Beni culturali, i siti Unesco siciliani a rischio La denuncia di Legambiente in un dossier

La Valle dei Templi di Agrigento, i mosaici della Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, il tardo Barocco del Val di Noto, la città di Siracusa, la Necropoli rupestre di Pantalica e le isole Eolie. Sono i sei siti di interesse culturale siciliani divenuti patrimonio dell’Unesco, ma che, a causa di cattiva amministrazione, degrado e incuria, sono finiti nella danger list e rischiano di esserne estromessi. E’ l’allarme lanciato da Legambiente con il dossier Salvalarte in Sicilia su emergenze e ritardi nella gestione delle nostre eccellenze culturali. E da cui emerge un quadro preoccupante sulle sorti delle bellezze della nostra terra. Abbandonate, come si legge nella presentazione, «all’aggressione continua, al disinteresse, all’inadempienze, al mancato rispetto degli impegni presi, al vuoto progettuale e di proposta per salvare e valorizzare questi patrimoni unici, che il mondo ci invidia».

Nel rapporto – presentato mercoledì a Catania dal direttore regionale di Legambiente Sicilia Gianfranco Zanna – vengono evidenziati i pericoli a cui vanno incontro i siti Unesco siciliani. La causa, come si legge nel dossier, è legata «alla mancata definizione e alla non applicazione o rispetto delle previsione contenute nei piani di gestione, la più grave lacuna che oggi abbiamo in Sicilia e che ha causato già la perdita di cospicui finanziamenti che sarebbero stati utili al miglioramento dei servizi, alla riqualificazione, ai restauri e alla gestione in genere». Invece, come denuncia Legambiente, la situazione versa in condizioni critiche. «I piani di gestione dei siti Unesco hanno una grande importanza – sottolinea Zanna nel testo di presentazione – perché riguardano la valorizzazione, la fruizione del bene, la diffusione della cultura, i servizi di accoglienza turistica e tanto altro ancora». Tutti aspetti su cui oggi, nell’isola, siamo «assai carenti», e la cui assenza causa la «perdita di opportunità di lavoro», ma soprattutto il rischio «di essere estromessi dalla World Heritage List».

Uno scenario che riflette una serie di problemi presenti da tempo. Alcuni, infatti, erano già stati denunciati nel rapporto Unesco alla Siciliana di novembre 2011. In cui era presente una lunga lista di emergenze sui beni culturali nostrani. Ma a distanza di «quindici mesi, la situazione non è cambiata, ma anzi è peggiorata», sottolinea Zanna. Sommandosi «a quella, altrettanto pesante, che avevamo già evidenziato». In cui, accusa Legambiente, ad oggi, «non un solo problema è stato risolto, non una minaccia è stata scongiurata!». «Invece di cominciare ad affrontare i nodi che incombono su queste nostre eccellenze – continua il direttore regionale – si è stati capaci di aggiungerne altri, perfino più gravi e pericolosi».

La lista di criticità esposta nel rapporto è lunga e dettagliata. La Valle dei Templi agrigentina, oltre al commissariamento dell’Ente parco risalente al 2010, si trova ad oggi afflitta dalla minaccia di cementificazione e abusivismo edilizio, dal mancato affidamento del servizi di gestione e da ritardi e disinteresse causati dall’«ostracismo del passato governo regionale». Copertura di protezione incompleta, invece, mette in pericolo i preziosi mosaici di piazza Armerina, appena restaurati ma esposti in alcune parti a pioggia e intemperie.

Due le emergenze per il Val di Noto: la minaccia di sventramento per il cuore barocco della città di Catania a causa del progetto della Rete ferroviaria italiana per di raddoppio della linea ferroviaria Zurria-Bicocca, che «ne comprometterebbe irrimediabilmente l’aspetto architettonico ed il tessuto urbanistico». Ma anche il «serio rischio che la cittadina di Noto possa perdere quel suo particolare e unico colore dorato» dato dall’intonaco. Proprio quel  «monocromatico paesaggio urbano che ha portato il Val di Noto ad essere inserito dall’Unesco nella World Heritage List». Quindi, in fase di restaurazione, «l’intonaco è da considerarsi bene materiale e non strato di sacrificio da rimuovere senza esitazione», puntualizza Legambiente.

«Sfruttamento immobiliare» è invece il rischio che emerge dagli interventi per la realizzazione di due porti turistici che finora sono stati proposti all’interno del Porto Grande di Siracusa, tra le bellezze patrimonio dell’umanità. «Un’area di grande valore storico e paesaggistico, sottoposta a vincolo paesaggistico e ora compresa nell’area di massima tutela», che necessita di una «pianificazione portuale e urbanistica nel pieno rispetto delle prescrizioni». L’arcipelago delle isole Eolie, invece, è esposto ad alto rischio di «edilizia speculativa», che ne minaccia la tutela del paesaggio di interesse naturalistico e ambientale. Questo perché, nonostante gli isolotti siano un bene culturale patrimonio dell’umanità, non è mai stata istituita l’area marina protetta. Come non sono mai nati il parco nazionale delle Eolie e la riserva naturale dell’isola di Lipari.

A preoccupare Legambiente è anche lo «scellerato progetto, non ancora definitivamente accantonato, per realizzare un ponte sul torrente Calcinara, nell’area della riserva naturale Pantalica, in cui sorge il sito di interesse della necropoli rupestre. «Tutti gli interventi ipotizzati – denuncia Legambiente – dalla realizzazione del ponte all’allestimento dei cantieri e le opere ad essi connesse, costituiscono un fattore di distruzione, frammentazione, alterazione di habitat e minaccia alle specie presenti nel sito». Inoltre, «le opere previste risultano espressamente vietate dal regolamento d’uso e divieti della riserva naturale».

Ma Legambiente non si ferma alle denunce e, insieme alla seconda edizione del dossier Salvalarte, avanza tre proposte per proteggere il nostro patrimonio culturale. «La prima – come si legge sul sito della sezione catanese – riguarda i piani: dove mancano redigerli, dove ci sono attuarli». La seconda – continua la nota – chiede «l’attivazione e la presenza nei territori interessati dai siti patrimonio dell’umanità della Fondazione Unesco, istituita da alcuni anni presso l’assessorato regionale dei Beni culturali e che potrebbe essere un utile strumento d’iniziativa e controllo per una migliore e più intelligente gestione coordinata delle attività inerenti i siti siciliani della World Heritage List». E infine «la nascita di una Consulta siciliana per i siti Unesco, dove mettere insieme tutte gli enti e istituzioni, pubbliche e private, l’associazionismo, personalità della cultura, presenti nei territori in cui ricadono i nostri patrimoni dell’umanità, per definire programmi e progetti per una migliore tutelare e per una vera e forte valorizzazione».

[Foto: Tempio della Concordia, Valle dei Templi, Agrigento. Di Collin Key]


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