Motta e la discarica degli scarica barile La versione degli ex sindaci: «Io non c’entro»

Una discarica che apparentemente nessuno avrebbe voluto, al centro – oggi – di una vicenda giudiziaria complessa che vede infrazioni di vincoli ambientali, oltre che legislativi. Però sul territorio di Motta Sant’Anastasia, a dispetto delle dichiarazioni di quanti oggi si dichiarano innocenti, hanno agito amministratori che nel tempo hanno permesso l’ampliamento del vecchio impianto di contrada Tiritì in una nuova struttura nella contigua contrada Valanghe d’inverno con una capienza di due milioni e mezzo di metri cubi. «Vi è una responsabilità morale e politica grave di chi ha rappresentato il territorio. Altrimenti lì la discarica non ci sarebbe stata», ha dichiarato nei giorni scorsi senza mezzi termini a CTzen l’ex assessore all’Ambiente Nicolò Marino

La vicenda parte da lontano, nel luglio del 1998, quando Nunzia Pappalardo – madre di Domenico Proto, proprietario della Oikos spa e oggi agli arresti domiciliari – chiede al Consiglio comunale mottese di destinare un’area di sua proprietà a discarica di rifiuti inerti. A guidare l’amministrazione è Angelo Giuffrida – sindaco dal 1995 al 1999 e poi dal 2009 allo scorso mese – che dà il via libera alla trasformazione. Passano gli anni e si arriva al 2008. Da quattro anni è in carica Nino Santagati, il quale partecipa alle sei conferenze di servizio che portano infine alla concessione dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia). Tutti gli enti chiamati a esprimersi danno parere favorevole: Arpa etnea, Ausl 3, assessorato Territorio e ambiente, servizio Tutela dall’inquinamento atmosferico, Agenzia regionale per i rifiuti e – infine – il Comune mottese, che dà il via libera il 27 marzo 2008.

L’area, grazie alla variante approvata dieci anni prima, è destinata a discarica e non ha vincoli paesaggistici. I lavori possono avere inizio, con l’esito che porta oggi i cittadini di Motta e della più vicina Misterbianco a convivere con l’impianto al centro di numerose polemiche. Quella che Marino definisce una «cattiva valutazione, che è sotto gli occhi di tutti». Non a opera della sola Regione – e avallata, secondo le accuse della Procura di Palermo, dal dipendente infedele Gianfranco Cannova – ma anche da chi avrebbe dovuto rappresentare in prima battuta i cittadini e «aveva il dovere di tutelare la popolazione».

«Sono otto anni che non faccio il sindaco». Nino Santagati sembra quasi sorpreso di essere chiamato in causa nella vicenda dell’ampliamento. Perché, spiega, «quella è una pertinenza del Consiglio comunale». L’ex amministratore, secondo la sua versione, si è limitato a inviare «tutta la documentazione alla Regione che me l’aveva chiesta». Ma di altro parere è Nino Aiello, all’epoca presidente dell’assemblea. «La maggioranza non era d’accordo, così ci siamo assentati dalla seduta». L’amministrazione Santagati, anziché rinviare la discussione, approfittò della seconda convocazione (dove non serve la maggioranza assoluta) e «riuscì a racimolare sei consiglieri, facendo passare la mozione». Per Aiello «l’assenza di due terzi del consiglio era esplicativa di una volontà contraria. È stata una precisa volontà del sindaco».

«Io ho sempre dato il mio diniego al rinnovo dell’Aia». Anche Giuffrida si difende dalle accuse dell’ex titolare dell’assessorato all’Ambiente. Anzi. «Ho collaborato con l’ex assessore Marino e, a firma mia, abbiamo mandato alle procure di Messina e Catania la denunzia di illiceità avanzate dai tecnici da lui convocati», afferma riferendosi ai risultati della commissione chiamata a esprimersi sul rinnovo delle autorizzazioni. «La mia amministrazione non ha mai dato il via libera all’ampliamento – prosegue – Abbiamo anche denunciato il piano regionale dei rifiuti e fatto due decreti ingiuntivi per le royalties non pagate da Oikos». Una cifra che si aggira attorno ai sette milioni di euro e che rappresentano una sorta di risarcimento per la presenza di una discarica sul proprio territorio.

Ma il nome di Giuffrida salta fuori in questi giorni da un’intercettazione registrata il 28 febbraio 2012 tra Mimmo Proto e il dipendente regionale al centro delle accuse, Gianfranco Cannova. Dal dialogo emerge la contrarietà del proprietario della Oikos per l’adesione del Comune mottese al parco archeologico del Simeto. Impossibile creare una discarica a pochi chilometri da una zona A, protetta dalla soprintendenza. La delibera, approvata dal Consiglio comunale, poche settimane dopo viene rimessa in discussione. «Stanno facendo l’atto di annullamento eh…eh della stessa eh», afferma Proto non sapendo di essere intercettato. E la marcia indietro provoca l’uscita del Partito democratico dalla maggioranza Giuffrida, anche se l’ex sindaco poi richiama a sé la proposta di annullamento. Ma, di fatto, non viene ratificato l’inserimento dei confini orientali del paese, quelli sul versante delle contrade Tiritì e Valanghe d’inverno, nella zona protetta.

Si arriva all’ultima (in ordine temporale) conferenza dei servizi, durante la quale l’attuale sindaco, Anastasio Carrà, tra le polemiche dà il via libera alle nuove autorizzazioni alla Oikos sostenendo di attenersi alle decisioni delle precedenti amministrazioni. Le polemiche travolgono il primo cittadino, complice anche l’operazione della polizia palermitana che sopraggiunge qualche giorno dopo. I cittadini adesso attendono che l’assessorato si pronunci sulla sorte dell’impianto che sorge alle porte delle abitazioni di 70mila persone. E per stabilire le responsabilità c’è ancora tempo.


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