I minori del carcere di Bicocca e i rifugiati Pranzo di solidarietà al centro Astalli

«Mancano le forchette in quel tavolo». «Serve il pane». «Carusi c’è da sparecchiare». Una cucina in fermento, con cinque giovani ragazzi che come formiche operaie fanno andirivieni verso la sala. Solo che non si tratta di un ristorante, camerieri e commensali si sono incontrati per una giornata speciale. Cinque minorenni ristretti dell’istituto penitenziario minorile di Bicocca ieri hanno preparato e servito un pranzo speciale a un gruppo di rifugiati che frequentano un corso di lingua italiana all’interno del centro Astalli.

Due realtà diverse, ma accomunate da grandi difficoltà e percorsi di vita condotti ai margini della società, si sono incontrate in una giornata che per il gruppo di giovani ha rappresentato un premio per l’impegno profuso nei corsi di ristorazione e sala organizzati dal Centro nazionale opere salesiane etneo all’interno della struttura penitenziaria. «I ragazzi sono sempre beneficiari di attività nei loro confronti – spiega Maria Randazzo, direttore dell’Ipm di Bicocca – Abbiamo allora pensato di fare un passo verso la responsabilità, facendo sì che fossero loro artefici di un gesto concreto di solidarietà, in questo caso nei confronti di cittadini stranieri». La collaborazione tra l’istituto e il centro Astalli va avanti da anni e la giornata di ieri è servita da «attività di integrazione e di educazione: far conoscere ai nostri ragazzi cosa c’è fuori, quali sono i problemi che affrontano i giovani migranti che vengono in Italia».

Caponatina, torta salata, timballo di pasta agli ortaggi, fagottino di pollo e una grande torta alla crema. «Hanno preparato anche il pane», puntualizza con un pizzico di orgoglio Alessia, una delle volontarie della cooperativa sociale Prospettiva impegnata nel progetto. I piatti vengono riempiti dai coordinatori e Luca Simone li servono a tavola con sicurezza. «Sono 50 i ragazzi ospitati dall’Ipm, quelli coinvolti in questo progetto sono dieci – afferma Randazzo – Cinque sono rimasti dentro perché non hanno ancora la possibilità di fruire di libera uscita». Tutti minori o neo-diciottenni con storie difficili già alle spalle. Ma anche cenni di riscatto, come Sebastiano. «Adesso ti chiamo il poeta», gli dice scherzosamente una delle guardie che accompagnano i giovani. «Ha vinto un concorso internazionale di poesia, il premio Giuseppe Sciacca, è stato a Roma a ritirarlo», precisa guardandolo con espressione burbera.

Mentre le attività nella cucina improvvisata fervono, con un gran sorriso sul volto fa capolino Emma Seminara, giudice di sorveglianza che si ferma a salutare tutti i camerieri che per qualche momento si fermano. «Il nostro è un mondo del tutto particolare», chiarisce Alessia. Sia chi è impegnato nella formazione che chi ha il compito di controllare l’applicazione delle pene mantiene sempre come fulcro il minore. E per farlo non viene lesinato l’impegno: «Abbiamo moltissimi progetti – racconta il direttore dell’Ipm – alcuni frequentano la scuola di mattina, altri lavorano il pomeriggio. Quelli che non possono usufruire di attività alternative ne fanno all’interno». Ad esempio, in vista del Natale, il prossimo 22 dicembre, «abbiamo invitato i ragazzi non vedenti dell’Ardizzone Gioeni a mangiare con i loro accompagnatori il cous cous». Un evento organizzato all’interno dell’istituto: «Molti dei ragazzi non possono uscire. Se andassimo sempre fuori, loro non farebbero attività educative». Anche la scelta della pietanza, il cous cous, non è casuale: all’interno della struttura si trovano «nove minori stranieri. Sei accusati in fase cautelare di immigrazione clandestina, gli altri per vari reati». Si tratta di ragazzi sbarcati a Catania o nel Ragusano e uno proveniente da Lampedusa.

A organizzare le lezioni, al termine delle quali si fanno esami e vengono rilasciati attestati, è il Cnos, «ente di formazione professionale dei Salesiani che da alcuni anni ha deciso di fare delle attività all’interno del carcere minorile di Bicocca – spiega il responsabile, Francesco Cauchi – In sei anni siamo cresciuti sia nella quantità che nella qualità: da un piccolo corso per pizzaiolo da 30 ore, adesso abbiamo quattro corsi da 350 ore per cucina, pasticceria, gastronomia siciliana». Anche la struttura, all’interno del complesso di Bicocca, si è ingrandita. «Da un piccolissimo laboratorio di pochi metri quadri, adesso ne abbiamo uno dove i ragazzi possono esercitarsi con attrezzature professionali». Un aspetto che – fortunatamente – la giustizia minorile non condivide con quella adulta è anche l’attenzione ai luoghi. «Con il tempo abbiamo fatto degli interventi di carattere strutturale», scandisce con sicurezza il direttore dell’Ipm catanese. Campi di calcio e basket, teatro, palestra, «i ragazzi hanno pitturato le loro stesse stanze nelle quali dormono massimo in due».

«Questa giornata, che i ragazzi abbiano avuto un permesso premio per far gustare qui le cose che hanno preparato ai rifugiati, per noi è una cosa bellissima». Non riesce a trattenere l’entusiasmo Elvira Iovino, responsabile del centro Astalli che sottolinea l’aspetto formativo dell’iniziativa. «Ha permesso loro di capire cosa significhi essere rifugiato. E lo hanno capito con una sensibilità enorme, li ho visti interessatissimi. Credo che sia una grande prova di integrazione e solidarietà». L’ente che coordina ha affrontato una lunga estate e un inizio di autunno difficili. «È stato doloroso, non ho altri aggettivi. Anche sulle facce di quanti abbiamo seguito da tempo, che erano abbastanza sereni, abbiamo visto rivivere un grande dolore». Osservare le immagini di sbarchi drammatici non è stato semplice per quanti avevano già affrontato lo stesso tragitto. «Ogni giorno ognuno raccontava di aver vissuto le stesse esperienze, ed è stato terribile. Quando sono qui, pur nella quotidianità difficilissima, sono in salvo. Sentire ogni giorno rivivere quei ricordi per loro è stato tremendo», racconta Iovino. La volontaria si ferma per accogliere i primi commensali e fa notare come i migranti sembrino quasi a disagio nel vedersi servire a tavola. Iovino perde il sorriso solo quando si nominano le istituzioni. «Chi le ha viste?», chiede. «Quello che contesto, ma è un mio personale sentire, è il parlarsi addosso. Tavole rotonde, incontri, forum… – elenca, riferendosi anche al vertice tra le procure di Catania, Ragusa e Siracusa tenutosi martedì – Cosa c’è da commentare? C’è solo da rimboccarsi le maniche, lavorare, trovare delle soluzioni, cambiare delle leggi. E invece, purtroppo, si continuano a fare tanti talk show».

Il pranzo finisce, i migranti e i membri del centro di via Tezzano si complimentano a più riprese con i cinque giovani che – occhi bassi, quasi intimiditi da tutta l’attenzione ricevuta – ricevono un piccolo applauso. Contravvenendo all’usanza che vede i camerieri mangiare in cucina, in breve un tavolo viene imbandito nella grande stanza dove è stato servito il pranzo. Una sigaretta veloce, qualche colpo al djembe di uno dei rifugiati, e poi il piccolo furgoncino riporta i ragazzi nella struttura di Bicocca.


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