Wind Jet, una lettera e un video per ricordare «Eravamo felici di lavorare in una famiglia»

Ci sono momenti in cui credi che tutto vada bene, che la tua vita sia quasi perfetta: hai la fidanzata, il marito, il cagnolino che ti tiene compagnia, gli amici con cui ti vedi regolarmente per fare una passeggiata o mangiare una pizza e poi… e poi hai il lavoro! Non quello fisso statale che ti dà una certa stabilità, ma quello in una grande compagnia aerea nazionale privata (la terza in Italia) che vedi crescere di giorno in giorno con nuove rotte, nuovi aerei e voli praticamente sempre pieni, per destinazioni che fino a quel momento non pensavi nemmeno di poter raggiungere con un Airbus320 a causa della limitata dimensione degli aeroporti, come Parma per esempio.

Di quale compagnia parlo? Di Wind Jet. Ne sono entrato a far parte il primo maggio 2005 (festa dei lavoratori) con un contratto stagionale da assistente di volo e subito mi son sentito a casa. Certo all’inizio, come in tutte le cose, l’organizzazione non era perfetta, Wind Jet era nata da appena due anni ed aveva soltanto cinque aerei.

La cosa che subito mi colpì fu che i passeggeri, appartenenti a qualunque classe sociale, venivano trattati come ospiti molto graditi e mi trovai immediatamente bene con questo modo di lavorare perché, lavorando nel settore dei trasporti da già molti anni, ho sempre pensato che chi viaggia e paga un biglietto contribuisce a far entrare nelle tue tasche lo stipendio, il pane quotidiano, ed è per questo che i passeggeri vanno trattati con rispetto e si aspettano di essere trattati con riguardo.

Nella nostra compagnia, la figura delle cabin crew managers, da Isabella Denotti a Carmela Tiralongo a Valeria Ingraffia, teneva molto alla formazione del personale, non soltanto da un punto di vista tecnico, ma anche di comportamento rivolto particolarmente al trattamento dei passeggeri, a come farli sentire a proprio agio sull’aereo e, come dicevo prima, a considerarli ospiti. Questo potrebbe sembrare banale, ma chi viaggiava con noi riconosceva perfettamente la differenza. Con altre compagnie, spesso, si è fortunati a ricevere un saluto o almeno un cenno, e lo si è ancora di più se si trova un assistente di volo che dà una mano a trovare il posto; oserei dire poi che è spesso come vincere un terno al lotto trovarne uno che ti sistemi il bagaglio in cappelliera!

Le compagnie aeree che oggi operano in Italia, facendo voli nazionali, solitamente fanno la dimostrazione di sicurezza prima in inglese e poi qualche parola accelerata in italiano. In altre compagnie, invece, potresti morire ma l’acqua te la devi comprare… e anche cara! Beh, in Wind Jet tutto questo non accadeva, una delle prime cose che ci è stata detta al corso commerciale è stata: «Dare il bicchiere d’acqua è un obbligo, mi raccomando ci teniamo molto!». I passeggeri venivano accolti con un sorriso e trattati come graditi ospiti, veniva data loro l’indicazione del posto e spesso accompagnati alla propria fila e veniva sistemato loro il bagaglio in cappelliera; se avevano paura del volo poi, si faceva di tutto per farli sorridere.

Andare a lavoro per noi significava presentarsi anche mezz’ora prima del servizio, prendere un caffè con i colleghi e farsi quattro risate insieme per integrarsi e conoscersi, perché a volte le giornate erano davvero pesanti ed era necessario creare una sinergia che vincesse contro tutto e tutti… bisognava essere un equipaggio! Credetemi, in otto anni di servizio in Wind Jet non ho mai visto un solo collega non sorridente, non contento di venire a lavorare e seppure a volte qualcuno teneva il broncio per cose personali, quel caffè insieme faceva tornare il sorriso e i problemi restavano a casa. Lo so, sembra un’esagerazione, ma era così! Per noi, oltre ad avere lo stipendio in tasca, era necessario sapere di aver fatto bene il nostro mestiere, udire le parole dei passeggeri felici di aver viaggiato con noi e saperli soddisfatti della nostra professionalità.

Nel video che vedrete di seguito ci sono alcuni di noi e non sorridiamo perché in posa per una fotografia ma perché eravamo proprio così, felici! Felici e orgogliosi di lavorare per una compagnia aerea formata da una grande famiglia, una delle più grandi di cui abbia mai sentito parlare, certo con i problemi che hanno tutte le famiglie, ma pur sempre unita con dei valori che purtroppo nelle altre famiglie di compagnie aeree non ci sono più o forse non ci sono mai stati.

Però c’è una domanda che ricorre sempre nella mia mente da quando Wind Jet ha chiuso e la pongo pure a voi: visto che la nostra era una famiglia, il nostro padre di famiglia Sig. Antonino Pulvirenti, vedendoci oggi in difficoltà, non dovrebbe aiutarci? E rivolgendomi al governatore della Regione Siciliana Rosario Crocetta, dov’è finito l’orgoglio siciliano di una compagnia locale diventata poi la terza nazionale?

Giuseppe Amato, Wind Jet


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