Gli inquirenti hanno messo insieme due fatti di sangue avvenuti nel 2016 a San Cristoforo. Dalle intercettazioni è poi emersa l'esistenza di un gruppo criminale. I poliziotti durante le intercettazioni venivano chiamati «i tedeschi». Guarda foto e video
Furti d’auto e tentati omicidi, scatta l’operazione Wax Azzerata la gang di Sciolino: sei le persone coinvolte
Cinque spari, intorno alle 20, in via Salvatore Di Giacomo nel quartiere San Cristoforo. È la sera dell’8 giugno 2016 quando da uno scooter sparano a Sebastiano Musumeci. I colpi però non colpiscono soltanto il pregiudicato 42enne. Nella traiettoria finisce pure un 15enne, colpito alla gamba mentre camminava con la mamma e con un bimbo di 6 anni. Tre mesi dopo un ragazzo di 17 anni, che poi si scoprirà essere il figlio di Musumeci, spara cinque colpi di pistola verso Angelo Sciolino, pregiudicato di 29 anni. I colpi gli arrivano al volto e al collo ma lo trapassano senza ucciderlo. Fatti di sangue che adesso vengono messi insieme nell’ambito dell’operazione Wax, portata a termine dagli investigatori della polizia etnea su delega della procura di Catania. L’ordinanza che dispone la misura cautelare in carcere e l’obbligo di dimora è stata disposta nei confronti di sei persone. Tre delle quali già dietro le sbarre. L’elenco è composto da Angelo e Matteo Sciolino, Luciano Ricciardi, Federico Rosario Ctistaldi, Salvatore Pietro Azzia e Salvatore Giannavola.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti l’8 giugno 2016 Musumeci sarebbe stato ferito perché colpevole di avere intaccato, a quanto pare attraverso Facebook, la reputazione di Angelo Sciolino. Gli investigatori avrebbero accertato la presenza di quest’ultimo in via Salvatore Di Giacomo e la sua fuga immediatamente dopo gli spari. A insospettire gli agenti anche la mancanza del disco rigido del sistema di videosorveglianza dell’abitazione del pregiudicato. Tre mesi dopo, come anticipato, è proprio Sciolino a finire nel mirino di una pistola. Che poi si scoprirà essere stata impugnata dal figlio di Musumeci.
Durante le indagini, fatte da intercettazioni telefoniche e ambientali, gli inquirenti hanno scoperto che Sciolino, insieme al padre 58enne Matteo, sarebbero stato il vertice di un gruppo criminale specializzato nel furto di automobili a Catania e provincia. Mezzi che poi sarebbero stati rivenduti in provincia di Agrigento attraverso la complicità di Salvatore Giannavola. Uno degli arrestati, con il gruppo che aveva base proprio a San Cristoforo, sarebbe anche evaso dai domiciliari per portare a termine i colpi. Nei dialoghi captati si utilizzava un linguaggio criptico e così polizia e forze dell’ordine venivano chiamati «tedeschi, spiderman e superman». Le macchine, invece, per essere identificate venivano nominate soltanto con l’iniziale della targa.
Sciolino junior è un personaggio conosciuto nel quartiere popolare di Catania. Sulla sua testa pendono numerosi precedenti penali proprio in materia di furti. Nel maggio 2005 è stato arrestato assieme a due complici, tutti pregiudicati, dopo essere stato colto in flagranza mentre
tentava di rubare due macchine parcheggiate in via Sant’Euplio. Pochi mesi dopo era stato fermato di nuovo con l’accusa di evasione dai domiciliari: le forze dell’ordine lo avevano trovato a passeggiare in via Salvatore Di Giacomo, la stessa arteria in cui venne colpito Musumeci.
Le persone coinvolte:
Angelo Sciolino, 31 anni
Luciano Ricciardi, 28 anni
Matteo Sciolino, 58 anni
Federico Rosario Cristaldi, 25 anni
Salvatore Pietro Azzia, 30 anni
Salvatore Giannavola, 40 anni