Il sistema Mario Ciancio Sanfilippo L’uomo che sussurrava le varianti

Nelle 325 pagine delle motivazioni della sentenza di condanna a 6 anni e 8 mesi inflitta in primo grado a Raffaele Lombardo, il cognome che viene costantemente messo nero su bianco dal giudice Marina Rizza è quello di Mario Ciancio Sanfilippo, editore-direttore del quotidiano La Sicilia e imprenditore. Gli atti che lo riguardano sono stati trasmessi alla Procura di Catania e si aggiungono a un’inchiesta già in corso in cui per l’editore si ipotizza l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Il giudice tratteggia l’esistenza di quello che viene definito un vero e proprio sistema con al centro grossi affari, politica, imprenditoria e mafia. Dal canto suo Ciancio, dopo la pubblicazione di alcuni stralci della sentenza, si è detto «sorpreso poiché estraneo al processo» che coinvolgeva l’ex governatore Lombardo, dando mandato ai propri legali, con in testa il professore Enzo Musco, di affrontare la spinosa vicenda direttamente con il procuratore capo Giovanni Salvi al quale ha affidato «la famiglia, la persona e il futuro delle aziende».

I centri commerciali
Mito. Era questo il nome dell’ennesimo centro commerciale che doveva sorgere nella periferia di Catania per rafforzare sempre di più la classifica che vede la città etnea come quella con una maggiore densità a livello europeo. La zona era stata individuata in contrada Cardinale nel territorio del comune di Misterbianco. Un grande appezzamento di terreni al confine con contrada Cubba dove poi venne costruito l’attuale Tenutella – Centro Sicilia. Un progetto, quello dell’editore etneo, concorrente a quello finito nel mirino di Cosa nostra e ritenuto centrale nell’inchiesta Iblis, da sviluppare su un area di quasi un milione di metri quadrati appartenente a Mario Ciancio dal 1995. Tra gli imprenditori coinvolti nell’affare c’è pure il messinese Antonello Giostra in passato condannato per bancarotta fraudolenta per aver riciclato denaro proveniente da prestiti ad usura e successivamente arrestato e prosciolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

Nell’analisi degli affari della famiglia Ciancio, il giudice Rizza passa in rassegna anche l’affare di contrada Pigno relativo al centro commerciale Porte di Catania. Una mega struttura che trovò uno sbocco fondamentale grazie alla variante al piano urbanistico votata nel 2005 dall’allora giunta di Palazzo degli Elefanti guidata da Umberto Scapagnini che trasformò un’area di oltre 200mila metri quadrati da verde agricolo a uso commerciale. Nell’affare a trovare spazio tra vendite di società e incorporazioni furono anche alcuni tra i protagonisti dell’intercettazione, ritenuta dall’accusa di primaria importanza, captata dagli investigatori nel luglio 2008 all’interno dello studio di Mario Ciancio quando, stando alle conclusioni del giudice, si chiese l’intercessione di Raffaele Lombardo per «ammorbidire ma non in denaro i dirigenti» del Comune di Catania per una vicenda amministrativa relativa a una variante alla concessione edificatoria. Gli altri protagonisti della chiacchierata sono alcuni soci d’affari di Ciancio, tra cui l’ex parlamentare europeo Vincenzo Viola e Sergio Zuncheddu, editore che ha fondato con Giuliano Ferrara Il Foglio, attualmente leader di alcuni tra i principali media della Sardegna – come l’Unione Sarda e le reti televisive Videolina – ma anche presidente dell’Immobiliare Europea, società che aveva acquistato le quote di Ciancio per la realizzazione dei lavori.

Il villaggio per gli americani di contrada Xirumi
Non solo centri commerciali ma anche gli alloggi per i soldati statunitensi della base di Sigonella, con una costante: la compravendita dei terreni. Anche in questo caso gli affari di Ciancio hanno la concorrenza di altri progetti come quello per l’ampliamento del Residence dei Marinai nel territorio di Belpasso, in provincia di Catania, opera finita nell’orbita della società Safab di Roma, da anni in simbiosi con i vertici di Cosa nostra. A partire dal 2004, le attenzioni del potente editore si concentrano però su un progetto analogo, mai venuto alla luce, da realizzare in contrada Xirumi nel territorio di Lentini, nel Siracusano.

Il fiuto imprenditoriale di Ciancio viene descritto nei dettagli dal giudice Rizza: i terreni inizialmente a vocazione agricola vennero acquistati dall’editore, poi rivenduti per una somma di oltre cinque milioni di euro per ottenere una plusvalenza, nel periodo di tempo immediatamente precedente la presentazione del progetto. Acquirente era la Scirumi srl società che tra i soci annoverava la Cappellina srl riconducibile ai figli dell’editore oltre alla Impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro, già aggiudicataria dei lavori per la realizzazione del centro commerciale Etnapolis. Un passaggio fondamentale è quello della variante al piano regolatore per il cambio di destinazione d’uso che veniva approvata nel 2007 dall’assessorato regionale allora guidato da Rossana Interlandi, fidatissima di Raffaele Lombardo. Così come avvenuto per i centri commerciali, secondo la sentenza, nonostante l’imputato abbia sempre negato di essere a conoscenza dell’opera, Raffaele Lombardo sarebbe stato coinvolto nel progetto direttamente dall’editore e direttore de La Sicilia.

Da un lato infatti si sarebbe attuato il boicottaggio del progetto concorrente della Safab grazie al mancato rilascio di un parere dell’ufficio del Genio civile, nonostante il coinvolgimento del geologo autonomista Giovanni Barbagallo e di Angelo Lombardo, fratello di Raffaele ed ex deputato autonomista; dall’altro, scrive il giudice Rizza, ci sarebbero state delle manifestazioni di riconoscenza: il progetto di contrada Xirumi venne redatto dal fidato collaboratore di Lombardo, l’architetto Matteo Zapparata mentre l’appalto per i lavori di sbancamento terra invece sarebbe rientrato sempre nell’orbita di Vincenzo Basilotta, già aggiudicatario dei lavori di Etnapolis e Porte di Catania e conoscenza di lungo corso dell’ex governatore siciliano.

Il geologo Barbagallo, intercettato in carcere nel 2011 mentre si confidava con il compagno di cella, l’imprenditore Sandro Monaco anch’egli arrestato nel procedimento Iblis, racconta del suo interrogatorio davanti ai magistrati: «Mi hanno domandato se io conosco Ciancio, volevano sapere… Minchia… Già lo sapevano… Figli di puttana… Ce l’avevano davanti… Volevano sapere per il villaggio degli americani (il progetto Safab, concorrente di Ciancio, ndr), mi hanno chiesto perché ho abbandonato il progetto. Gli ho detto: “Ho capito che non c’era nessuna volontà politica di portarlo avanti“».


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