Improvvisa moria di piccioni a Catania Lipu: «Sono randagi, come cani e gatti»

«Io questo lo conosco, gli davo da mangiare due volte al giorno». Un anziano signore indica dispiaciuto il cadavere di un piccione sul marciapiede di via Firenze, a Catania. Un caso non isolato a partire dalla stagione calda, almeno a giudicare dalle segnalazioni di una improvvisa moria di piccioni arrivate alla Lipu, lega italiana protezione uccelli, da parte dei cittadini. «Difficile stabilire se sono stati avvelenati o meno», spiega Giuseppe Rannisi, coordinatore per Catania e provincia. Ad ucciderli potrebbero anche essere state le troppe attenzioni dei residenti che danno loro da mangiare i resti del proprio pranzo. «Alimenti non adatti, che indeboliscono la specie», avverte l’esperto. Animali poco amati perché considerati portatori di diverse malattie, ma sempre più semi-domestici. «Si chiamano colombi di città e, da un punto di vista legale, sono equiparati ai randagi». A farsene carico dovrebbe essere addirittura il Comune di Catania.

Al momento, unica prova delle segnalazioni sono le foto di due carcasse di piccioni scattate sui tetti di due palazzi: uno in via Firenze e l’altro in piazza Trento. «Uno sembra un adulto magrissimo, si vede lo sterno privo di muscoli – osserva Rannisi – Mentre l’altro sembrerebbe un giovane che potrebbe avere rimesso». Un dettaglio, quest’ultimo, che potrebbe far pensare a un avvelenamento. «La reazione di persone zoofobe che si può verificare sempre, a maggior ragione se c’è un numero elevato di piccioni o se viene reputato tale – continua il coordinatore Lipu – Individuarle non è facile in quanto possono agire su aree private e occulte alla vista».

E se a destare l’allarme dei non amanti dei piccioni è il loro numero, la responsabilità inconsapevole sembra essere soprattutto di chi invece vorrebbe aiutare questi volatili. «Signori anziani, persone caritatevoli che danno loro da mangiare le molliche del pane o i resti della loro pasta – spiega Rannisi – Cibo non adatto alla specie che li indebolisce e li rende più vulnerabili. I piccioni dovrebbero andare nei campi a cercare i vermi». Attività nomade a cui non sono più abituati. «Ormai preferiscono la città perché c’è più sicurezza, più cibo e caldo anche d’inverno». Condizioni che ne favoriscono la moltiplicazione, che andrebbe tenuta sotto controllo. «Con misure come la riduzione della somministrazione di cibo o dei siti riproduttivi, otturando i buchi dove nidificano». E non con l’abbattimento, come spesso succede.

«Il colombo di città non è altro che il colombo addomesticato che è scappato alla cattività e si è rinselvatichito». Non del tutto selvatico, quindi, ma nemmeno domestico. Un randagio, «proprio come i cani e i gatti». «Che non si può eliminare sia per motivi etici che per motivi ecologici, perché ha un ruolo nell’ecosistema urbano». Sulla presunta moria di questi ultimi mesi, intanto, la Lipu promette che continuerà a indagare.


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Si susseguono, a partire dalla stagione calda, le segnalazioni dei cittadini. Unica prova, al momento, la foto di due carcasse sui tetti di due palazzi del centro città. «Difficile stabilire se sono stati avvelenati o meno», spiega Giuseppe Rannisi, coordinatore per la provincia etnea della Lega italiana protezione uccelli. Che intanto raccomanda: «Non chiamateli piccioni, sono colombi di città. E niente molliche di pane, li indeboliscono»

Si susseguono, a partire dalla stagione calda, le segnalazioni dei cittadini. Unica prova, al momento, la foto di due carcasse sui tetti di due palazzi del centro città. «Difficile stabilire se sono stati avvelenati o meno», spiega Giuseppe Rannisi, coordinatore per la provincia etnea della Lega italiana protezione uccelli. Che intanto raccomanda: «Non chiamateli piccioni, sono colombi di città. E niente molliche di pane, li indeboliscono»

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