Da Step1 a CTzen, ricordando Enrico Escher «In ogni avventura non si torna più indietro»

«In ogni avventura che si intraprende c’è quasi sempre un momento speciale. Quello in cui si decide che non si può più tornare indietro. Anzi è proprio avanti che bisogna andare».

L’inizio – l’attacco – di un editoriale speciale è questo. Racchiude in tre semplici frasi tutte le emozioni che si celano dietro a ogni grande passo. Se poi l’avventura è la costruzione di un giornale speciale come Step1, quelle parole acquistano un significato molto più profondo per moltissime persone. Nonostante i percorsi si dividano, steppini una volta, steppini per sempre.

Per molti studenti – e non solo – il nome di Enrico Escher è quasi inscindibile da Step1. L’impegno e la passione con la quale ha curato quel piccolo progetto editoriale, ardito nella sua complessità anni dopo la sua elaborazione, facevano sì che quelle idee si trasmettessero attraverso una strana osmosi nelle persone che lo circondavano.

Un’intera generazione di giovani universitari e aspiranti giornalisti è venuta a contatto con lui attraverso le sue lezioni nella facoltà di Lingue e letterature straniere dell’Università di Catania. Filosofia e comunicazione, Habermas e Fidler, spiegati con naturalezza e ironia. Le basi del giornalismo raccontate attraverso uno scambio di mail inventate sul momento tra Abelardo ed Eloisa. Le prove in itinere che si trasformavano da teoriche a pratiche sul campo. E le caramelle… le famose caramelle distribuite durante gli esami… Solo chi si è trovato dentro un’aula dalla luce giallognola dell’ex Monastero dei Benedettini può capire cosa significavano quelle piccole biglie colorate e dolciastre, il valore di quell’invito a scartarne una in un momento così fuori luogo come un esame universitario.

Solo dopo quel 12 luglio di tre anni fa e la commemorazione nella sua aula, le due identità del prof. Escher – quella legata al mondo dell’università e quella esterna – si sono fuse, restituendo a tutti coloro i quali lo hanno conosciuto un ritratto a tutto tondo del docente, giornalista, giocatore di pallavolo, padre, catanese, uomo.

Un giorno di luglio di tre anni fa, Catania perdeva una delle sue penne migliori. L’università perdeva uno dei suoi docenti più innovativi. Tante persone perdevano un amico, un padre, un figlio, un compagno di vita. Enrico Escher ci ha lasciato una grandissima eredità, racchiusa nel cuore di quello splendido editoriale. Una promessa, una massima da tenere sempre in mente e che anche adesso, in questa nuova avventura che è Ctzen, ogni giorno cerchiamo di mantenere. Ma che si può trasformare in un ottimo consiglio, qualsiasi sia la strada da seguire.

«Le nostre ambizioni sono sconfinate, a cominciare dal sogno di fare giornalismo in modo diverso da quello a cui la nostra realtà ci ha abituati. Ma non siamo cosi sventati da andarle a dire in giro. Siamo qui, cercando di imparare dai nostri errori, voce ed orecchio di un mondo che parte dall’università ma non si ferma qui. Curiosi, aperti al contributo di tutti, speriamo anche abbastanza controcorrente. Alla ricerca di una lingua nuova per raccontare (e come potrebbe non essere così), di uno sguardo diverso per scoprire, di un’attenzione nuova per capire e, se ci riusciamo, tutti insieme, a spiegare».

Lo avevamo promesso un anno fa e caparbi lo ripetiamo ogni giorno: «Ci proveremo. Cavolo, ci proveremo…».


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Prof, giornalista, giocatore di pallavolo, padre, catanese, uomo. Scomparso il 12 luglio di tre anni fa. Per noi soprattutto fondatore di Step1, il periodico on line dell'università di Catania dove si è formata la redazione di quello che oggi è CTzen. Un nuovo capitolo, ma sempre sul percorso da lui tracciato: «Curiosi, aperti al contributo di tutti, speriamo anche abbastanza controcorrente. Ci proveremo. Cavolo, ci proveremo...»

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