Scorta a singhiozzo per Pino Masciari Sparisce ma torna a casa, senza aiuti

«Ogni volta che va in Calabria, Pino Masciari si ritrova da solo». Pierluigi Ubezio è uno degli uomini dello staff del testimone di giustizia calabrese, ex imprenditore edile, dal 1997 sotto protezione per aver denunciato la ‘ndrangheta e i suoi rapporti con la politica. «Doveva esserci un avvicendamento nella scorta – continua Ubezio – invece non è successo niente, gli uomini che lo seguivano l’hanno abbandonato e lui ha tentato di tornare a casa in qualunque modo». Per questo di Pino Masciari non si sono avute notizie per 36 ore, per questo nessuno sapeva dove fosse, cosa facesse, se fosse vivo. Mentre il suo cellulare era sempre spento e sul suo sito un post col titolo «Pino è in pericolo» lanciava l’allarme: alle 8 del mattino del 24 maggio, vicino Cosenza, l’uomo era rimasto senza gli agenti che hanno il compito di proteggerlo. Era stato nel Calabrese per due giorni, «per incontri pubblici, nelle scuole, in merito a progetti di antimafia». Poi, al momento di tornare a Torino – la città in cui vive – qualcosa non è andato come doveva. A piedi, nei posti in cui ha denunciato i suoi estorsori, Masciari ha chiamato un taxi per farsi portare alla stazione, poi ha staccato il telefonino per rendersi irrintracciabile. Fino a ieri, quando è tornato dai suoi cari.

«Ho e avrò sempre grande attenzione per l’altrui e la mia sicurezza – scrive l’ex imprenditore in un comunicato stampa – Per questo e nessun altro motivo mi sono sentito costretto ad auto-proteggermi e a tornare a casa». Prima, però, ha comunicato la sua decisione al prefetto del capoluogo piemontese: «Mi rivolgo a lei per un intervento immediato che tuteli la mia persona e per denunciare il susseguirsi della mancanza di situazioni di sicurezza, in particolar modo in Calabria, che mi espongono a serio rischio». «So che il prefetto ha parlato telefonicamente con la signora Masciari – prosegue Pierluigi Ubezio – ma non so cosa si siano detti». E da quegli uffici torinesi non arriva una sola parola: «È una situazione delicata, poiché riguarda un testimone di giustizia, non siamo autorizzati a dare nessuna informazione». Anche i carabinieri torinesi – dai quali arriva la scorta di Masciari – non dicono nulla: «L’attività che svolgiamo per seguire personaggi sotto protezione è completamente riservata». Il luogotenente Lorenzo Anania ripete la frase d’ordinanza come un disco rotto. La voce che circola è che gli uomini incaricati della protezione di Masciari non potessero accompagnarlo, da regolamento, per un tragitto così lungo (da Cosenza a Torino), e che fossero obbligati a fermarsi per aspettare il cambio. Anania, però, non conferma: «Tutte le disposizioni vengono date da prefettura e ministero dell’Interno, e vengono valutate caso per caso, in base al grado di pericolosità della situazione». E poi ricomincia col suo messaggio standard.

«Per come la vedo io, c’è qualcuno che non vuole che Pino metta piede in Calabria – dichiara Ubezio – Ogni volta che va da quelle parti, succede qualcosa». «Per me – dice – è un segnale, forse a Corigliano ha parlato troppo». Corigliano calabro è un paese in provincia di Cosenza. Poco più di 40mila abitanti e per sindaco un commissario straordinario, visto che il Comune è stato sciolto lo scorso giugno per via delle infiltrazioni mafiose. Un paio di giorni prima, da un palco proprio in quel piccolo centro, secondo Libera informazione, Masciari aveva gridato: «Dove sono le istituzioni?».

 

[Foto di Pino Masciari]


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Non si sono avute notizie del testimone di giustizia per 36 ore. Teneva il cellulare spento e, soprattutto, non aveva nessuno accanto. Perché gli uomini che devono proteggerlo alle 8 del mattino del 24 maggio gli hanno detto di non poterlo più seguire. Allora lui ha preso un taxi e poi un treno per tornare a Torino, dove vive. «Lo hanno abbandonato – dichiara Pierluigi Ubezio, amico del testimone – Per me c'è qualcuno che non lo vuole in Calabria»

Non si sono avute notizie del testimone di giustizia per 36 ore. Teneva il cellulare spento e, soprattutto, non aveva nessuno accanto. Perché gli uomini che devono proteggerlo alle 8 del mattino del 24 maggio gli hanno detto di non poterlo più seguire. Allora lui ha preso un taxi e poi un treno per tornare a Torino, dove vive. «Lo hanno abbandonato – dichiara Pierluigi Ubezio, amico del testimone – Per me c'è qualcuno che non lo vuole in Calabria»

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