A Catania aumentano gli amanti della bicicletta. Ma sono ancora in pochi. Colpa della mancanza di piste ciclabili - l'unica è spesso occupata da pedoni e abusivi -, strade dissestate e automobilisti poco tolleranti. «Molti non la considerano un mezzo ufficiale di trasporto», dice Silvia Ioni??, insegnante di lingue trentenne e ciclista per scelta. CTzen l'ha seguita nel suo percorso abituale fino al lavoro e ritorno. Guarda il video
Videocronaca di una giornata su due ruote «A Catania manca il rispetto per il ciclista»
La bicicletta è un mezzo di trasporto amato dai bambini, ma spesso dimenticato dagli adulti. A Catania, però, sono sempre di più quelli che non vogliono smettere di pedalare e scelgono le due ruote come mezzo di trasporto per i propri spostamenti in città. Veloce, pratico, economico e aiuta anche a mantenersi in forma, dicono i tifosi della bicicletta. Certo, un po’ di fatica la devi pure fare, ma chi la usa ne è consapevole. Il fatto che in città siano ancora in pochi, non è però solo una questione di buona volontà. Una sola pista ciclabile, spesso occupata da pedoni e commercianti abusivi. Le strade dissestate che costringono a fare lo slalom tra le buche. Le stesse che hanno ostacolato persino Mario Cipollini, arrivato secondo alla tappa del Giro d’Italia del 2003 nel capoluogo etneo proprio a causa loro. E poi ci sono gli automobilisti, non sempre ben disposti nei confronti dei ciclisti e dei loro mezzi. Ma cosa significa davvero muoversi in bici a Catania? Per raccontarlo, abbiamo seguito Silvia Ioni??, 30 anni, insegnante di inglese, nella sua pedalata quotidiana. Verso il lavoro e di ritorno a casa.
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«Se esci in bici regolarmente, ti abitui. In due o tre mesi riesci a fare anche le salite» rassicura Silvia. Il problema invece sono le macchine parcheggiate dappertutto, anche agli sbocchi dell’unica pista ciclabile cittadina – «una vera mancanza di rispetto», dice – o il non dare la giusta precedenza «perché molti non considerano la bici un mezzo ufficiale di trasporto, ma qualcosa che si può anche non prendere in considerazione». Eppure, secondo Silvia, Catania – dove vive da quattro anni – non è poi così intollerante. Va peggio nel suo Paese d’origine, la Romania: «A Bucarest, appena vedono una bici, diventano subito nervosi – racconta – Si infastidiscono se li rallenta». Mentre la seguiamo nel suo percorso abituale fino alla scuola di lingue dove insegna e di ritorno a casa, incontriamo diversi altri ciclisti. Passeggiano per via Etnea con i bambini, sbucano fuori dalla villa Bellini in mezzo al traffico di viale Regina Margherita all’ora di punta. Tra questi, anche un’amica di Silvia, Carlotta. «Prima avevo il motorino, un Sì. Poi me l’hanno rubato e ho cominciato a camminare in bicicletta», racconta ridendo. Anche per lei gli stessi problemi, con un tocco di folklore in più: «I mammoriani che, quando passo in bici, mi urlano sempre qualcosa».