Mafia, Riela controllava gli affari dal carcere Procura: «Chiariremo com’è fallita l’azienda»

Continuava a impartire ordini dal carcere, stabilendo strategie di mercato e alleanze con famiglie mafiose catanesi e non solo. Così Francesco Riela, titolare dell’omonima azienda di trasporti sequestrata nel 1999 e condannato all’ergastolo per omicidio e associazione a delinquere di stampo mafioso, manteneva il monopolio del trasporto su gomma in tutto il Catanese. Oggi a lui e al fratello Filippo – affiliati al clan Santapaola – sono state notificate due ordinanze di custodia cautelare in carcere rispettivamente per concorso esterno in associazione mafiosa e associazione mafiosa. Sequestrati anche beni per 30 milioni di euro in aziende, auto di lusso e una stazione di servizio a Monte Po.

Francesco Riela

Grazie all’operazione Apate coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e dalla Guardia di finanza sono stati individuate altre 26 persone legate a vario titolo al consorzio Se.Tra, ente che ha letteralmente svuotato il gruppo Riela da 13 anni sottoposto ad amministrazione controllata.  Le accuse per questi sono di intestazione fittizia di beni e truffa ai danni dello Stato.

«Forse grazie a questa indagine riusciremo a fare chiarezza sulla fine dell’azienda», ha affermato il procuratore Giovanni Salvi. La Riela Group srl ha chiuso i battenti lo scorso 30 aprile e i dipendenti, a ridosso della chiusura, avevano accusato proprio la Se.Tra del fallimento della nuova gestione. Il consorzio vanta addirittura sei milioni di euro di credito da parte del gruppo. Una conduzione parassitaria di questa portata era impossibile da realizzare senza destare sospetti. E, infatti, è stata accertata la connivenza degli amministratori giudiziari nominati dall’Agenzia del demanio che si sono occupati della Riela dal momento del sequestro.

Filippo Riela

«Una vecchia storia», così la definisce il procuratore Salvi. E sono nomi abbastanza noti quelli che si incrociano all’interno del consorzio Se.Tra. Oltre ai prestanome, sono coinvolti anche alcuni familiari, come Giuseppe Spina – zio di Francesco Riela – rappresentante legale di una delle aziende, la Nsl, che aveva assunto come collaboratore a contratto il fratello Filippo. Oppure la Cargo service, controllata da Filippo Intelisano, figlio di Giuseppe-Pippu u Niuru, ex reggente del clan Santapaola detenuto per reati mafiosi.

A contribuire alle indagini, le dichiarazioni del neo-pentito Santo La Causa che – confermando altre testimonianze – ha raccontato come Francesco Riela abbia usato le amicizie mafiose per espandere il gruppo anche dopo l’arresto. «Non si tratta di imprese vittime di estorsione», ci tiene a precisare il sostituto procuratore Antonino Fanara. La gestione della concorrenza all’interno del settore dei trasporti prevedeva il contributo esterno dei clan mafiosi – ad appoggiare i Riela era la famiglia Santapaola – che risolvevano eventuali contrasti con altre aziende in cambio di denaro. Le assunzioni «non basate sui curricula» e i regali di lusso servivano a mantenere i rapporti anche con famiglie esterne come i Lo Piccolo di Palermo e i Nardo di Lentini con le quali bisognava accordarsi per stabilire l’espansione verso nuove aree di mercato fuori provincia.


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Potevano contare sulla collaborazione degli amministratori giudiziari incaricati di gestire la loro azienda confiscata. Così Francesco e Filippo Riela hanno continuato a esercitare dal carcere il monopolio sul trasporto su gomma in tutta la provincia (e non solo) attraverso un consorzio creato ad hoc e composto da aziende riconducibili anche al clan Santapaola. Fitta la rete di contatti con la famiglia mafiosa palermitana dei Lo Piccolo

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