Acireale, ancora fermi i progetti per il depuratore Alì: «Noi contrari a ente provinciale per l’acqua»

«Acireale non ha ancora un progetto chiaro per la depurazione, per questo ci stiamo muovendo con gli esperti per far partire la progettazione». Queste le parole del sindaco Stefano Alì, il quale stamattina in conferenza stampa ha affrontato i problemi della depurazione e dell’acqua. Due temi apparentemente distinti, ma legati sotto l’aspetto della gestione. Argomenti che ad Acireale e in tutto l’hinterland tengono banco da anni. Il problema, infatti, è discusso sin dal 2012, anno in cui il Cipe (comitato interministeriale per la programmazione economica) ha stanziato più di 600 milioni di euro per tutto il territorio catanese affinché risolvesse il problema delle acque reflue e quindi della depurazione. E se le tubature di alcuni comuni del Catanese dovevano essere collegate al depuratore di Pantano D’Arci, per Acireale, invece, era stato previsto un impianto a parte individuato nella zona della stazione ferroviaria, precisamente in via Volano. Per realizzarlo sono stati finanziati 133 milioni di euro, per una struttura che doveva coprire Aci Bonaccorsi, Aci Catena, Aci Sant’Antonio, San Giovanni La Punta, San Gregorio di Catania, Santa Venerina, Trecastagni, Valverde, Viagrande e Zafferana etnea. Gli abitanti da servire sono circa 163.285.

Finora, intoppi burocratici e tavoli politici non hanno portato a grandi risvolti. Alì, oggi, fa il punto della situazione dopo l’incontro con il professor Enrico Rolle, commissario nazionale per la depurazione delle acque. «Nei progetti – dichiara il sindaco – sono previsti due depuratori: uno è quello di via Volano, con pennello a mare, che dovrebbe servire tutto l’Acese; l’altro dovrebbe sorgere in contrada Femmina morta e servire la parte che appartiene a Zafferana, Santa Venerina e frazioni a mare, con scarico sul torrente Farro». Secondo Alì il termine dei lavori potrebbe essere previsto entro il 2023. Nel frattempo, però, incombe la stangata dell’Unione Europea, che proprio a partire da giugno scorso ha deciso di sanzionare, attraverso i Paesi membri, le regioni che non hanno ancora dei sistemi di depurazione delle acque reflue. La Sicilia sarà condannata a pagare 21 milioni di euro per non aver rispettato le normative in materia. Con l’aggravante di pagare 230 mila euro al giorno, con decorrenza dal 2016, fino a quando i Comuni non scaricheranno regolarmente in mare. Intanto Alì ammette: «Acireale è molto in ritardo e soggetta a sanzioni, anche se è ancora tutto da definire – aggiunge -. Fino a quando i progetti non vengono conclusi, la Comunità europea potrebbe continuare a sanzionare».

Sempre per quanto riguarda il tema della gestione idrica, il primo cittadino si è soffermato sull’assemblea territoriale idrica che martedì ha visto Acireale partecipare insieme ai Comuni della provincia di Catania. «Durante l’incontro si è discusso sulla possibilità che la gestione idrica e dei reflui passi in mano ad un unico ente provinciale». A questa ipotesi Alì si è opposto, dato che la gestione ad Acireale è in mano alla Sogip, partecipata del Comune. La società deve fare i conti con alcuni debiti, che, secondo il sindaco, starebbe ripianando: «I debiti scompariranno nel corso degli anni, nel frattempo miriamo ad una gestione volta alla trasparenza dei bilanci». «Quella della Sogip – spiega – è un’autonomia che non possiamo permetterci di perdere, perché finora non abbiamo avuto problemi nella distribuzione e le tariffe sono molto basse, pertanto mi sono opposto alla delibera dell’Ati e ho chiesto una revoca al provvedimento che indurrebbe un’unica gestione del servizio. La legge lo prevede».


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