Iacp, Rubino Schilirò collocato in pensione Ma il dirigente sotto processo fa ricorso

Quasi 42 anni di servizio come dipendente dell’Istituto autonomo case popolari di Catania, di cui 15 in qualità di direttore generale, un processo per truffa, falso ideologico e abuso d’ufficio e un procedimento disciplinare in corso non bastano per far venire la voglia di lasciare la poltrona al sessantaquattrenne Santo Rubino Schilirò. Il dirigente, accusato di aver provocato all’ente pubblico controllato dalla Regione siciliana un danno erariale di più di trenta milioni di euro, ha presentato ricorso contro la determina direttoriale del 5 novembre 2013 con cui è stato stabilito il suo collocamento in pensione a decorrere dal primo aprile. Da domani, quindi, sarà messo a riposo, ma sub iudice, in attesa della decisione del giudice prevista per fine maggio, come stabilito durante la prima udienza relativa al procedimento, che si è svolta lo scorso giovedì.

Oltre ad essere il principale dei 12 imputati nel processo sulla malagestione dell’istituto, cominciato dopo vari rinvii a novembre, Schilirò è oggetto da febbraio di un procedimento disciplinare volto ad accertare «l’eventuale danno erariale causato a seguito della stipula per conto dello Iacp di polizze assicurative per “colpa grave” in contrasto con la normativa vigente». Un’azione che ha comportato la sospensione dell’ex direttore generale per 30 giorni, a partire dal 27 febbraio, dal suo ruolo di dirigente dell’area contabile, carica ricoperta, nonostante il processo in corso, fino a poche settimane fa.

Le cause dell’avvio del procedimento disciplinare e altre inadempienze sono alla base della proposta fatta dal nuovo direttore generale, l’architetto Calogero Punturo, al commissario ad acta Salvatore Pirrone di assegnare Schilirò all’area amministrativa e confermare la sua sostituzione come dirigente dell’area contabile, deliberata il 4 marzo a seguito della sospensione dal servizio. «Nei tempi dovuti e previsti dalle norme regionali, Schilirò – si legge nel documento – non ha chiuso i consuntivi dal 2009 al 2013 e non ha predisposto il bilancio di previsione 2014», causando «una serie di difficoltà nella ordinaria gestione dell’ente». Inoltre, tra le azioni elencate, per cui si ritiene «inopportuno» mantenere l’incarico in capo al dirigente sotto processo, c’è anche «l’apposizione della firma in atti contabili come rappresentante legale o direttore generale in periodi in cui non ricopriva detti incarichi».

Le segnalazioni sul cattivo operato di Schilirò non si limitano a quelle riportate nella richiesta di Punturo. Lo scorso maggio è stato convocato dal commissario Pirrone negli uffici del personale per rispondere a ben otto contestazioni, tra cui il malfunzionamento del sito, che da poco, invece, è stato rinnovato, la presentazione di errate dichiarazioni dei redditi e una – si legge nella lettera di convocazione – «innegabile e assoluta mancanza di organizzazione di uffici e incapacità di rintracciare i documenti per mancata gestione degli archivi», sia nel periodo in cui era direttore generale che in qualità di capo dell’area contabile. Una disorganizzazione che era saltata agli occhi anche a noi di CTzen, quando ci aveva ricevuti nella sede dello Iacp all’epoca del rinvio a giudizio nel 2011. Allora, però, Schilirò si era detto desideroso di arrivare alla pensione.


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