Oasi del Simeto, abbattuta una casa abusiva La Procura: «Presto nuovi interventi»

Lungo via San Francesco La Rena – viale gemello della più nota via San Giuseppe La Rena – si alternano le piccole discariche, le villette più o meno trascurate, gli annunci di affitti per le vacanze scritti su lamiere corrose dal sole e dalla salsedine. Arrivati all’ingresso del villaggio Azzurro, all’uomo che si ripara dentro una guardiola dipinta di celeste basta un’occhiata per capire chi è del luogo e chi no. «Terza traversa a destra, poi l’ultima a sinistra. In fondo». Snocciola le informazioni con un sorriso cordiale prima ancora che gli si chieda l’indicazione. Via Clivia è una strada che si affaccia sul mare, all’interno di un’oasi protetta da vincoli specifici, a pochi passi dalla città. Eppure pochissimi catanesi riuscirebbero a individuarla su una mappa. È una delle piccole stradine che si incrociano all’interno di questa sorta di cittadina a sé, alla periferia sud della città. Stamattina è stato eseguito l’abbattimento dell’ultima di una delle tante costruzioni abusive che si trovavano a pochi metri dal litorale, sorte tra gli anni ’70 e ’80 in contrasto con le norme di tutela ambientale che regolano il territorio dell’oasi del Simeto.

È solo una delle oltre 100 demolizioni previste già un anno fa dall’amministrazione Stancanelli; la casa abbattuta oggi è l’ultima di una fila di abitazioni sorte sulla spiaggia. Caso vuole che la prima venne buttata giù nel 1988, proprio dall’allora sindaco Enzo Bianco, oggi presente ancora una volta con la fascia di primo cittadino. «Fino a stamattina ci vivevano qui», spiega Massimo Scardaci, residente del villaggio e membro del piccolo comitato che si è costituito. Una situazione comune a tante, troppe altre nella zona. Abitazioni sorte praticamente sulla sabbia, in preriserva (zona B), nella speranza di sanatorie e lungaggini burocratiche. Come quella che ha portato all’abbattimento di questa casa, la cui sentenza era stata emessa un anno fa. «Hanno ancora da pagare il mutuo con la banca», conferma un parente del proprietario che sospira rassegnato; non se la sente di mostrare eccessivo rancore verso le autorità.

«Nessuno stamattina ha fatto musioni», conferma Scardaci al sindaco Bianco. Questi, a sua volta, riferisce della buona riuscita dell’operazione ai procuratori Michelangelo Patanè e Giuseppe Toscano (esperto di abuso edilizio della Procura etnea) che hanno definito «insanabile» la situazione. «Non si poteva fare diversamente».

In pochi minuti due ruspe smantellano la struttura, sotto lo sguardo incuriosito dei bambini diretti verso il mare. «Era una casa con delle persone?», chiede ingenuamente una piccola bagnante. «Una volta», risponde la madre prendendola per mano. Quando il tetto crolla in una nuvola di polvere, come un castello di sabbia, i ragazzini rimangono ammutoliti. I grandi, nei cortili delle villette dai colori sbiaditi dal tempo, sospirano e si scambiano occhiate eloquenti tra loro. Nei prossimi mesi, tra settembre e ottobre, comunicano i procuratori, verranno fatti nuovi interventi. Tra gli abitanti del villaggio c’è chi è consapevole di essere il prossimo nella lista o di averla scampata. Ma agli occhi di chi viene da fuori, intanto, si mostra indifferente.


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