Presunta frode con fondi pubblici, in manette Corrado Labisi Nel mirino istituto Lucia Mangano. Cinque persone coinvolte

Associazione a delinquere finalizzata alla distrazione di fondi pubblici. È l’accusa nei confronti di Corrado Labisi e della figlia, entrambi ai vertici dell’istituto medico Lucia Mangano di Sant’Agata li Battiati. La struttura è finita al centro dell’indagine ribattezzata Giano bifronte, portata a termine dalla Direzione investigativa antimafia su delega della procura di Catania. Secondo le prime indiscrezione sarebbero cinque in tutto le persone coinvolte, per un buco da 10 milioni di euro. Disposti gli arresti domiciliari per la moglie, Maria Gallo, di 60 anni, per la loro figlia, Francesca Labisi, di 33 anni, e per due collaboratori: Gaetano Consiglio, di 39 anni, e Giuseppe Cardì. di 57 anni. 

Corrado Labisi è un nome noto in provincia di Catania, grazie sia al suo ruolo nella massoneria che per l’impegno diretto in due noti premi antimafia: uno dedicato alla madre, deceduta nel 1983, Antonietta Labisi e l’altro alla memoria dei magistrati Rosario Livatino, Antonino SaettaGaetano Costa. L’istituto Mangano era stato perquisito, per acquisire documentazione, alla fine di settembre dello scorso anno. Nell’ambito dell’inchiesta è stato effettuato un sequestro preventivo di oltre 1,5 milioni di euro.

Il nome di Labisi, pur non essendo indagato, nel 2013 era finito anche nell’incartamento dell’operazione antimafia Fiori bianchi. Gli investigatori documentarono i rapporti con Giorgio Cannizzaro, anch’egli appartenente alla massoneria e ritenuto attivo «nel gestire gli affari della famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano». Una sorta di faccendiere che vantava legami con imprenditori, prelati ed esponenti di spicco di Cosa nostra. Due anni dopo, a fare discutere, era stata la consegna del premio Livatino-Saetta-Costa all’allora prefetta di Catania Maria Guia Federico. Un momento immortalato da una fotografia pubblicata sul quotidiano cartaceo La Sicilia in cui la funzionaria veniva raffigurata  proprio insieme a Labisi. Il giorno dopo la marcia indietro con Federico che decise di restituire la pergamena. 


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