Edizioni del Villaggio

«La Villaggio Maori Edizioni è una casa editrice per autori emergenti. Pubblichiamo opere di autori non conosciuti a nostre spese. Presto, forse, pubblicheremo anche opere di autori scomparsi da almeno 200 anni, scegliendo fra questi quelli che a nostro parere potrebbero costituire un buon esempio per i giovani scrittori. La chiameremo qualcosa come i nostri cari estinti».

Così ci spiega Salvo la Porta, uno dei fondatori del Villaggio, laureato in Filosofia a Catania. E’ uno scrittore e gestisce la sede della casa editrice, nonché la libreria sita in via Vittorio Emanuele 366, angolo via della Palma.

Siamo seduti ad uno dei due tavolini bordeaux agli angoli della piccola, calda e accogliente libreria. Non è la prima volta che ci anidamo. Ad ogni occasione non possiamo fare a meno di notare che Salvo ha apportato qualche modifica e ci mostra orgoglioso ogni cambiamento. Se l’è fatta da solo questa libreria, ma mal sopporta che la si definisca tale, né gli piace che si dica che è sua.

«E’ la sede della casa editrice anzitutto, ed è di tutti i Maori, solo formalmente è mia».

Raccontaci della casa editrice.
Il Villaggio è nato stampando 100 copie per ogni edizione. La prima stampa della Maori è stata un tascabile della collana “Quaderni”, a metà del 2004, con tirature di cento copie triplicatesi dopo un anno. All’inizio, essendo auto-finanziati ed essendo una casa non-profit che non chiede neanche un centesimo agli autori, per stampare utilizzavamo una semplice stampante laser e facevamo a mano la rifinitura.

Cos’ha di diverso la Maori dalle altre case editrici? Voi non avete sovvenzioni, vero?
La Maori nasce fondamentalmente per non chiedere soldi agli autori. Non abbiamo sovvenzioni, non le abbiamo cercate e personalmente sono contrario: credo che se la casa editrice va avanti da sola vuol dire che vale: è una crescita più naturale.

Perché Maori? Che vuol dire?
Il Villaggio Maori non è altro che la nostra casa da studenti in cui abbiamo vissuto per otto anni, alternandoci. Lì ci hanno vissuto circa quindici Maori, me compreso. Quella casa, che adesso non abbiamo più perché il padrone l’ha venduta, è stata il laboratorio di tante idee che hanno preso forma nel corso di questi anni. Lì è stato scritto il mio primo romanzo: “D’istinto” (una porcata – scherza), pubblicato con la Boemi Edizioni. Sempre lì è nato il Millantastorie, la vecchia rivista per autori emergenti, sempre edita dalla Boemi Edizioni. E infine la casa editrice. Lasciare “il Villaggio” è stato terribile: c’erano troppi ricordi, mille storie e vicissitudini. È sembrata la Shoah.
Riguardo al nome… I Maori sono una popolazione della Nuova Zelanda con la quale in realtà non abbiamo molto in comune. Ma abbiamo scelto il nome perché ci piaceva la danza guerriera di questo popolo. È andata così: una sera, ubriachi, qualcuno di noi uscì fuori questo nome e piacque a tutti. Da allora ci chiamiamo così e ognuno con il suo nome da “Maori”. Lazarus, Guybrush, Kunta, Sturm, Joseph, Spugna, Grozdana, il Grande Capo…

Qual è la filosofia di fondo del Villaggio?
Saper vivere tranquilli e saper raccontare storie e, ovviamente, saper cucinare le lenticchie. Non abbiamo mai litigato – poi gli scappa – Beh, a parte quella volta che Lazarus mangiò 12 pesche in meno di dieci minuti, ma questa è uno dei Maori Tales…

Maori Tales?
Sì, una delle cose che ci caratterizza è il gusto per la letteratura orale: ci tramandiamo veri e propri brani (Maori Tales, appunto) secondo forme ben precise, come nell’epica omerica. Per noi è una mitologia complessa, articolata, fatta di simboli e cultura, e comprende una vera e propria religione. Il simbolo della casa editrice, i due gatti, sono i gatti di quella nostra casa: Ruttolomeo Stercorario e Torakiki Sguazzapiscia; ed è nota a molti la storia per cui fu Ruttolo il vero inventore di quel logo.

Cos’è cambiato con l’apertura di una sede tutta vostra?      
Innanzitutto vendiamo più copie, nonostante non abbiamo fatto ancora nessuna pubblicità. In questo mese abbiamo venduto un centinaio di “Quaderni”: racconti in formato tascabile. Inoltre adesso abbiamo lo spazio per riunirci, lavorare, leggere, imparare, scrivere e acquistare libri. Insomma è il nostro centro culturale.

Difficoltà del Villaggio Maori?
L’unico problema che abbiamo al momento è che ci manca un Web master per il nostro sito (scrivilo questo, così magari arriva qualcuno – dice ridacchiando). Per il resto è un momento molto buono per il Villaggio: la Maori sta bene. Adesso abbiamo pure pubblicato Biancoghiaccio, la nostra prima antologia: quattro racconti inediti. Quando abbiamo fatto la prima stampa usavamo una stampante laser e stampavamo un numero limitato di copie, circa un centinaio a tiratura. Due anni e mezzo dopo le copie sono diventate mille e vanno direttamente in tipografia.

Parliamo di questa nuova uscita, l’antologia intitolata Biancoghiaccio. Nel leggere i racconti si ha come la sensazione di un“congelamento” dei sentimenti umani, è corretto? Si ha l’impressione che i racconti siano scritti dalla stessa mano. Eppure non è così: gli scrittori sono diversi…         
È vero, ed è frutto di  una scelta. Sono quattro racconti di autori diversi (fra cui un Maori) che abbiamo pescato fra un centinaio che ci sono arrivati via email o per posta ordinaria. La selezione è stata fatta in modo da ottenere una scrittura sufficientemente omogenea. In questo è stato fondamentale l’aiuto del Maestro Senigallia, un professore da noi molto, molto stimato.

Salvo sembra avere molto ancora da raccontare ed è quasi deluso che l’intervista si sia conclusa qui. Ma è l’ora del judo, altra componente fondamentale della filosofia Maori. Salvo chiude la saracinesca del negozio, si mette lo zaino sulle spalle e si avvia.

Chiunque voglia provare a pubblicare le sue opere con la Villaggio Maori Edizioni, può portare il materiale in sede, o spedirlo per posta elettronica a redazione@villaggiomaoriedizioni.it.
 

Link:

www.villaggiomaoriedizioni.it


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