L’ordinanza anti-bivacco di Pogliese vista dai senzatetto «Se hanno cuore ci lasciano, ma i vigili sono già venuti»

«Ieri sono venuti i vigili urbani e mi hanno detto che c’è una nuova ordinanza. Devo levare tutto». Salvatore da dieci anni vive insieme alla moglie per le strade di Catania. A lungo la sua casa è stata la stazione ma da qualche tempo abita sotto i portici di piazza della Repubblica. È preoccupato quando gli chiediamo della nuova ordinanza sindacale firmata dal sindaco Salvo Pogliese per ripristinare decoro e sicurezza. Con lui ci sono altri due catanesi: Alessandro e Francesco. Hanno storie diverse ma tutti hanno una voglia incredibile di raccontarle davanti alla telecamera di MeridioNews. «Andare via? Per me non sarebbe giusto. Se hanno un buon cuore ci fanno restare». Francesco, da tutti conosciuto come Checco, non ha dubbi. Viveva in via Stella Polare, a due passi da una piazza di spaccio di Cosa nostra. Per raggranellare qualche euro aiuta chi monta le bancarelle alla fiera di piazza Carlo Alberto. Impensabile che possa pagare l’eventuale multa, come tutti del resto.

In un clima di generale preoccupazione qualcuno paragona il sindaco anche a un dittatore: «Siamo di fronte a un altro Hitler?». «Si sente di essere un nuovo Stalin?». Trasandati ma perfettamente lucidi e informati sull’attualità, sono soprattutto uomini adulti e catanesi provenienti dai quartieri popolari a vivere per strada. Nessuno di loro lo ha scelto. Sono le 19.30 quando la macchina, carica di cibo e con a bordo i tre volontari, parte dall’Help center della stazione. La prima sosta è davanti al cancello d’ingresso dove due uomini ritirano i primi quattro piatti. Il giro inizia dalla cattedrale di Sant’Agata a piazza Duomo, ancora occupata dai manifestanti e prosegue a largo Podgora, nella parte finale di via Umberto

Lì incontriamo
Michele, un catanese di sessant’anni che lavorava in una ditta che produce gomme e che preferisce non essere ripreso. È un senzatetto da quattro anni, «sembrano pochi ma vissuti per strada valgono molto di più». Di fronte ai dettagli e alle sanzioni previste dall’ordinanza trova a fatica le parole. «Questa cosa mi lascia con lo sconforto, come posso dormire tranquillo stanotte se, oltre a pensare a difendermi da chi mi importuna, devo stare attento alle forze dell’ordine? Una misura sulla sicurezza contro di noi che siamo i primi a non sentirci sicuri. Dove dovremmo stare – si chiede – nell’aria o su un albero? Se mi sono ridotto così è perché non ho alternative». Capelli sporchi, pochi denti e un ragionamento perfettamente logico quello di Michele che ha provato a chiedere ospitalità nei centri di accoglienza che ci sono in città «ma sono sempre tutti pieni. A questo dovrebbe pensare un primo cittadino».

Da lì, ci si sposta in piazza Verga. Quattro o cinque uomini, italiani e stranieri, dopo aver ritirato il piatto con la pasta mangiano seduti sulle panchine dove passeranno la notte. «Io non mi sento un barbone e non faccio parte di questi bivacchi, girovago in città dal 2010». Un bastone per aiutarsi a camminare e nessuna intenzione di rinunciare alla propria dignità. Domenico, catanese di 60 anni, si sente un po’ «un filosofo della strada». È lui che si preoccupa di segnalare ai volontari che, poco distante, c’è un nuovo clochard. «Si parla dei senzatetto a muzzo come i cavoli a mazzi – sorride – e credo che infastidiscano più che altro come concetto, anche se non sono criminali e non chiedono l’elemosina. Sono solo persone indifese e vulnerabili». 

Panchine, scatoloni, tende, coperte. «Dopo questa ordinanza – dice Domenico – si potrebbe scegliere di dormire sotto le macchine abbandonate». Da lì ci si muove in direzione piazza della Repubblica. Dagli autobus che nello slargo fanno capolinea, scendono e risalgono, residenti in zone periferiche della città che hanno un appuntamento fisso con la macchina della Caritas «perché anche se un tetto sopra la testa ancora ce lo abbiamo, non abbiamo nulla da mettere sulla tavola per cena». Discorso diverso per una decina di migranti, arrivati chissà quando e con poca voglia, anche per le difficoltà linguistiche, di parlare. 

Nella tappa del Porticciolo Rossi, oltre al piatto per Sebastiano, i volontari portano anche qualche sacchetto con gli avanzi per i suoi cani. Una fermata veloce in via Acireale, poi ci si sposta nella zona di Vulcania dove, accanto a dei magazzini chiusi e abbandonati da anni, si è sistemato Gaetano che prima di finire a vivere per strada vendeva fiori in via Plebiscito. In piazza Lanza, sotto le pensiline utilizzate di giorno dai familiari in attesa di entrare in carcere, dorme un giovane ragazzo di colore e, di fronte, anche una coppia: lui catanese e lei di origini indiane. Ultimo passaggio prima di rientrare all’Help center, è al bar Galatea che offre le colazioni per l’indomani.


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