UniCt, si dimette il direttore generale Bellantoni «Prassi distorte e richieste prive di fondamento»

Si dimette il direttore generale dell’università di Catania Candeloro Bellantoni. E lo fa con una lettera che farà discutere molto a lungo, per il tono ma soprattutto per i contenuti. Bellantoni, infatti, scrive che la sua «azione amministrativa risulta quotidianamente rallentata non solo apertamente ad opera di chi continua a vedere nel sottoscritto, per le ragioni più assurde e bieche, lo straniero da avversare». Ma c’è pure di peggio. Il dirigente di UniCt spiega di aver dovuto affrontare a più riprese le conseguenze di una «prassi distorta e profondamente radicata nel tessuto amministrativo, fatta di continue e pressanti richieste prive di alcun fondamento logico-giuridico, il cui accoglimento non mi è proprio possibile, perché condurrebbe la mia azione amministrativa lontana, oltre che dai veri obiettivi cui essa deve tendere, anche da quei principi di imparzialità, buon andamento, efficacia ed efficienza sui quali deve fondarsi». Parole particolarmente gravi. 

La decisione di Bellantoni è forse la punta dell’iceberg di tensioni ancora irrisolte. Il punto di non ritorno potrebbe essere stato rappresentato dalla riorganizzazione dell’impianto amministrativo dell’ateneo, praticata proprio dal direttore generale dimissionario. Prevista all’inizio di gennaio, si è concretizzata invece pochi giorni fa, il 18 di giugno. Una mini riforma che, tra le altre cose, prevede una riduzione – seppur contenuta – dei poteri di alcuni dei quattro super dirigenti – Giuseppe Caruso, Vincenzo Reina, Rosanna Branciforte e Armando Conti – di cui tanto si è discusso in passato, specie dopo aver ricevuto incarichi di coordinamento nel 2014 dall’allora direttore generale Lucio Maggio e per essere stati al centro di una relazione che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per lo stesso Maggio e per Carlo Vicarelli, ex dirigente dell’area Servizi generali e gestione amministrativa del personale, nel dicembre 2016, da parte della procura di Catania, con le accuse di errore determinato dall’altrui inganno e falso ideologico. Secondo i magistrati, Maggio e Vicarelli avrebbero fatto firmare all’allora rettore Giacomo Pignataro una nota lacunosa – su richiesta della Corte dei Conti e dell’avvocatura di Stato – in cui si ometteva il parere contrario dei revisori dei conti dell’università riguardo alla nomina e alla riconferma dei dirigenti di prima fascia. Omissione che Maggio avrebbe ripetuto in altri due documenti successivi. I rilievi si concentravano soprattutto sugli stipendi dei quattro e i metodi di scelta.

Ma per tornare a Bellantoni, la sua revisione degli apparati sarebbe stata prima rimandata e poi osteggiata. Tra gli uffici c’è chi avrebbe manifestato disagio per la riorganizzazione, nel timore di un possibile ridimensionamento. Un quadro in cui il rettore avrebbe mantenuto una posizione neutrale. Troppo neutrale, secondo alcuni. Ora la palla passa proprio nelle mani di Francesco Basile. Che su questo tema potrebbe perfino veder traballare la maggioranza che lo ha eletto. Molti, tra i corridoi dell’amministrazione accademica, si aspettano che il magnifico respinga le dimissioni di Bellantoni e proceda speditamente verso la rimozione delle cause che lo hanno spinto a gettare la spugna. In caso contrario, sarebbero pronti altri passi indietro. Anche da parte di stretti collaboratori di Basile. In altre parole, l’estate dell’università di Catania si preannuncia a dir poco sofferta. 

Riceviamo e pubblichiamo dall’avvocato Dario Riccioli, legale di Lucio Maggio:

1) Alla data del 2014 i quattro dirigenti avevano legittimamente assunto l’incarico di dirigenti di prima fascia (in forza alla delibera del CdA del 2009) e, in quel ruolo, vennero utilizzati dal direttore generale, prof. Maggio. Solo nell’ottobre del 2015 (quindi, un anno e mezzo dopo il periodo da voi indicato nel distratto articolo di stampa) il CdA dell’università revocò gli incarichi con nuova delibera che, impugnata dai dirigenti, venne definitivamente annullata con sentenza del CGA. Ad oggi i quattro dirigenti continuano a ricoprire quell’incarico, con le competenze che sono loro attribuite dallo statuto dell’UNICT e dal TUPI.

2) L’affermazione secondo cui il prof. Maggio avrebbe reso tali dirigenti dei “superdirigenti”, se è certamente evocativa di figure cinematografiche di fantozziana memoria, non corrisponde ad alcuna figura legale descritta dalla norme del TUPI. Infatti, nessun “super potere” è stato mai loro attribuito, se non le funzioni specifiche dei dirigenti di prima fascia.

Nota della redazione
Per maggiore chiarezza dei lettori, per quanto riguarda la data e quali fossero i compiti di coordinamento a cui si fa riferimento nell’articolo rimandiamo al documento ufficiale rintracciabile sul sito di Unict.


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