Porto, un vuoto politico lungo vent’anni «Sindaci assenti, clientele e speculazioni»

Perché a vent’anni dall’istituzione della legge che ha disciplinato le autorità portuali, Catania non è ancora riuscita a dotarsi del piano regolatore del porto? Parte da questa domanda l’analisi di Giancarlo Minaldi, docente di Politiche pubbliche all’Università di Palermo, che analizza due decenni di proposte, fasi di stallo, improvvise accelerazioni, retroscena politici e lotte sotterranee tra gli attori in campo. Un lavoro da studioso della politica, che non entra nel merito tecnico della proposta ma individua nell’enorme impatto urbanistico uno degli elementi di maggiore conflittualità. La discussione sul nuovo piano regolatore portuale è iniziata nel 2004 ma non è mai giunta a conclusione. Un percorso accidentato che ha risposto quasi sempre a interessi personali e logiche clientelari. «La vicenda catanese è paradossale e condizionata dal vuoto della politica – spiega Minaldi – I sindaci, che avrebbero dovuto rappresentare una posizione di sintesi e di leadership, hanno sostanzialmente delegato tutto alla direzione urbanistica. Mentre dall’altro lato, i vertici dell’autorità portuale, che avrebbero dovuto rivestire un ruolo amministrativo, sono stati caratterizzati da una forte politicizzazione».

Lo studio del docente palermitano – realizzato per conto della fondazione Res e pubblicato nei giorni scorsi – si basa sulle interviste ai protagonisti di questa storia: dal primo presidente Cosimo Indaco, al commissario appena sollevato Cosio Aiello, passando per Santo Castiglione. Si aggiungono le testimonianze dei primi cittadini, dei tecnici, dei consiglieri comunali e della società civile, in particolari i membri dell’attivissimo comitato Porto del sole, che svolge una funzione di primo piano nella vicenda.

Pur essendo stato modificato nel corso del tempo, il piano regolatore portuale attualmente in vigore risale al 1978. La proposta di un nuovo piano dell’autorità portuale viene formulata nel 2004 e porta la firma di Cosimo Indaco, già spedizioniere doganale del porto, nominato nel 1995 su indicazione del sindaco Enzo Bianco e successivamente confermato per un secondo mandato. In quel momento, il delegato dell’amministrazione comunale guidata da Umberto Scapagnini è l’assessore Santo Castiglione, che annuncia la piena condivisione dei contenuti del piano. Sarà lo stesso Castiglione nel 2004 a succedere a Indaco nel ruolo di presidente dell’autorità portuale, sposando totalmente il progetto originario. Eppure entrambi i padri del piano – Indaco e Castiglione – oggi ne prendono le distanze.

Il piano regolatore portuale del 1978 a confronto con la proposta del 2004

Cosa prevede la proposta firmata Indaco e condivisa da Castiglione? Il piano suddivide la circoscrizione portuale in tre ambiti: quello operativo (a sua volta diviso in mercantile, terminal crociere e asta dei servizi); l’interazione città-porto (con waterfront e playa) e il porto turistico. Per un intervento complessivo di un milione di metri cubi di costruzioni su un’area di 171mila metro quadrati. Le cubature sarebbero state suddivise in 165mila metri cubi all’interno del porto turistico,  398mila nell’ambito dell’interazione porto-città, e 546mila metri cubi in quello operativo. Con un netto incremento di attività terziarie: commerciali, di ristorazione, turistico-alberghiere. Fino alla previsione, nelle aree del Waterfront, di un nuovo quartiere da 200mila metri cubi sulla banchina di riva del Porto nuovo.

Un intervento molto invasivo sul tessuto della città. «Il notevole impatto urbanistico espone il processo a un elevato potenziale di conflittualità», sottolinea Minaldi nella relazione. Si aggiunge la diffusa percezione di un insufficiente coinvolgimento del consiglio comunale nella fase della pianificazione. Questo si traduce ben presto in «un atteggiamento di diffidenza da parte di molti consiglieri di maggioranza (all’epoca di centrodestra ndr) che intravedono nei contenuti del piano la presenza di corposi interessi speculativi che, in caso di approvazione, avrebbero determinato un vantaggio politico ad esclusivo appannaggio del presidente Santo Castiglione». Inoltre, come aggiunge un funzionario del settore urbanistica sentito dal docente palermitano, «i consiglieri percepivano il rischio di perdere la faccia senza avere nulla in cambio». Al punto che alcuni avrebbero «contattato il presidente dell’autorità portuale per ottenere vantaggi politici derivanti da dinamiche clientelari in cambio di un voto favorevole al piano». A raccontarlo è lo stesso Castiglione, che, però, non fa nomi.

Dal punto di vista politico tutto rimane bloccato durante i due mandati di Scapagnini e nella prima fase dell’era Stancanelli. «Così – sottolinea Minaldi – la direzione urbanistica arriva a svolgere un ruolo che travalica la funzione tecnica di valutazione delle compatibilità urbanistiche del piano, elaborando proposte innovative e negoziando direttamente con l’autorità portuale. Un profilo che assume una crescente connotazione politica». La direzione urbanistica dopo un lungo iter dà l’ok al progetto ma subordinandolo a una serie di condizioni, di cui, la più importante è la drastica riduzione dei volumi. Modifiche che l’autorità portuale, in quel momento guidata da Castiglione, non intende attuare. In mezzo ci sono le elezioni amministrative del 2005, quelle che vedranno la rielezione di Scapagnini. Nei mesi che precedono il voto – analizza il docente, che ricava il dato dalle interviste –  «ben poche forze politiche avevano interesse a dare visibilità e peso politico a un presidente direttamente riconducibile a un partito (Castiglione ha militato in Alleanza Nazionale, quindi nel Pdl)». L’accordo quindi sfuma.

Le elezioni hanno una funzione importante in questa storia, perché ogni volta che ci si avvicina a questi momenti, il processo di approvazione si blocca, rispondendo ad altri equilibri. Succederà la stessa cosa anche alla vigilia dell’ultima chiamata alle urne (2013) che vedrà la vittoria di Enzo Bianco. Il piano portuale approda in consiglio comunale, ma viene subito rinviato. Formalmente per una pregiudiziale sollevata dall’allora consigliere Saro D’Agata. «Le circostanze che determinano il rinvio sono fortemente condizionate dai riposizionamenti di molti consiglieri comunali di maggioranza che, in vista delle prossime elezioni si apprestano a sostenere la candidatura di Enzo Bianco», scrive Minaldi nella relazione. Al di là del merito del piano, quindi, un voto favorevole si sarebbe trasformato in un regalo facilmente spendibile per Stancanelli in campagna elettorale.

Bisogna fare, però, un passo indietro per sottolineare l’improvvisa accelerata che il processo subisce in concomitanza con la fine dell’era Castiglione al vertice dell’autorità portuale e la nomina a commissario straordinario dell’ex funzionario regionale Cosimo Aiello da parte del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Corrado Passera. Aiello, esperto in materie finanziarie e già collaboratore del commissario regionale al comune di Catania nella fase successiva alle dimissioni di Umberto Scapagnini, ha la piena fiducia del sindaco Stancanelli. E così, a meno di un mese dall’insediamento del commissario, l’autorità portuale stipula finalmente un accordo con la direzione urbanistica del comune per il raggiungimento dell’intesa. E’ il 14 settembre del 2012. Cos’è cambiato rispetto alla proposta originaria firmata Indaco-Castiglione? La cubatura viene ridotta di circa il 50 per cento, così come le altezze massime degli edifici e viene dichiarata inammissibile la funzione residenziale nell’ambito di interazione città-porto che ammette, invece, funzioni commerciali, culturali e per il tempo libero. Nulla cambia, invece, per la parte del porto turistico. Così come non c’è traccia di uno dei punti che, appena pochi mesi prima Stancanelli aveva chiesto a Castiglione di modificare: cioè una nuova perimetrazione della circoscrizione portuale in corrispondenza con la Via Domenico Tempio. Il fatto che le proposte negoziali avanzate dallo stesso Castiglione all’inizio del 2008 e allora respinte da Stancanelli, vengono adesso in larga parte approvate (sei su tredici integralmente e quattro in parte), testimonia come lo stallo reggesse anche sulla contrapposizione personale tra Castiglione e l’ex sindaco Pdl. «Evidentemente – sottolinea Minaldi – questo punto non era considerato così centrale, come invece era stato annunciato in un primo momento».

Ecco perché alle ripetute critiche del Comitato porto del Sole (la necessità di un drastico ridimensionamento delle cubature e di riconvertire il porto indirizzandone lo sviluppo verso il diportismo nautico e il traffico crocieristico, dirottando il traffico commerciale verso il porto di Augusta), si aggiungono quelle del Movimento cinque stelle e, per la prima volta, anche di Confcommercio. Che manifesta perplessità in merito «all’impatto ambientale del piano sulla Playa e sui relativi lidi» e ritiene «assolutamente generica la destinazione di molte aree funzionali ad attività terziarie, specificando che andrebbe chiaramente esclusa la destinazione a centro commerciale». La preoccupazione dell’associazione riguarda in particolare «un possibile significativo spostamento di attività commerciali dal centro città al porto, aumentando così il degrado di molte strade e della stessa città», si legge nella relazione.

Ma il nuovo accordo giunge in consiglio comunale alla vigilia delle elezioni amministrative del maggio 2013 e, come detto in precedenza, non s’ha da fare. «La stragrande maggioranza dei consiglieri comunali – sottolinea Minaldi – manifesta una scarsissima propensione a esaminare nel merito e con un approccio razionale le proposte di piano, limitandosi per lo più ad acquisire o provare a interpretare le risultanze dell’operato degli apparati amministrativi».

Qual è dunque il futuro di quello che nel 2001 Nichi Vendola, allora deputato di Rifondazione Comunista, definì in un’interrogazione parlamentare «Il porto delle nebbie»? Giuseppe Alati, ingegnere, funzionario della Direzione generale del trasporto marittimo e per vie d’acqua interne, è il nuovo commissario, recentemente nominato dal Ministero delle Infrastrutture. «E’ una persona che, almeno per le competenze, è attinente al ruolo», precisa Minaldi.

Ma l’amministrazione Bianco, secondo il docente, «non vuole dare seguito all’accordo stipulato nel 2012, ritenendo ancora troppo elevate le volumetrie previste e perseguendo invece la predisposizione di un piano a edilizia zero, aspetto evidenziato dall’attuale assessore all’urbanistica ed ex consigliere del MpA Salvo di Salvo nel corso di un’intervista». «Non credo – conclude il professore – che questo piano, nonostante sia stato voluto da Indaco, nominato vent’anni fa da Bianco, abbia ancora un futuro».


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