Fontanarossa, Bianco apre a privatizzazione Faraci: «Valore dipende da opere strutturali»

«Sono favorevole alle privatizzazioni ma senza affanno». Il sindaco Enzo Bianco sceglie il convengo organizzato dall’Enac a Palermo per esprimere il suo parere favorevole alla vendita dell’aeroporto Fontanarossa ai privati. Un’apertura cauta ma nuova, che si aggiunge a quella – già più volte ribadita – di Vito Riggio, padrone di casa e presidente dell’Ente nazionale per l’aviazione civile: «Per gli aeroporti serve una gestione industriale – ha affermato anche oggi – ormai le uniche roccaforti alla privatizzazione sono Bologna, che si sta quotando in borsa, e Catania». Il sindaco di Catania ha premesso che «non è vero che tutti gli aeroporti gestiti dal pubblico sono inefficienti: la Sac ha ottenuto un incremento pari a 7 milioni di passeggeri. Detto questo – ha continuato – occorre comunque portare avanti le privatizzazioni anche per quanto riguarda Catania». Nel frattempo del futuro di Fontanarossa e in particolare del progetto di allungamento della pista con l’interramento dei binari si parlerà a palazzo degli Elefanti il 7 luglio in un incontro a cui parteciperanno anche Regione, Sac, Rfi e Circumetnea.

Privatizzazione e interventi strutturali: due argomenti che in qualche modo potrebbero legarsi. «Se oggi l’aeroporto disponesse già della pista allungata e della stazione ferroviaria, la società di gestione varrebbe di più e il privato la dovrebbe pagare ad un prezzo superiore. Valori diversi ovviamente si avrebbero se queste opere infrastrutturali, per il momento solo annunciate, venissero realizzate dopo che il privato avrà acquisito il controllo della Sac». Così spiega il professore Rosario Faraci, presidente del corso di laurea in Economia aziendale dell’università di Catania, nel 2012 candidato dalla Camera di commercio di Catania alla presidenza della Sac e tra gli accademici più attenti a seguire l’evoluzione del sistema infrastrutturale nel nostro territorio.

Professore Faraci, l’apertura alla privatizzazione di Fontanarossa da parte del sindaco Bianco potrà agevolare l’iter che porta alla vendita dell’aeroporto?
A decidere dovrà essere la compagine sociale, ma fra i soci non c’è il Comune di Catania. Dunque, quello di Enzo Bianco è un forte auspicio che proviene da un importante stakeholder del territorio, cioè il sindaco della città che ospita l’aeroporto. L’amministratore delegato Mancini ha fino ad ora affermato che l’ipotesi privatizzazione non è all’ordine del giorno e, dunque, fino a prova contraria, fanno fede queste dichiarazioni.

Lei personalmente come valuta l’eventuale privatizzazione?
Personalmente non sono né favorevole né contrario alla privatizzazione o, di converso, alla continuità di assetto proprietario pubblico, dell’aeroporto. Ciò che fa la differenza è la buona gestione e la Sac che, nel primo mandato di Mancini ha fatto sostanzialmente bene tagliando molti costi, ha il dovere di proseguire su questa strada anche per il mandato in corso di Mancini e Bonura, potenziando di più sui ricavi l’attuale modello di business.

Quali sono esattamente gli aspetti che la Sac dovrebbe potenziare?
Al management della società di gestione spetta adottare tutte le scelte aziendali che consentano di rendere il business più profittevole, nell’interesse dei soci e dei principali stakeholders. Ad oggi, ad esempio, i ricavi della Sac sono quasi esclusivamente di tipo aviation, mentre la componente non aviation (ricavi dalla gestione diretta dei parcheggi, di altri servizi e del trasporto merci) è esigua. Inoltre, non è per nulla sfruttata la vecchia aerostazione Morandi che, dall’apertura della nuova inaugurata nel 2007, è rimasta chiusa.

Tornando all’eventuale privatizzazione. Cosa cambierebbe?
Vi sono due profili che vanno tenuti distinti: l’infrastruttura aeroportuale (il sito) e la società di gestione dell’aeroporto (la Sac e le società partecipate o collegate ad essa). Quando si privatizza, è l’assetto di governance della società a cambiare: cambia la proprietà, in tutto o in parte; cambiano gli organi societari; cambia il management. L’infrastruttura aeroportuale non c’entra. Sulle sorti dell’infrastruttura è la politica che deve fare fino in fondo la propria parte nella distribuzione delle responsabilità fra Unione Europea, Governo nazionale e Regione Siciliana, unitamente ad altri soggetti fondamentali per la politica dei trasporti in Italia, come ad esempio Rfi-Ferrovie dello Stato.

Alla luce dei risultati raggiunti, come valuta il ruolo della politica fino ad ora?
Certamente non ha fatto fino in fondo il proprio dovere, perché: a) il sito di Fontanarossa non è fra gli aeroporti core in Europa; b) non è ancora dotato di una stazione ferroviaria in prossimità se non addirittura all’interno dell’aerostazione; c) non ha la pista più lunga delle dimensioni attuali. Una società di gestione, pubblica o privata che sia, può fare ben poco se non si registra una forte discontinuità nella dotazione dell’infrastruttura. Può fare, invece, tantissimo nell’uso dell’infrastruttura e nel governo di tutti i servizi, da quelli essenziali agli altri accessori.

Catania è uno dei pochi aeroporti italiani ancora pubblici. Questa condizione ha portato svantaggi rispetto alle altre realtà italiane?
No, perché comunque la Sac è una società sostanzialmente redditizia. Gli altri aeroporti però, con livelli di traffico simili se non di poco inferiori a Catania, fatturano molto di più. Su tutti, Bergamo e Venezia, che sono privati.

Qual è la situazione nel resto d’Italia?
In Italia i principali aeroporti sono adesso gestiti da società private, con una forte concentrazione del mercato della proprietà nelle mani della famiglia Benetton e di Vito Gamberale. Unica eccezione, l’aeroporto di Venezia la cui società di gestione ha un assetto proprietario più composito ed articolato, con una quota minoritaria di Comuni e Province (Venezia e Treviso). In Sicilia, gli aeroporti sono ancora in mano pubblica, anche se l’Enac – attraverso le parole di Vito Riggio – ne ha sollecitato più volte la privatizzazione. Un passaggio di proprietà dal soggetto pubblico ai privati può senz’altro vivificare e dare slancio alla gestione di un Aeroporto, ma non è la panacea di tutti i mali. Occorre, un chiaro disegno politico di sviluppo dell’Aeroporto come infrastruttura primaria per capire dove, in dieci-quindici anni, si vuole andare. Questo è un compito primario della politica che, per Catania, interessa pure Comiso nelle logiche della nuova area vasta del Sud-Est di Sicilia

Privatizzare. Facile a dirsi, meno a farsi. Quali sono i nodi?
La privatizzazione è una faccenda complessa. Intanto la scelta è una prerogativa dell’attuale compagine sociale che alla Sac è pubblica. Poi, bisogna capire quanto privatizzare, ovvero determinare la percentuale di allocazione della proprietà ai privati: quota di maggioranza o di minoranza? Quindi, bisogna ragionare su come privatizzare, cioè comprendere in che modo e con quali strumenti (un’asta competitiva internazionale, una trattativa diretta, un’auction all’interno di gruppo preselezionato di investitori) favorire la transizione della proprietà ai privati. Ancora, è altrettanto importante capire quando privatizzare, ovvero stabilire il timing della privatizzazione.

E poi c’è la domanda che molti si fanno. Quanto vale Fontanarossa?
Difficile quantificarlo. Il prezzo di vendita dipende anche dallo stato di salute, dal valore di avviamento e dai ricavi della società di gestione. Nel valore di avviamento va incluso anche il valore degli asset infrastrutturali. Dunque, se oggi l’Aeroporto di Catania disponesse già della pista allungata e della stazione ferroviaria, la società di gestione varrebbe di più e il privato la dovrebbe pagare ad un prezzo superiore. Valori diversi ovviamente si avrebbero se queste opere infrastrutturali, per il momento solo annunciate, venissero realizzate dopo che il privato avrà acquisito il controllo della Sac. Non dimentichiamo in tutto ciò che valutare ex ante il piano industriale del soggetto privato interessato alla Sac consentirebbe di capire come la nuova proprietà intenderà gestire l’aeroporto, di quali investimenti intenderà farsi carico e quali garanzie offrirà al territorio anche in termini di mantenimento dei livelli occupazionali.

Possiamo affermare che l’aeroporto è una fonte di ricchezza per il territorio?
L’aeroporto crea valore per il territorio. Non c’è dubbio alcuno. Ci sono anche alcune metriche, note agli addetti ai lavori, che stimano l’impatto di un incremento dei passeggeri (ogni milione in più di presenze) sui posti di lavoro diretti ed indiretti. In più si dovrebbe tener conto che, se si avviassero i lavori edili di ammodernamento, si creerebbe un mercato di opere e servizi al quale potenzialmente sarebbero interessate molte imprese del territorio. L’effetto moltiplicativo sarebbe ancora superiore se si considerasse la piena funzionalità di tutte le aree di business non aviation (parcheggi, negozi e trasporto merci) e la riattivazione della vecchia aerostazione Morandi. In verità, però, l’impatto per il territorio sarebbe ancora maggiore se l’integrazione aeroporto-città fosse piena e non ad intermittenza, come lo è tutt’ora. Non dimentichiamoci che Catania ha un vantaggio competitivo che altre grandi città non hanno, cioè la prossimità del suo centro storico all’Aeroporto. Se questa prossimità fosse pienamente sfruttata, avremmo un unico territorio che diventerebbe un’unica grande città dell’accoglienza, sia per il turismo d’affari che per quello leisure.


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