La delibera sull’aumento della tassa dei rifiuti è solo rinviata Proteste dei cittadini e le spaccature in Consiglio comunale

«Si dovrebbero vergognare. Ma la colpa è nostra che abbiamo pagato finora». Fuori dal cancello di Palazzo degli elefanti un gruppo di cittadini protesta per l’aumento del 18 per cento della Tari che avrebbe dovuto essere votata oggi in Consiglio comunale. «Incapaci, andate a casa!», recita un cartello che un signore si è appeso al collo. Un altro – fatto di cartone riciclato – lo tiene al petto una ragazza: «Se i libri fossero la quantità di immondizia in città, saremmo capitale europea della cultura». Ma, il carattere d’urgenza con cui era stata convocata l’assemblea, su richiesta degli assessori al Bilancio Roberto Bonaccorsi e all’Ecologia Andrea Barresi, è cessato per via dello slittamento dei termini di approvazione del Bilancio comunale da parte del ministero. La delibera, dunque, è rinviata. Ma durante la seduta del Consiglio non si parla d’altro. E i toni, come le temperature, si fanno subito caldi. Quando il presidente Giuseppe Castiglione propone di andare avanti con gli altri punti all’ordine del giorno, l’aula non ci sta. Davanti al pubblico che applaude la seduta viene rinviata per dieci abbondanti minuti. 

Quando i lavori riprendono, i toni restano caldi. L’opposizione da una parte, la maggioranza dall’altra. Di fronte diversi assessori, finalmente presenti. «La delibera è stata solo rinviata di trenta giorni – dice prendendo parola il consigliere Giuseppe Gelsomino – ma a quel punto la giunta non ci sarà più e il problema sarà solo del Consiglio comunale». Il riferimento è alle tanto attese dimissioni del sindaco sospeso Salvo Pogliese che, da tempo, potrebbero arrivare da un momento all’altro. Quando, seguendo l’ordine dei lavori, arriva il suo turno, è il sindaco facente funzioni Bonaccorsi a provare a rassicurare su questo: «La tratteremo tra 15-20 giorni e, anche se Pogliese si dovesse dimettere giorno 15 luglio, saremmo in carica per altri venti giorni». Dunque il problema, al momento, è solo posticipato. «E si ripresenterà identico – afferma la consigliera M5s Lidia Adorno – Questo rinvio è stato dovuto alla presenza dei cittadini in aula (molti quelli rimasti fuori dai cancelli, ndr) che era già arrivata alle orecchie di tanti. Perché – continua – nel 2019 c’era già stato un aumento che era passato sotto assoluto silenzio».

Un intervento dopo il quale è subito intervenuto il presidente Castiglione per precisare che «la delibera è stata ritirata dall’amministrazione e non dai cittadini». Un punto su cui l’aula si divide ed è la maggioranza a prendere parola. «Fare passare il messaggio che qualcuno voleva l’aumento della Tari e aizzare la folla facendo credere che per questo la delibera sia stata ritirata, è un atteggiamento criminale ed eversivo», accusa il consigliere Luca Sangiorgio. A fargli eco è il collega Daniele Bottino: «In qualità di consigliere comunale non di primo pelo – sottolinea – non posso accettare che si dica che la delibera non è passata perché c’era il pubblico. Perché questo significa mancare di rispetto al Consiglio comunale e di illudere le persone». Chi più chi meno, un po’ tutti fanno difficoltà a fare gli interventi rivolgendosi al presidente tendendo a voltarsi più verso i cittadini che sono in aula. 

Fatto sta che la questione dei costi dei rifiuti da colmare resta, con la città già sommersa di spazzatura e i problemi di alcune discariche. «Questo è un problema in cui il Comune è la vittima – sottolinea Bonaccorsi – Siamo l’ultima ruota del carro ma non abbiamo lasciato nulla di intentato e, come ho già messo nero su bianco nella parte narrativa della delibera, che a quanto pare nessuno dei presenti ha letto – aggiunge – da interlocuzioni con assessorato regionale sappiamo che arriveranno 45 milioni di euro per attenuare il rincaro e per ristorare i contribuenti». Che, numeri alla mano, «sono solo il 49 per cento dei catanesi, esattamente come quattro anni fa quando ci siamo insediati», ha ricordato la consigliera Sara Pettinato nel corso del suo intervento. A tornare con la mente ai tempi passati è anche Gianfranco Zappalà che ripensa «all’aula gremita di quando ci siamo insediati che poi si è svuotata perché la gente ha perso fiducia nelle istituzioni. Ritirare la delibera – chiosa – significa nascondere la polvere sotto il tappeto». Una provocazione che l’assessore al Bilancio non si lascia sfuggire ricordando che, non troppo tempo fa, «era stato proprio Zappalà a proporre di mettere la spazzatura sotto il tappeto». In effetti, mesi fa, in un post su Facebook il consigliere aveva ipotizzato la soluzione di «depositare i rifiuti in grandi fosse da realizzare in terreni comunali abbandonati».

«Senza il rinvio – sostiene Sebastiano Anastasi – ci sarebbe stata l’aula semideserta. Da domani attiveremo tutti i canali politici, istituzionali e di protesta, perché la città deve venire fuori da questa situazione». Su questo punto tutti, maggioranza e opposizione – ognuno nelle proprie posizioni – sembrano convergere. Anche il consigliere grillino Graziano Bonaccorsi propone «un tavolo tecnico per affrontare la questione partendo anche dal migliorare la lotta all’evasione». A prendere parola è poi la consigliere di In campo con Pogliese Paola Parisi: «Non volevo intervenire, ma dopo avere ascoltato tutte le cretinate non posso esimermi: il punto è che i soldi non sappiamo dove prenderli e che rischiamo di nuovo il dissesto. A quel punto, la sporcizia arriverà fino al quarto piano dei palazzi». L’ultimo a prendere parola è il consigliere Salvo Di Salvo che torna, invece, sul nodo dimissioni di Pogliese: «La gente è stanca non solo per la questione dei rifiuti ma perché non percepisce più chi la sta governando. Avevo già chiesto al sindaco sospeso di dimettersi per potere andare al voto a giugno adesso – conclude – voglio che resti fino a giugno del 2023 perché andarsene sarebbe troppo comodo. Serve, invece, la responsabilità di dire che avete fallito». Per rispondere, l’assessore Bonaccorsi prende in prestito un vecchio in dialetto: «U lupu di mala cuscienza, comu opera accussì pensa». 


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