Niscemi, emesse dieci ordinanze di custodia La verità sulla guerra di mafia degli anni ’90

Una lunga scia di sangue, una guerra di mafia per il possesso del territorio di Niscemi, nel Nisseno, che negli anni Novanta ha causato diversi omicidi, finora rimasti insoluti, tra esponenti di famiglie contrapposte affiliate alla criminalità organizzata. Protagoniste due consorterie mafiose: la famiglia Russo (che faceva riferimento alla Stidda) e quella di Bartolo Spatola (referente di Cosa nostra).

Con l’operazione Rewind – le cui indagini sono state svolte dalla squadra mobile di Caltanissetta assieme al commissariato di Niscemi – è stata fatta luce su un omicidio e un tentato omicidio avvenuti nell’ottobre del 1990, scatenati da una serie di altri assassini sempre nella zona. Lo scorso 6 febbraio il gip di Catania su richiesta della Direzione distrettuale antimafia etnea ha emesso dieci ordinanze di custodia cautelare nei confronti di persone già detenute o sottoposte a sorveglianza speciale. Si tratta di Giancarlo Maria Lucio Giugno, Salvatore Calcagno, Rosario La Rocca (detto Saro Pacola), Gianni Passaro, Giuseppe Tasca, Pasquale Trubia, Angelo Tisa, Salvatore Siciliano, Emanuele Cassarà ed Emanuele Iozzia. Sono accusati a vario titolo di aver partecipato all’omicidio di Roberto Bennici e al tentato omicidio di Francesco Nanfaro avvenuti a Niscemi il 23 ottobre 1990, entrambi ritenuti affiliati alla Stidda.

La ricostruzione è stata possibile grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Angelo Celona (esponente di spicco di Cosa nostra a Gela, con interessi a Niscemi) si è autoaccusato dell’omicidio. A commetterlo assieme a lui, racconta, Francesco La Cognata (morto l’11 ottobre 2010). La conferma della testimonianza di Celona è arrivata attraverso i racconti di altri collaboratori, Emanuele Terlati e i fratelli Emanuele e Luigi Celona. Tutti membri di Cosa nostra di Gela.

Roberto Bennici è stato ucciso mentre giocava a carte all’interno del bar Sicilia, a Niscemi: Celona e La Cognata hanno sparato vari colpi di pistola contro l’uomo, 31enne incensurato, benzinaio, morto all’istante. Nella sparatoria viene coinvolto anche Francesco Nanfaro, venditore ambulante, pregiudicato per reati legato al porto illegale di armi, poi ricoverato in prognosi riservata. Entrambi sono ritenuti affiliati alla Stidda.

L’omicidio Bennici accade dopo una catena di altri delitti. Il 18 agosto del ’90 viene ucciso Giuseppe Vacirca, esponente della Stidda, indicato come esecutore materiale di vari omicidi, come quello di Salvatore Acerito (membro di Cosa nostra). Qualche settimana dopo, il 4 settembre, viene rinvenuto il cadavere di Giuseppe Trainito detto Ganzirru, ucciso con tre colpi alla testa e alle spalle. Suo padre Liborio era affiliato a Cosa nostra. Non passano che pochi giorni, il 25 settembre, quando viene ammazzato Carmelo Valenti detto Melo u ciurdu, membro della consorteria legata a Cosa nostra. La risposta non si fa attendere: il 22 ottobre vengono uccisi Gaetano Campione e Giuseppe Falcone, entrambi della Stidda.

E’ in questo clima di tensione che matura l’agguato a Bennici e Nanfaro. Il primo era nel gruppo capeggiato dai Russo, contrapposto a quello di Cosa nostra – retto da Giancarlo Giugno, Salvatore Calcagno e Antonino Pitrolo – che voleva assumere il comando nella zona. Con l’arresto di Giugno e Calcagno è stato decapitato il clan Cosa nostra a Niscemi.

Ma gli omicidi continuano anche dopo il 23 ottobre. Due giorni dopo viene ammazzato Gaetano Bartoluccio, vicino alla famiglia mafiosa di Niscemi. Il 26 ottobre è la volta di un membro della Stidda, Giuseppe Pepi, che però rimane solo ferito. Così come non viene portata a compimento l’uccisione di un medico, Giuseppe Amedeo Acerito, colpito da due killer della Stidda il 2 ottobre mentre si trovava nei pressi del suo studio a Scoglitti, in provincia di Ragusa.

 

[Foto di alfieianni]


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