La prima da sindaco di Catania di Salvo Pogliese Racconto dell’insediamento tra folla, vip e S. Agata

Una sala Bellini stracolma di persone, come non si vedeva da tempo, e una temperatura che minuto dopo minuto diventa rovente. Ingredienti che fanno da contorno all’insediamento del nuovo sindaco di Catania a Palazzo degli elefanti. Salvo Pogliese è emozionato, tanto da avere qualche tentennamento nell’indossare correttamente la fascia tricolore. Simbolo che lo accompagnerà per i prossimi cinque anni alla guida del capoluogo etneo. Primo capitolo di una storia politica trentennale, da sempre ispirata, ci tiene a precisare, al romanzo Il gabbiano Jonathan Livingston. Il nastro dei ricordi riparte dal lontano 1997, quando Pogliese a 25 anni viene eletto al consiglio comunale. Consigliere più giovane, ma anche quello più votato.

Oggi attorno a lui, che per l’occasione ha scelto un vestito blu con cravatta a motivi rossazzurri, ci sono la moglie e i due figli ma anche gli assessori designati e quelli che in giunta magari vorrebbero entrarci. Ci sono il presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè e gli assessori regionali Marco Falcone e Gaetano Armao. L’ex sindaco Raffaele Stancanelli e diversi consiglieri comunali. La sua ombra è però l’ottantottenne cerimoniere Luigi Maina. Scudiero anche nell’immancabile passaggio in cattedrale per l’omaggio floreale a Sant’Agata.

Il primo momento dell’insediamento, arrivato a una settimana dall’elezione in cui l’ex eurodeputato di Forza Italia ha raccolto una vittoria netta con poco più del 52 per cento dei voti, è però affidato alla segretaria generale del Comune Antonella Liotta. Fedelissima dell’ex sindaco Enzo Bianco e ormai prossima al pensionamento. Subito dopo la proclamazione e le firme di rito il microfono passa in mano al nuovo sindaco per il suo primo discorso ufficiale. «Non vi nascondo la mia emozione», esordisce. La sua, assicura, sarà un’amministrazione «che metterà da parte l’individualismo. Basta piangersi addosso attribuendo ad altri responsabilità che sono esclusivamente nostre. La cosa pubblica deve essere organica a noi con l’impegno di tutti». Palazzo degli elefanti, aggiunge Pogliese, «sarà aperto ai cittadini. Faremo anche degli incontri per avere un dialogo e un confronto per ascoltare critiche e suggerimenti». Perché, sottolinea, «il politico non è un tuttologo».

Mentre il sindaco parla è un tripudio di foto e dirette Facebook. Ma anche di commenti dietro le quinte. «Io ne ho visti di insediamenti. Ma tu ti ricordi di una sala così piena?», chiede un’impiegata al suo interlocutore. «Forse solo per Umberto Scapagnini, ma per lui almeno si riusciva a entrare». Anche alcuni vigili urbani abbandonano la speranza di poter attraversare il corridoio, anche quello strapieno. «C’è troppo buddellu», commenta un agente in dialetto prima di fare il giro largo. Un altro, più impavido, prova a far arrivare a destinazione un bicchiere d’acqua, ma ne versa metà sul tappeto rosso, tra gli spintoni della gente. Che intanto, non riuscendo a sbirciare dentro la sala ma sperando di avvicinare il neo sindaco all’uscita, si intrattiene con il gossip: chi si è sposato con chi, chi non parla più con qualcun altro e chi è fresco di botulino.

Dentro alla sala, intanto, i più ascoltano il discorso. Il microfono passa anche nelle mani di Micciché. «Pogliese? Semplicemente un fuoriclasse», dice. Ai lati della sala c’è Alessandro Porto, ex Mpa poi capogruppo di Enzo Bianco in Comune, prima del passaggio in Forza Italia. Carmelo Coppolino e Agatino Lanzafame, entrambi ex al Consiglio comunale. Ci sono pure gli ex senatori del centrodestra Pippo Pagano e Salvo Torrisi. E il possibile assessore in giunta Massimo Pesce, accompagnato dalla consigliera comunale Alessia Trovato e dal padre, eletto alla municipalità, Rosario.

«Sarò il sindaco di tutti i catanesi e non solo di coloro che mi hanno votato», si congeda Pogliese. Prima di abbandonare la sala Bellini c’è spazio anche per una foto con la famiglia. Qualcuno, intanto, all’esterno del municipio, chiede il perché di quella folla ben vestita. «Che riunione comunale c’è?», domanda un anziano, ignaro della cerimonia di insediamento del nuovo sindaco, ma attento al dibattito pre-elettorale. «Ma non è indagato? Chi sacciu comu finisci, fannu sinnacu a unu cu ‘n processo», commenta e tira dritto. Pogliese, intanto, percorre piazza Duomo verso la Cattedrale mano nella mano con i figli Giovanni e Antonio. «Quando mangiamo?», chiede uno di loro. Il primo cittadino risponde da papà: prova a spiegare che prima bisogna andare da Sant’Agata, poi taglia corto: «Amore, mangiamo dopo!». Sul sagrato non c’è il vescovo Salvatore Gristina ma il vicario Barbaro Scionti. Una stretta di mano e un saluto di benvenuto, poi l’omaggio alla patrona di Catania Sant’Agata e l’augurio: «Vi benedica e vi protegga». 


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