Tre camorristi e un giornalista scomodo Si presenta Scimmie, storia di un incontro

Scimmie. Sono come scimmie impazzite i protagonisti del romanzo del giovane napoletano Alessandro Gallo. Scimmie, appunto, edito da Navarra. Nasce come monologo teatrale per poi diventare romanzo, forma con cui ha vinto l’edizione 2011 del concorso letterario Giri di parole della casa editrice che ora lo pubblica. L’autore lo presenterà a Catania lunedì 5 marzo alle 18 nella sede dell’associazione Maiis. È la storia di tre adolescenti che come animali ammaestrati vogliono diventare camorristi. Fare carriera nell’ambiente della criminalità organizzata perché è il solo status sociale che conoscono, o almeno credono di conoscere. Così funzionava nella Napoli degli anni 80 – il romanzo è ambientato nell’85 – e così funziona ancora adesso, in molti casi. «Fanno i bulli per diventare camorristi perché a Napoli si deve fare così per essere accettati», spiega lo scrittore.

È il quindicenne Gennaro, uno dei tre protagonisti, a raccontare in prima persona le loro vicende. Il loro vivere in bilico, emulando i camorristi. Ad un certo punto della storia, però, capiscono come stanno davvero le cose. Capiscono che camorra non è sinonimo di bello, tutt’altro. Sarà l’incontro con il giovane giornalista Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985 e a cui il libro è dedicato e liberamente ispirato, a far loro cambiare prospettiva. Gallo racconta che lo stesso Siani, nei suoi articoli, parla di questi ragazzi di quartiere, che chiama muschilli (moscerini). Vittime del disagio sociale».  È Giancarlo, infatti, a portare, soprattutto Gennaro, sui luoghi di camorra, «dove c’è puzza di morte», dice l’autore. Gli affari sono ampli ed eterogenei e vanno anche al di là della Campania. Gennaro alla fine capisce tutto.

Si tratta di un romanzo, ma le storie sono vere. Storie che lo stesso Alessandro Gallo ha sentito e vissuto in prima persona. Il romanzo, infatti, è ispirato alla sua vita nel rione Traiano a Napoli e alla storia della sua famiglia. «Chiamavano mia cugina la donna dalla calibro 38, era una militante del clan Perrella. Mio padre, invece – spiega ancora l’autore – era un fiancheggiatore degli scissionisti. Storie come quelle vissute da Gennaro e i suoi amici sono anche le mie». Un racconto autobiografico dunque, Scimmie, ma comunque romanzato. «Volevo raccontare la mia storia, ma con un certo distacco letterario», afferma.

Non vuole essere un libro informativo, o almeno non solo. Gallo racconta storie di verità personale, che allo stesso tempo è verità collettiva. Di tutti i giovani che vivono a contatto diretto con la criminalità organizzata. Un lavoro scritto con un linguaggio senza fronzoli, misto a dialetto e slang, come quello di un qualsiasi quindicenne. Un modo per renderlo subito accessibile ai giovani che l’autore incontra in molte scuole di Bologna nel progetto Raccontiamo le mafie, di cui è ideatore e curatore. «Vorrei che fosse un romanzo formativo. E siccome c’è sempre un dopo, chiedo sempre ai ragazzi di provare a continuare la storia». Chissà se anche a noi verrà la voglia di continuarla, dopo averlo ascoltato.

[Foto di Scimmie]


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