Dopo quattro anni famiglia di Bronte tornerà a casa Nel 2018 sversamento di idrocarburi in un cantiere

«Si ordina di revocare l’ordinanza al fine di evitare che il proprietario compia il gesto estremo minacciato». Con queste parole, passati poco più di quattro anni, si è messa la parola fine a una parte del calvario di Antonio Zingali, della moglie Angelica Paterniti e dei loro figli. Era il 23 marzo 2018 quando la famiglia era stata costretta a lasciare la propria casa in via Etna, a Bronte. A disporre l’allontanamento un’ordinanza, firmata dall’allora sindaco Graziano Calanna, con cui si ordinava lo sgombero dell’immobile a causa di alcuni sversamenti di liquidi nocivi, contenuti in un serbatoio che era stato posizionato in un terreno confinante alla casa. All’interno di quest’ultimo, di proprietà della Ferrovia circumetnea e nell’area della stazione, all’epoca erano in corso dei lavori da parte della società Ventura Costruzioni ferroviarie

Da allora per la famiglia è cominciato un calvario che la scorsa settimana ha registrato un passaggio decisivo: Zingali per la seconda volta in quattro anni è salito sul tetto dell’abitazione minacciando di gettarsi nel vuoto. Protesta che ha dato l’input decisivo per la firma della nuova ordinanza che di fatto permetterà di riaprire le porte dell’immobile al civico 87. I terreni incriminati dal 2018 sono oggetto di una lunga battaglia giudiziaria che passa da complesse e costose verifiche per stabilire il livello di contaminazione del sito. In mezzo lungaggini burocratiche e un processo per inquinamento ambientale e omessa bonifica partito ufficialmente, e con un rinvio immediato, soltanto il 26 maggio scorso. 

Stando al documento del Comune di Bronte sia l’immobile che il terreno confinante sarebbero ormai fuori pericolo, almeno nell’immediato. Tuttavia bisognerà eseguire dei lavori di bonifica e «impermeabilizzazione dell’area per la messa in sicurezza dell’immobile così da evitare future infiltrazioni». Dal 2018 la ditta ha effettuato diversi campionamenti per rilevare l’eventuale presenza di sostanze chimiche ma per i risultati ci sono state sempre attese molto lunghe. 

Impossibilitati a tornare a casa propria, Zingali e famiglia, hanno affrontato l’intero periodo in affitto e con sistemazioni di fortuna. Nel processo, invece, oltre all’associazione Legambiente Catania, si è costituito parte civile il Comune di Bronte. Passaggio, quest’ultimo, che in un primo momento non era stato formalizzato. Successivamente era arrivata una richiesta messa nero su bianco dal presidente del Consiglio Aldo Catania e dal consigliere comunale Vincenzo Sanfilippo


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