Tema su Dante, un errore del Ministero

Ma chi ha scritto le tracce per la maturità ha letto bene la Divina Commedia? C’è un passaggio, nel compito su Dante, che fa nascere qualche dubbio. Sono le annotazioni con cui si indirizzano gli studenti a inquadrare il testo da analizzare (il racconto della vita di San Francesco, tratto dal canto XI del Paradiso). Dopo aver riportato i versi, la traccia recita: «Nel quarto cielo, quello del Sole, Dante, guidato sempre da Beatrice, ha incontrato una corona di dodici “fulgori”, che sono le anime di altrettanti celebri sostenitori della fede religiosa. Uno di questi, san Tommaso d’Aquino, gli descrive in particolare le figure di san Francesco di Assisi, fondatore dell’Ordine dei Francescani, e san Domenico di Guzman, fondatore dell’Ordine dei Domenicani: l’uno e l’altro Ordine di fondamentale importanza nella storia della Chiesa a partire dal secolo XIII».

Poco più sotto il concetto viene ripetuto: «Nella ricostruzione della vicenda di san Francesco, Dante ha condensato un ampio capitolo di storia religiosa del nostro Medioevo. Né va dimenticato che il poeta ha messo questa ricostruzione in parallelo a quella dell’opera di san Domenico, altro campione di quella storia, e che tutto l’episodio è affidato alle parole di san Tommaso, massimo teologo dell’epoca».

Ora, le cose non stanno proprio così. San Tommaso d’Aquino, voce narrante del canto XI, dice tutto di San Francesco, ma quasi nulla di san Domenico. Non è vero che ne «descriva» la figura. Tommaso si limita a dire che la Provvidenza ha affidato il rinnovamento della chiesa a due «prìncipi» (Francesco e Domenico, appunto); e che, mentre il primo fu pieno di carità, il secondo brillò per sapienza. Spiega poi che basta parlare dell’uno (Francesco) per parlare implicitamente dell’altro (Domenico). Di conseguenza si accontenta di parlare, e piuttosto a lungo, di Francesco. E per finire se la prende con i domenicani deviati, che hanno perso di vista la loro regola. Fa tutto questo, san Tommaso, nell’undicesimo canto del Paradiso. Ma a san Domenico riserva solo qualche accenno.

È vero, come dice la traccia, che la ricostruzione della figura di Francesco viene messa «in parallelo» con quella di Domenico. Ma è un errore dire che «tutto l’episodio è affidato alle parole di san Tommaso, massimo teologo dell’epoca». A parlare di san Domenico (canto XII del Paradiso) è infatti un francescano, san Bonaventura. E il canto ripete lo stesso identico schema del precedente: prima Bonaventura dice che la chiesa ha due «campioni», poi elogia il capostipite dell’ordine “rivale”, infine se la prende con i frati del suo ordine che si sono dimenticati il significato della regola.

Lo schema scelto da Dante riflette un cerimoniale diffuso nella tradizione liturgica del tempo: in occasione della festa di san Francesco (4 ottobre) si era soliti affidare la predica a un domenicano, mentre era di norma un francescano a salire sul pulpito per la festa di san Domenico (7 agosto). E questa costruzione simmetrica dei due canti non è casuale: Dante cerca una sintesi, un’interpretazione unitaria della realtà che ne superi contrasti e lacerazioni. La rivalità che divideva i due ordini non avrebbe avuto per lui ragione di esistere, se si fosse tornati al vero spirito dei loro fondatori. È questo, grosso modo, il significato del parallelo tra Francesco e Domenico.

Proporre Dante alla maturità può essere un’ottima idea, anche perché il poeta della Commedia ha qualcosa da dire anche al nostro tempo. Un domenicano che elogia Francesco e un francescano che elogia Domenico potrebbero essere un bell’esempio di come le diversità possano sommarsi, e non per forza contrapporsi in uno spirito di fazione. Peccato che l’estensore delle tracce non ci abbia fatto caso.

Le tracce della maturità (pdf)


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