Trappeto, un’antenna ogni mille abitanti Medico: «Studi in corso sui rischi connessi»

La storia – L’appartamento dei signori Russo (il nome è fittizio) è piena di immaginette sacre e crocifissi. Sono tantissime. Perché «noi, grazie a Dio, siamo ancora qua», dice la padrona di casa. Sta seduta sul divano e si muove poco, è invalida. I tumori, dal 1999 a oggi, l’hanno devastata. Poi hanno devastato suo marito e, alla fine, hanno ucciso il primo dei suoi due figli. «Noi non diamo la colpa alle antenne – afferma il signor Russo – Non c’è un solo medico tra tutti quelli che ho incontrato che sia mai stato disposto a firmarmi un foglio in cui dice che l’elettromagnetismo è causa del mio male». A lui, però, di ricerche e rapporti dell’Organizzazione mondiale della sanità non interessa granché: «Io so che in questa famiglia siamo di salute debole e che esporci a diversi fattori di inquinamento, anche ambientale, non ci fa bene, peggiora le nostre condizioni».

Il signor Russo parla lentamente per farsi capire meglio. Nel 2000 gli hanno diagnosticato un cancro alla mandibola e, da allora, tanti piccoli interventi gli hanno portato via parte del viso e hanno prosciugato le sue risorse economiche. «Siamo ricchi», ironizza. «Rido – dice – perché che altro posso fare?». Vive nel quartiere di Trappeto, il cuore della VI municipalità di Catania. Lì per ogni 10mila abitanti ci sono 10,4 stazioni radio base, cioè ripetitori del segnale dei cellulari. Ci sono 28 antenne in totale, su una popolazione che supera di poco i 27mila residenti. Ogni mille persone che vivono a Trappeto-Cibali c’è un ripetitore. La media in città è di poco inferiore: le stazioni sono 312 su 322mila residenti. Nel 1995 ce n’erano otto in tutto il territorio, divise nelle dieci municipalità.

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La protesta – Oggi gli abitanti della VI municipalità sono sul piede di guerra. A far traboccare il vaso, una goccia che ha le sembianze di una nuova antenna piazzata al centro di una rotonda. «In viale Adriatico, alle spalle del PalaGalermo – spiega Agatino Lanzafame, consigliere di municipalitࠖ È una strada che non è mai stata inaugurata, è pronta da sei anni e non è mai stata messa in funzione, anche se ci passano tutti». Automobili e motorini usano quell’arteria come se fosse stata consegnata, «ma così non è, perché mancano i collaudi». E l’illuminazione. «Ho visto che è stata allacciata la luce all’antenna», puntualizza Sebastiano Anastasi, che della municipalità è presidente. «Ci ritroviamo con un intero viale al buio, ma con una stazione radio base che non abbiamo mai voluto perfettamente illuminata». Il danno e la beffa. Perché, quando hanno ricevuto la comunicazione dell’inizio dei lavori per la costruzione dell’impianto, loro hanno «dato parere assolutamente negativo». Il Comune, però, «ha precisato che noi non possiamo decidere, che la loro era una notifica e non la richiesta di un parere». E quindi, passato qualche mese, sono arrivati gli operai dell’operatore telefonico che si è aggiudicato un posto al sole in una rotatoria con vista panoramica sulla città. Una chicca.

«Quando ho visto il cantiere, per prima cosa mi sono chiesto cosa stessero facendo, visto che non c’era nessun cartello»: Antonino Anzalone è uno dei residenti della zona più agguerriti. «Ho cercato le mappature dell’inquinamento elettromagnetico, che ho scoperto essere necessarie per legge», racconta, sfogliando i fogli stampati e sottolineati dei regolamenti comunali. «Gli unici dati che ho trovato sono aggiornati al 2007 – sostiene – Dal 2007 al 2012 quali controlli sono stati fatti?». Nel dubbio, Sebastiano Maugeri, un altro dei residenti, ha accettato di piazzare sul balcone di casa sua una centralina dell’Arpa, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. «Serve a fare un monitoraggio ventiquattr’ore su ventiquattro dell’intensità del campo elettromagnetico in casa mia – spiega Maugeri – Visto che erano anni che non venivano fatti rilevamenti così approfonditi ho deciso di dare la mia disponibilità». Dalle finestre della sua abitazione, le antenne si vedono quasi tutte. «Una lì, una lì, un’altra lì – indica – per non parlare del fatto che il comune di Misterbianco è proprio qui accanto e le loro antenne non si contano con le nostre, ma l’inquinamento ce lo prendiamo ugualmente».

La risposta – «Non è vero che più antenne significano più inquinamento». Achille Parisi è un fisico e lavora per la direzione Ambiente del Comune di Catania. È lui che stabilisce se e quali  antenne devono essere montate o quali devono essere potenziate. «Noi controlliamo in continuazione – afferma – ma le centraline sono rotte da qualche anno, almeno tre». Nel 2000 l’amministrazione comunale e l’operatore Omnitel (oggi Vodafone) hanno stipulato un accordo che si chiamava Cassiopea: «Prevedeva che la Vodafone installasse delle centraline di monitoraggio dei campi elettromagnetici nei punti cardine della città – spiega Parisi – Erano una quindicina». Ma i soldi che la Vodafone ha deciso di dedicare a Cassiopea sono finiti e, con essi, i controlli. «Su nostra sollecitazione il gestore sta cercando di acquistare altre quattro centraline mobili, gestite direttamente da noi – prosegue – Quando le avremo, faremo da supporto al servizio che attualmente fa l’Arpa».

Nel frattempo, però, le verifiche spettano ai gestori, che da controllati si trasformano in controllori. Il protocollo d’intesa tra Comune e Tim, Vodafone, Wind e H3G risale al 18 gennaio 2005 e prevede che loro affianchino l’amministrazione «nell’attuazione di campagne di informazione sui rischi eventualmente connessi all’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici emessi dagli impianti di stazioni radio base e simili […] e nella costante informazione alle popolazioni interessate attraverso il monitoraggio in continuo dei suddetti campi». In altre parole: se un’antenna Tim, Vodafone, Wind o H3G emette più radiazioni del dovuto devono dirlo i tecnici di Tim, Vodafone, Wind o H3G. Un cane che si morde la coda. «Non è così – risponde Achille Parisi – Noi controlliamo continuamente». Ma nel 2011, su 45 richieste di installazione di nuove antenne o di implementazioni, soltanto due sono state giudicate non idonee a essere accolte.

La salute – «Fino a questo momento non è stata provata nessuna relazione tra i campi elettromagnetici prodotti dalle stazioni radio base e l’insorgere di tumori nella popolazione». Giovanni Tringali è il patologo che ha fondato l’Istituto di ricerca medica e ambientale di Acireale. Sugli agenti esterni che intervengono nello sviluppo di malattie da parte della popolazione Tringali è un esperto. «Quando si parla di questi argomenti bisogna avere il supporto di dati scientifici, di rilevamenti reali – dichiara – Non si può andare avanti solo basandosi sul sentito dire». I rilevamenti, però, dovrebbero essere frequenti e spettare a enti terzi rispetto alle parti in causa. Cioè, «l’interessato non può fare controlli perché non si trova nelle necessarie condizioni di imparzialità per vigilare». Perché, anche se per l’Oms le antenne non fanno male, la vigilanza è necessaria: «Come in tutte le cose, gli eccessi non vanno bene». Per il medico, ci sono persone che dei campi elettromagnetici risentono più di altre: «Si chiama elettrosensibilità ed è un argomento dai contorni ancora oggi sfumati, riguardo al quale si stanno cercando di capire molte cose». Per quanto poco se ne sappia, di una cosa lui è certo: «C’è gente a cui i campi elettromagnetici fanno male e troppe stazioni radio base in un territorio ristretto possono non fare bene alla salute degli elettrosensibili».

«Non vorrei che si verificasse quello che è successo con l’amianto – interviene Sebastiano Anastasi – Cioè che si diceva che non facesse male e poi sappiamo tutti cosa si è scoperto e con quali conseguenze per le persone». I presupposti perché una cosa del genere si verifichi, secondo Tringali, non ci sono: «Viviamo costantemente immersi in un campo elettromagnetico e il nostro corpo funziona grazie alle cariche». «Quello che non dobbiamo dimenticare, però – conclude il patologo – è che l’elettromagnetismo è pur sempre un inquinante. Di tipo fisico, ma inquinante».


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