Beintoo, la start-up da un milione di utenti Dal mare di Sicilia alla San Francisco bay

«È una giornata intensissima, sono arrivati gli investitori, abbiamo tanti appuntamenti». La sede di Beintoo, a Milano, è piena di gente. In ogni stanza c’è qualcuno che lavora o qualcuno che discute. L’unico spazio vuoto è una stanzetta con la macchina per fare il caffè e un divanetto per fare una pausa. Filippo Privitera ha trent’anni, e Antonio Tomarchio 29. Grazie alla loro start-up, oggi danno lavoro a 18 persone: 15 in quelle stanze milanesi, tre a Palo Alto, nella San Francisco bay. Se per caso i cognomi lasciassero dubbi, tutt’e due sono siciliani. Filippo di Acireale, Antonio di Giarre. «Ci siamo conosciuti tramite amici in comune, mentre io studiavo alla Scuola superiore di Catania, e all’università facevo Ingegneria elettronica», racconta Filippo, che dei due è quello che è andato via dall’Isola più tardi. «Mi sono trasferito qui nel 2008, sempre per lavoro – spiega – Mentre Antonio aveva studiato all’École centrale di Parigi, e poi al Politecnico di Milano».

«Beintoo è un modo per restituire un valore agli utenti che usano app sui loro smartphone». In parole semplici funziona così: ci sono una trentina di applicazioni – tra le quali la celeberrima Fruit Ninja (il gioco dove s’affetta frutta con la katana) che hanno deciso di aderire alla piattaforma ideata dai due siciliani. Ciò significa che, usandole, l’utente iscritto a Beintoo ci guadagna: «Abbiamo creato una moneta virtuale, i bedollars, che possono essere spesi per acquistare oggetti reali all’interno del nostro market online, oppure per vincere coupon sconto». Così, un numero stabilito di bedollars può valere un peluche per la festa della mammaun buono del 50 per cento da Bottega verde e molto altro: «In questo modo, i marchi piazzano i loro prodotti». L’idea per i due giovani è arrivata nel 2010, poi tra una cosa e l’altra – «adempimenti burocratici, soprattutto» – sono partiti a fine gennaio del 2011. Oggi, dopo un anno e mezzo di attività e 650mila euro di finanziamenti trovati, Beintoo attinge a un bacino di 100milioni di persone e ha raggiunto un milione di utenti registrati.

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Un progetto ad alto contenuto d’innovazione, che piace al mondo delle start-up. LeWeb, per esempio, è una delle più importanti competizioni per start-up del mondo, «anche se in realtà è più basata sull’Europa», precisa Filippo. L’edizione 2011 l’ha vinta proprio Beintoo, tra gli applausi dei colleghi. «Ci siamo iscritti per provare, già superare le prime selezioni è stata una sorpresa, figurarsi arrivare per primi», ride il ragazzo, che è il responsabile di tutta la parte tecnica. Oggi ancora in fase di assunzione. «Siamo in un momento di grande sviluppo, abbiamo bisogno di programmatori validi, cerchiamo le eccellenze, i migliori». Trovarli, però, è difficile. O è difficile riuscire ad assumerli: «Vogliono il posto fisso, il contratto a tempo indeterminato, ma io e Antonio il tempo indeterminato l’avevamo e l’abbiamo lasciato per lanciarci in questa avventura, così come tutti i ragazzi che lavorano con noi, che sono tutti assunti con contratto a progetto». L’età media è 27 anni, il più giovane di anni ne ha 22. «Siamo un’azienda giovane, dinamica, il posto fisso è un concetto che non si lega bene al concetto di start-up – spiega Privitera – È troppo costoso, ed è anche un po’ obsoleto». Non vuole fare polemica, non gli interessa, «voglio solo assumere persone che non vengono a lavorare per me perché vogliono sistemarsi, ma perché credono nel progetto: ho bisogno di gente che combatta come faccio io, non che si adagi con la stabilità». In più, se uno è tanto bravo e sa di esserlo, non ha paura di cambiare continuamente posto di lavoro: «È una sfida come un’altra».

I prossimi passi saranno l’apertura di nuove sedi di Beintoo in giro per il mondo: «Vogliamo ingrandire Palo Alto e poi il nostro obiettivo principale è l’Asia, visto che buona parte del nostro traffico viene dalla Cina». Alla Sicilia ci si pensa, mica no. «Volevamo aprire giù qualcosa che si occupasse di ricerca e sviluppo», ma è una regione complicata. «Non è che non si possano fare start-up lì, è solo che il territorio non ti supporta, i clienti li devi incontrare fisicamente e al Sud non ci sono aziende con le quali si possa lavorare, per esempio, sull’advertising».

A chiedergli cosa vuole fare da grande, Filippo risponde, ma in modo vago: «Mi piace mettermi alla prova, questo è quello che voglio fare sempre».

 

[Foto di Beintoo su Facebook]


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