Economia agraria: il concorso più lungo del mondo

Forse qualche studente, con in mano una copia del Corriere della Sera di martedì scorso, avrà ghignato: il proprio professore, magari uno dei più temuti, costretto a ripetere uno dei più importanti esami della sua vita? Roba da non osare crederci nemmeno nei sogni. E invece è quello che potrebbe succede a tutti i candidati del concorso bandito nel 1990 dal Miur per dei posti di docente di ruolo di II fascia (associato) del settore disciplinare «Economico estimativo». Trentacinque vincitori compresi, avete capito bene.

Il caso è scoppiato a seguito del ricorso della professoressa Mariella Eboli, una delle escluse. Tra i vari motivi addotti dalla docente, l’unico accettato dal Tar del Lazio è «l’incompatibilità del membro dell’Organo giudicante prof. Cassano»: il professore (nel frattempo deceduto) era già stato membro di commissione nel precedente esame dello stesso settore disciplinare. E non si può, lo dice un regolamento. Dopo vari tentativi da parte del ministero di sistemare la faccenda, ad inizio giugno, la soluzione: l’esame si ripete sì, ma lo sostengono tutti i candidati.

I 35 idonei di quel concorso, alcuni diventati nel frattempo professori di I fascia (ordinari), non sembrano entusiasti. E se ne infischiano se il commissario fosse “recidivo” o meno.
Tra questi, vi sono anche quattro professori (tutti e quattro ordinari) della Facoltà di Agraria di Catania. Due sono nomi ben noti anche nella politica locale: Giovanni La Via, riconfermato Assessore all’Agricoltura della Regione Sicilia, e Filadelfio Basile, ex senatore di Forza Italia. Lo stesso La Via, in un’intervista di mercoledì al quotidiano La Sicilia dichiara: “La situazione è confusa. I nostri legali stanno preparando ricorso”. Il preside della facoltà di Agraria, prof. Barbagallo, non commenta: “I concorsi si svolgono per settore scientifico-disciplinare, la facoltà ne è all’oscuro. Si aspetta la situazione definitiva”, dice.

Al di là della comprensibile rabbia degli idonei, tuttavia, la vicenda offre parecchi spunti interessanti. Ne abbiamo discusso con la stessa prof. Mariella Eboli, adesso ricercatrice del dipartimento di Economia Pubblica a Roma. Sui ripensamenti del Ministero la professoressa sembra avere qualche dubbio. Smentendo il Corriere, spiega perché si è rifiutata di sostenere l’esame da sola, con la stessa commissione del ’91 intregrata da un sostituto di Cassano: “Mi pare ovvio che questa soluzione fosse assolutamente incongrua, oltre a prefigurare un giudizio identico rispetto a quello formulato nel ’91” afferma la Eboli. Tradotto: un’altra bocciatura assicurata.

Per il resto, invece, racconta di aver accettato di ripetere l’esame come unica candidata, ma con commissione diversa. Ma mentre stava per mandare i propri titoli richiesti dal Ministero, a viale Trastevere hanno cambiato idea, decidendo di replicare il concorso per tutti: “Ovviamente – spiega Eboli – questa decisione applica il dispositivo della sentenza del Consiglio di Stato ben meglio della precedente, ma certo mi tutela molto meno, e non so se questa conseguenza sia un corollario casuale o un effetto voluto”.

Non si tratta comunque di un caso isolato, questo è certo. Molto simile, infatti, è la vicenda di una docente di Palermo, declassata da ordinaria a ricercatrice, dopo aver sostenuto l’esame nel lontano ’89. Un concorso per quattro posti di professore ordinario di “Statistica sociale”. Anche questa volta si trattava di “illegittimità della composizione della Commissione giudicatrice”, e ancora una volta il caso scoppiò a seguito del ricorso di un escluso. Per la Eboli, però, una differenza con la vicenda che la vede protagonista c’è, e non è irrilevante: “Il concorso di cui parliamo si differenzia dagli altri anche per la dimensione: si trattava di un concorso per 35 posti, oltretutto in una disciplina relativamente poco numerosa, che ha quindi stravolto i rapporti tra «scuole»”.

Secondo la professoressa quel concorso è stato il punto di non ritorno per il sistema universitario italiano vista ”la spudoratezza con cui il blocco di potere vincente ha gestito le promozioni, oltretutto in un’epoca in cui questi comportamenti apparivano ancora come eccezionali”. L’accusa all’Università è pesante: “Sembra che ci siamo abituati a uno stile di gestione in cui contano molto di più lo schieramento e le parentele che non il merito”.

In un’altra intervista inoltre, la Eboli aveva sostenuto che il concorso del ‘91 ha avuto delle ricadute su quello svoltosi sette anni più tardi. Come ci spiega lei stessa: “Il concorso del ’98 può essere per me ribattezzato come il «concorsone dei figli», in cui i promossi del ’91 hanno promosso i figli dei commissari che li avevano dichiarati vincitori”.

Da lì in poi, secondo la Eboli, questo meccanismo di reclutamento secondo logiche clientelari sarebbe diventato normale. La professoressa ricorda anche che tra i commissari del concorso da lei contestato “ci sono professori implicati in inchieste giudiziarie, non solo docenti chiacchierati. E fa il nome di Mario Prestamburgo, a cui nel corso di un’indagine fu sequestrato dalla Guardia di Finanza un cd rom con i nomi di tutti i docenti italiani di economia agraria aventi il diritto di eleggere i commissari di concorso. A fianco a ogni nome era indicato un altro nominativo che – sostiene la Eboli – era quello a cui bisognava attribuire il voto.

“La cosa che più mi addolora – prosegue la prof. – è che il PM di Trieste, titolare dell’inchiesta, dichiara che certo i concorsi sono stati condizionati, ma che, stante il clima di acquiescenza dei docenti della disciplina, il diffuso conformismo e il consenso capillare conseguito dal professore e dalla sua potentissima lobby, il reato di abuso d’ufficio non è contestabile. Povera università e povera Italia!”.

E a proposito delle conseguenze sul concorso del ’98, e non solo, si è detto molto di più. Uno degli studi più interessanti è quello di Quirino Paris, economista agrario della University of California da 38 anni. Come riporta il Corriere della Sera, “in un suo scritto del 2006 Quirino Paris stila un elenco puntiglioso dei concorsi che risulterebbero invalidati «a cascata» se i 35 idonei (a loro volta divenuti commissari) fossero dichiarati decaduti dal titolo: uno nel ‘98 (con 26 idonei), altri 94 tra il ’99 e il 2005. Senza contare le commissioni cui hanno preso parte gli idonei del ’98…”.

Paris non è nuovo alla denuncia puntigliosa dei casi di malauniversità. In cinque anni ha collezionato ben sette querele per diffamazione. Autore di una lettera di protesta al Presidente del Cun (Consiglio Universitario Nazionale), il professor Paris lamentava le connivenze dell’organo con alcuni gruppi di potere all’interno di Economia agraria. Fece anche cinque esposti a varie procure, presentando la meccanica delle votazioni per le commissioni di concorso in economia agraria e l’ipotesi che tutti i concorsi avessero predeterminati vincitori.

Per tornare al caso della professoressa Eboli, resta solo un ultimo dubbio, forse più una curiosità. Immaginare la propria carriera distrutta dopo 18 anni non deve essere piacevole, questo è certo. Ma cosa pensa la Eboli di questa eventuale conseguenza, provocata dal suo ricorso? “Sinceramente mi dispiace creare dei problemi soprattutto a quelli che non hanno fatto fulminanti carriere, perché penso che hanno sgomitato di meno per acquisire meriti rispetto ai loro benefattori, dice la professoressa – “Tuttavia ho l’idea che alcune delle persone scientificamente più deboli, ma più schierate, siano state il più rapidamente possibile promosse professori di prima fascia, sia per «premio fedeltà», sia per cercare di metterle al riparo dai rischi derivanti dal mio ricorso”.


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