Vivere, pensare e amare da stranieri in Italia «Fame per fame, meglio nel mio Paese»

E’ ora di parlare del vivere in terra straniera, da stranieri, pensando come stranieri, mangiando come stranieri, amando come stranieri. Immaginate, tazavvor konid, in farsi si dice cosi.

Immaginate dal primo momento della giornata: lavarsi la faccia e portando le mani giù dagli occhi, guardarsi allo specchio e chiedersi “ma che cazzo ci faccio io qui?”. Ecco, questa è la prima domanda di chi ha la fortuna di avere uno specchio e il tempo di guardarcisi dentro! Questa è probabilmente la domanda di Sh (lo chiamerò così da ora in poi e vi svelerò pian piano la sua vita e le sue grandi filosofie di vita) alla prima occasione che il giorno gli offre per fare i conti con se stesso e la mia.

Mi ritrovo a 30 anni a vivere in Italia da iraniana. Ovvio, direte, lo sei. Ma, la storia non è questa, la storia è che io sono una iraniana vissuta per molti anni da italiana e che è tornata arrendevolmente ad essere iraniana. Perché ci sono molte cose che possiamo controllare, manipolare, sviare, chiamare con altri nomi, dissimulare, coprire, ma sto cominciando a capire che il sangue non è controllabile. Nel sangue di ognuno di noi scorre la nostra storia e noi la conosciamo man mano che fa i suoi infiniti giri all’interno del nostro corpo. Viviamo mille vite e altre ancora, generiamo storie e ci rigeneriamo man mano che le viviamo.

La mia totale incapacità di stare a tavola in maniera composta si acquieta una volta che stendo il mio soffrè (tovaglia) su e mangio all’iraniana. La più strappalacrime delle canzoni italiane non riesce a rendermi malinconica, ma una iraniana mi distrugge il cuore, delam migire. Quando qualcuno mi dice con la sua bella faccia di culo saputella
“guarda che ci manca poco eh… tra un po’ in Iran scoppia la guerra” mi fa imbestialire come un bufalo e mi terrorizza allo stesso tempo, più che se mi dicessero che in Italia scoppierà la guerra tra un mese.

La verità è che io amo il mio paese, che il mio paese è l’Iran, e che l’Italia può piacermi ma non sarà mai mia. E credo che in larga misura sia ciò che provano quelli nella mia stessa situazione. Noi viviamo qui semplicemente perché non possiamo vivere li. Semplice, chiaro.

Potrebbe essere leggermente provocatorio, ma se ci si pensa è cosi. Un italiano che va all’estero perché non ne può più della situazione economica e politica italiana, non considera quello il suo paese e non lo amerà mai come l’Italia. Si integra, lavora, mette al mondo dei figli e se scoppia una guerra se ne torna in Italia. Morire per morire, meglio nel mio paese no?

Questo è ciò succede oggi qui e che continuerà a succedere purtroppo: “Fame per fame, meglio nel mio paese“.

[Foto di Shahab]


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Da quando ci si lava la faccia al mattino a quando ci si siede a tavola, sempre con una domanda: «Che ci faccio qui?». E' la vita in terra straniera, lontano dalla propria nazione di origine, comunque parte della storia personale di ognuno. «Sono una iraniana vissuta per molti anni da italiana. Ma sto cominciando a capire che il sangue non è controllabile», racconta sul suo blog su CTzen Sanaz Alishahi

Da quando ci si lava la faccia al mattino a quando ci si siede a tavola, sempre con una domanda: «Che ci faccio qui?». E' la vita in terra straniera, lontano dalla propria nazione di origine, comunque parte della storia personale di ognuno. «Sono una iraniana vissuta per molti anni da italiana. Ma sto cominciando a capire che il sangue non è controllabile», racconta sul suo blog su CTzen Sanaz Alishahi

Da quando ci si lava la faccia al mattino a quando ci si siede a tavola, sempre con una domanda: «Che ci faccio qui?». E' la vita in terra straniera, lontano dalla propria nazione di origine, comunque parte della storia personale di ognuno. «Sono una iraniana vissuta per molti anni da italiana. Ma sto cominciando a capire che il sangue non è controllabile», racconta sul suo blog su CTzen Sanaz Alishahi

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