Cocaina, a Catania il maggior uso regionale Mafia etnea fuori dal traffico internazionale

Catania è la città siciliana dove si fa più consumo di cocaina. È questo il dato che emerge dal convegno organizzato questa mattina al monastero dei Benedettini dall’associazione Libera. Presenti tutte le forze dell’ordine impegnate nella lotta. «Il nostro scopo è capire le reali dimensioni economiche, sociali e politiche di questo fenomeno», afferma il referente etneo dell’associazione antimafiosa Renato Camarda. Fiumi di cocaina scorrono tra le strade cittadine e molti sono anche gli arresti in città per reati legati allo spaccio, anche se spesso si tratta dei cosiddetti pesci piccoli e non dei capi. «Gli arrestati a Catania sono di più della alla somma degli arrestati in tutta la Sicilia e l’andamento è confermato anche nei primi mesi del 2014», afferma il colonnello dei carabinieri Adolfo Angelosanto. «Il traffico di stupefacenti è un settore strategico per la criminalità organizzata che dunque cerca di portare avanti una strategia silente, di basso profilo, anche se riteniamo che alte siano le frizioni per il controllo delle piazze», sostiene Antonio Salvago a capo della squadra mobile.

Un mercato fiorente che non conosce crisi considerato che dal prezzo al produttore a quello di vendita finale in piazza, un chilo di cocaina passa da 1500 euro a 150mila euro. «Un bene rifugio potremmo considerarlo – dichiara Pasquale Pacifico della Direzione distrettuale antimafia etnea – che ha un aumento di valore del 150 per cento e una percentuale di rischio appena del dieci per cento, perché purtroppo è questa la quantità di roba che riusciamo a bloccare». Notevole il consumo di cocaina in città, «sempre più in aumento grazie alla capacità di vendere il prodotto sul mercato da parte degli spacciatori a buon prezzo senza mai fare diminuire la domanda», spiega ancora Pacifico. Date le dimensioni, il fenomeno è valutato come di sicurezza pubblica e un ammortizzatore sociale dato che, prosegue il magistrato, «interi quartieri sono stipendiati per gestire le varie fasi della vendita in piazza».

Ostacolare il traffico vuol dire dare un duro colpo alle organizzazioni di spaccio, «ma è soprattutto con la prevenzione e la cultura – come sostiene Ferdinando Mazzacuva, capitano della Guardia di finanza – che abbiamo un effetto migliore». Le piazza di spaccio, sono infatti considerate «la spina dorsale delle organizzazioni criminali», come sostiene Antonio Salvago, «e gli spacciatori sono molto bravi a fidelizzare i clienti, per questo dobbiamo colpirle», conclude Mazzacuva.

L’approvvigionamento della droga avviene attraverso i corrieri, persone che ingeriscono ovuli, o all’interno di oggetti di diversa fattura. «Strettissimi i rapporti tra ‘ndrangheta e camorra», sottolinea Salvago, per i traffici internazionali. La criminalità organizzata etnea, invece, sembra non riuscire più a imporsi sul piano internazionale. «Diversamente da quanto avveniva negli anni 70, – analizza Pasquale Pacifico – la mafia catanese non ha la gestione dei grandi traffici di cocaina, ma solo quella finale dello spaccio in piazza che rappresenta una delle attività di controllo del territorio. È tramite le famiglie delle ‘ndrine e dei Casalesi napoletani che riescono ad arrivare ai grandi carichi che arrivano soprattutto dal Messico».


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La spaccio e il consumo di sostanze stupefacenti, in particolare di cocaina, al centro di un convegno organizzato da Libera. Diffusissimo il consumo in città, è considerata un bene rifugio capace di fruttare il 150 per cento del costo iniziale. Ma è anche un ammortizzatore sociale, dato che «interi quartieri sono stipendiati per gestire le varie fasi della vendita in piazza», spiega il magistrato della Dda Pasquale Pacifico

La spaccio e il consumo di sostanze stupefacenti, in particolare di cocaina, al centro di un convegno organizzato da Libera. Diffusissimo il consumo in città, è considerata un bene rifugio capace di fruttare il 150 per cento del costo iniziale. Ma è anche un ammortizzatore sociale, dato che «interi quartieri sono stipendiati per gestire le varie fasi della vendita in piazza», spiega il magistrato della Dda Pasquale Pacifico

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