Mazzetta per ottenere forniture in cardiochirurgia a Catania «Vado in bagno o usciamo?» Soldi presi da Carmelo Mignosa

Trentasei banconote da 50 euro e dieci banconote da 20 euro. In totale duemila euro. Lasciati nel bagno privato dell’ufficio del direttore dell’unità operativa complessa di Cardiochirurgia del Policlinico di Catania. È così che la sanità siciliana sprofonda in un nuovo scandalo corruzione. A finire ai domiciliari sono stati il professore Carmelo Mignosa e l’imprenditore Valerio Fabiano. La procura accusa Mignosa di avere preso soldi per condizionare una gara d’appalto del valore di 17 milioni di euro per fornitura di materiale sanitario. A essere favorita sarebbe stata l’impresa Aretè di Trecastagni. Gli arresti sono stati eseguiti dalla guardia di finanza nel primo pomeriggio di martedì scorso. «Vado in bagno o usciamo?», è la frase di Fabiano catturata dalle microspie installate dai militari all’interno dell’ufficio di Mignosa. Il primario rassicura l’interlocutore che così, zainetto in spalla, entra in bagno per pochi secondi lasciando la porta aperta. Subito dopo esce, avvicendandosi con il cardiochirurgo. Davanti all’evidenza dei fatti, Mignosa ha ammesso di avere ricevuto il denaro, negando però di avere pattuito la mazzetta: quella di Fabiano sarebbe stata una sorpresa, un modo per ingraziarsi il presidente della commissione tecnica della maxi-gara a cui la Aretè stava partecipando. In precedenza, tutt’al più, ha detto Mignosa agli investigatori, Fabiano gli avrebbe offerto una cena

Il sospetto, però, che la rete corruttiva che avrebbe avuto in Mignosa un destinatario di tangenti resta. A casa del medico, infatti, i finanzieri hanno trovato diverse fascette di denaro in contante. Singoli blocchetti da cinquemila euro in banconote da cinquanta, nascoste nelle tasche di una giacca sportiva di quelle che si usano per andare sulla neve, ma anche buste con somme leggermente inferiori. I soldi, stando al diretto interessato, non sarebbero riconducibili a Fabiano ma ad altre figure del mondo delle imprese. Fornitori. Un nome è finito nell’ordinanza che ha convalidato l’arresto e da cui la procura potrebbe partire per ricostruire il giro illecito che si sarebbe sviluppato nel mondo degli appalti della sanità catanese. 

Quel che è certo è che Mignosa e Fabiano venivano seguiti da tempo. Già a fine maggio, quando la gara da 17 milioni era partita e si era nella fase dell’esame delle buste amministrative, l’imprenditore andò a trovare Mignosa. Aggiornandolo sull’andamento della procedura e su alcuni contrattempi che avevano portato la prima commissione (in cui Mignosa non era presente) ad attivare il soccorso istruttorio per consentire alla ditta Aretè di fornire i chiarimenti. Stando a quanto verificato da MeridioNews, le richieste riguardavano specifiche sul subappalto ma anche dichiarazioni relative all’assenza di cause di insolvenza e dati sul fatturato relativo al triennio precedente. «C’è stato soltanto un inghippo per cose amministrative, ma ci danno il soccorso istruttorio per portare in tempo altri documenti, non ci saranno problemi», è la frase che la mattina del 20 maggio viene registrata dalla finanza. Una vicinanza, quella tra Mignosa e Fabiano, che da subito è sembrata equivoca. Ancora più eloquente, però, quello che è accaduto il 7 luglio. Il luogo dell’incontro è sempre lo stesso: l’ufficio di Mignosa al Policlinico. «Ti avevo portato… va bene così come promemoria?», dice Fabiano. Per la procura quella frase è legata a un foglietto che l’imprenditore cede al cardiochirurgo e contenente indicazioni relative alle imprese concorrenti, le cui offerte avrebbero potuto pregiudicare le aggiudicazioni da parte di Aretè

Dal canto suo, Mignosa ha confessato davanti agli inquirenti di avere avuto modo di consultare delle schede tecniche – in un primo tempo definite bozze di capitolati – fornitegli da Fabiano, oltre ad avere preso un impegno per una nuova gara, di importo inferiore, da fare indire a settembre con l’intento di consentire all’imprenditore di rifornire l’azienda sanitaria di un ulteriore prodotto. Dagli atti delle indagini emerge che Mignosa non sarebbe stato l’unico dipendente del Policlinico ad avere a che fare con Fabiano. Quest’ultimo avrebbe avuto infatti rapporti anche con altri medici.


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