori dai giochi, ma nemmeno per due mesi. Le Comunali di Catania restituiscono al centrodestra attori che qualcuno aveva già riposto nel cassetto dei ricordi. L’area dell’ex sottosegretario Giuseppe Castiglione e dell’ex senatore Pino Firrarello è invece ritornata in prima linea, forte come molti non avrebbero mai scommesso. È uno degli effetti a lungo termine, si direbbe, di quel rientro in Forza Italia degli alfaniani, per cinque anni costola del Partito democratico, consumatosi a fari spenti durante l’avvicinamento alle Politiche del 4 marzo. Da quella tornata non arrivarono gioie per i brontesi, costretti a salutare la politica romana. Speranzosi però di un ripescaggio che adesso passa da Palazzo degli elefanti

Le consultazioni del 10 giugno sorridono infatti agli ex alleati di Matteo Renzi. Ciò in forza dell’ottimo risultato dei candidati piazzati nella lista azzurra, primo partito della coalizione del vincente Salvo Pogliese. Ben due fra questi diventano consiglieri comunali, Dario Grasso e Alessia Trovato, quinto e sesto posto in FI, entrambi con oltre 800 preferenze. E così a sfregarsi le mani è soprattutto Massimo Pesceex assessore di Stancanelli al Comune, in passato anche in giunta con Castiglione alla Provincia. È lui il più importante pontiere fra la Forza Italia etnea e i brontesi tornati senza troppo penare a Canossa, con cui si è schierato dopo aver mollato l’Mpa di Lombardo. Ruolo che adesso potrebbe fruttargli il ritorno in giunta, occupando la casella che, nel gioco delle poltrone che disegnerà il futuro esecutivo a Palazzo degli elefanti, spetta al partito azzurro.

Il canale diretto con Pogliese, d’altronde, è costante e promettente. Già dallo scorso gennaio quando, fino all’ultimo, si provò ad inserire in uno dei listini forzisti per il Parlamento un uomo di Castiglione: uno degli identikit più sussurrati era proprio quello di Pesce. Poi arrivarono i diktat romani e l’esclusione dei catanesi dalle liste, di cui Pogliese stesso, come raccontato a MeridioNews, fu prima vittima. L’intesa in direzione Bronte era comunque tornata di moda, mentre invece finivano nel ripostiglio gli strali lanciati dallo stesso neosindaco di Catania contro i transfughi delle larghe intese, a Roma come a Palermo, che avevano mollato il vecchio Pdl in frantumi. 

Ma da dove vengono pescati i voti consegnati da Pesce a Pogliese? Soprattutto dai Caf attivi uno in via Caronda e l’altro in zona Castello Ursino della blindatissima accoppiata di neoconsiglieri Dario Grasso e Alessia Trovato. Il primo arriva dalla III municipalità, dove era consigliere con Articolo 4; Trovato viene invece dalle fila dei lombardiani di Grande Catania, dove aveva centrato l’elezione alla I municipalità. Quella sua poltroncina è rimasta in famiglia: il padre Rosario, forte di 432 preferenze, è stato appena eletto sempre alla prima circoscrizione. Fra i firrarelliani 2.0, inoltre, lusinghiero è anche il risultato di Agata Scalia, prima dei non eletti di FI, altra candidata traghettata da Pesce nella lista azzurra assieme a Salvo Smirni, fermatosi a 554 preferenze. Chiudono l’elenco due-tre nomi da 100-200 voti. Gli equilibri così si piegano a loro favore, il tutto a scapito degli altri big etnei del partito, da Dario Daidone a Pippo Arcidiacono, senza rappresentanti in aula.

C’è, infine, una testa di ponte in una delle civiche del centrodestra, Salvo Pogliese sindaco: Salvatore Peci, eletto per un soffio. Lui è l’uomo sostenuto dall’avvocato Piero Lipera e dai leghisti ribelli Anastasio Carrà e Filippo Drago, i sindaci di Motta Sant’Anastasia e Aci Castello in polemica con il duo Fabio Cantarella-Angelo Attaguile al vertice della Lega catanese. Anche Giuseppe Castiglione, comunque, ha brindato per il risultato di Peci, con cui il rapporto è consolidato. 


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