Il Mailgate di Unict, Recca: «Una ragazzata» Ma l’invio è possibile solo agli autorizzati

«Una ragazzata, che ha dato il via a una smisurata enfasi mediatica caratterizzata da un’ostilità cavalcata da alcune parti politiche». Così il rettore dell’università di Catania, Antonino Recca, liquida la polemica sulle email elettorali inviate a studenti e docenti dai server d’Ateneo scoppiata dopo la segnalazione del Movimento studentesco catanese. Al centro della vicenda che coinvolge Maria Elena Grassi, dirigente scolastico dell’istituto catanese Lucia Mangano e candidata Udc alle prossime regionali, c’è il figlio Daniele Di Maria che ha inviato l’email di sostegno elettorale alla madre a migliaia di studenti iscritti all’università di Catania. Dove lavora il padre del ragazzo e marito della Grassi Nino Di Maria, membro dello staff del rettore. Quest’ultimo fino a poco tempo fa, già nella carica di Magnifico, presidente regionale proprio dell’Udc. Recca, in un comunicato inviato a tre giorni dalla bufera, ha assicurato che «l’amministrazione sta procedendo per i necessari adempimenti consequenziali», ma non presenterà nessuna denuncia. Una vicenda complessa su cui, come dichiarato dal Movimento studentesco, la polizia postale avrebbe già effettuato i primi accertamenti. E a chiedere chiarezza è anche l’associazione universitaria Archè, con cinque domande rivolte al rettore. Oltre alla violazione della privacy degli studenti da parte di Di Maria jr, infatti, potrebbero esserci state delle responsabilità tutte interne all’ateneo.

Un’ipotesi inquietante respinta recisamente da Recca che, all’indomani dell’invio massivo del messaggio elettorale, in una nota inviata a docenti, rappresentanti degli studenti e personale amministrativo, ricordava che «qualunque mail inviata da una postazione collegata alla rete dell’ateneo (anche tramite wireless) transita necessariamente dai server dell’università che gestiscono lo smistamento in uscita dei messaggi di posta elettronica».  Sollevando così l’ateneo da ogni responsabilità. Una verità a metà però. Come conferma un gruppo di esperti informatici contattati da Ctzen, «è vero che rimane traccia del collegamento alla rete di ateneo, ma i messaggi vengono inviati dal proprio server di posta, non per forza da quello Unict». Indicazione invece presente nella mail elettorale inviata da Di Maria jr, che comunque non risultava collegato alla rete universitaria ma operava da un’altra utenza.


A sinistra la mail elettorale inviata da Daniele Di Maria agli studenti Unict, a destra una prova di messaggio spedito collegandosi alla rete d’Ateneo (le due email sono arrivate ad account Gmail)

Come mai allora il messaggio a sostegno della madre candidata inviato dal figlio risulta passato dai server di posta dell’università? E, soprattutto, come faceva il ragazzo ad avere gli indirizzi di così tanti studenti e docenti Unict? Dati normalmente inaccessibili agli stessi dipendenti dell’università etnea: ogni comunicazione diretta a più destinatari, anche interna agli uffici, viene infatti gestita dall’apposito ufficio informatico di piazza Università. Eppure in questo caso è successo.

Si potrebbe ipotizzare che il messaggio sia stato inviato da un indirizzo universitario con dominio @unict.it. In quel caso, come avviene nelle email istituzionali dell’Università di Catania (immagine a fianco), è ben visibile l’origine dell’email dai server di posta dell’università (mailgw.unict.it e IP 151.97.0.51). Ma Daniele Di Maria la sua email elettorale l’ha mandata dal suo indirizzo personale di Hotmail. Impossibile anche che il ragazzo, dalla sua casella di posta, abbia comunque utilizzato il server di posta in uscita dell’Università di Catania con delle particolari impostazioni. «Teoricamente, utilizzando un client di posta come outlook è possibile scegliere quale server SMTP utilizzare per l’invio della posta. Ma solo se questo server è impostato per autorizzare questa operazione», spiegano i nostri esperti. La presenza di stringenti richieste d’accesso per il personale non autorizzato escluderebbe però anche questa ipotesi. Senza dimenticare che, come si vede dal codice, l’email elettorale è comunque partita dai server Hotmail. E si ritorna alla seconda domanda: come ha fatto il figlio della Grassi ad accedere a quegli indirizzi?

L’ipotesi che gli esperti ritengono più fondata è anche la più compromettente. E di certo non rientra nella ragazzata con cui il Rettore liquida la vicenda che ha già interessato la polizia postale. Per capire come possono essere andate le cose, però, occorre spiegare come funziona il sistema di gestione del database di indirizzi di studenti e docenti da parte di Unict. Chiunque voglia mandare una comunicazione all’intera mailing list d’ateneo o anche solo a una sua parte, deve rivolgersi all’amministrazione centrale. L’invio ai numerosi destinatari avviene attraverso un unico indirizzo creato appositamente dai tecnici d’ateneo: basta che delle persone autorizzate mandino una email dalla propria casella di posta a quell’indirizzo, perché automaticamente venga girata a tutti gli iscritti in quel database. Nel caso del Mailgate d’ateneo le cose potrebbero essere andate proprio così.

A dirlo è il codice del messaggio inviato dal figlio di Grassi e del dipendente del Rettorato. La sua email elettorale, inizialmente spedita dal server Hotmail, risulta poi rilanciata fino ai destinatari dai server Unict. Gli stessi visibili nei messaggi istituzionali dell’esempio appena sopra: mailgw.unict.it e IP 151.97.0.52. In mezzo, uno strano passaggio: l’indirizzo universitario che girerebbe il messaggio di Di Maria jr a tutti i colleghi non si vede. Probabilmente perché inserito tra i destinatari nascosti, ma non solo. A risultare è infatti un rimando a un gruppo Google: maillist@googlegroups.com. Nonostante il nome, il collegamento con l’Ateneo è però evidente dall’IP associato: sempre dell’università, 151.97.0.52. Resta da capire come un comune studente possa aver avuto accesso a questo indirizzo speciale di Unict e come la sua casella di posta possa essere abilitata a inviare il santino della bionda genitrice agli ignari studenti, i cui dati l’Università dovrebbe custodire con cura.


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