Il museo dei pupi lascia la Vecchia Dogana Napoli: «Siamo stati vittime della disonestà»

«Cercasi urgentemente volontari per lo smontaggio del museo dei pupi storici della Vecchia Dogana». L’annuncio è apparso all’improvviso lo scorso 15 ottobre sulla pagina Facebook della famiglia Napoli, che da più di cento anni porta avanti la tradizione di un «patrimonio dell’umanità Unesco, dimenticato però dalle istituzioni». A commentare amaramente la decisione è Marco Napoli, 29enne maniante della compagnia marionettistica più famosa di Catania.

«Lo abbiamo fatto per salvaguardare il patrimonio artistico: il nostro museo non c’è più perché da un giorno all’altro avremmo rischiato di ritrovarci senza sorveglianza. Ma anche senza luce elettrica e acqua», afferma il giovane artista. Grazie ad amici e volontari, il trasloco si è concluso «intorno alle 2 del mattino». Nuova destinazione, per «i cartelli, i pupi e tutto il materiale che custodiamo da più di un secolo, sarà ora un grande spazio da 500 metri quadri messo a disposizione dal direttore del centro commerciale Porte di Catania, Simone Rau», afferma Marco Napoli.

«La scelta di andare è avvenuta a causa di forza maggiore: non riceviamo più i pagamenti dei biglietti venduti per i nostri spettacoli da novembre del 2013 dell’anno scorso da Vecchia Dogana Edutainment, società ora in liquidazione», commenta Fiorenzo Napoli, direttore artistico della compagnia e padre di Marco. Che non ha mezze misure nel definire la situazione: «Questi sono risultati della disonestà delle persone che compiono disegni stranissimi nei quali noi non c’entriamo. Siamo vittime, creditori di una società che ci ha trascinati in questo disastro», afferma Fiorenzo Napoli.

Napoli non risparmia le critiche all’amministrazione cittadina. «Il 4 marzo avevo illustrato la situazione a Giuseppe Idonea (responsabile delle Comunicazioni esterne del Comune, ndr) e il sindaco Enzo Bianco – continua il direttore artistico della compagnia – si era impegnato con il prefetto per farci riottenere il teatro alle Ciminiere che abbiamo utilizzato per anni. Abbiamo ottenuto solo un deposito seminterrato a San Giuseppe La Rena, dove piove dentro. L‘assessorato alla Cultura è invece rimasto completamente assente, nessun contatto. Così abbiamo colto l’opportunità di andare al centro commerciale Porte di Catania», spiega Fiorenzo Napoli.

«L’ospitalità data alla famiglia Napoli all’interno del nostro centro commerciale non è legata ai loro problemi con Vecchia Dogana, si è trattata solo di una fortunata coincidenza, per entrambi», precisa il direttore di Porte di Catania. «Siamo molto attenti alle attività culturali che riguardano il territorio – prosegue Rau – E con Napoli ci siamo incontrati nel corso di una mostra di pittura fatta proprio nei locali che ora abbiamo messo loro a disposizione, per il momento senza una data precisa. Da lì è nata l’ipotesi di collaborare, che si è concretizzata negli scorsi giorni», sottolinea il dirigente, che ha messo a disposizione un locale del primo piano, «all’ingresso Porta dei Canali». «Adesso dobbiamo valutare gli aspetti logistici e organizzativi, ma proveremo a fare aprire al pubblico lo spazio entro metà novembre, con gli stessi orari del centro commerciale. A Natale vorremmo organizzate una grande iniziativa, e naturalmente vorremo anche ospitare degli spettacoli», conclude Rau.

«Valuteremo quelli che sono gli impegni richiesti – continua Fiorenzo Napoli – Noi continueremo a lavorare e portare in giro i nostri spettacoli, che sono di alto livello e sempre con una grande partecipazione di pubblico». Nel frattempo la compagnia prova anche altre strade per proseguire la propria attività artistica e culturale. «Abbiamo fatto richiesta, tramite l’avvocato Paolo Patanè, vicepresidente del comitato Unesco in Sicilia, per il riottenimento del teatro delle Ciminiere. Stipuleremo a breve anche un protocollo di intesa con l’Università di Catania, grazie alla docente Lina Scalisi, per promuovere la tradizione. Perché quando le cose si vogliono fare, si fanno, e l’Ateneo si è schierato con noi. L’assessorato alla Cultura è invece stato poco attento», conclude Fiorenzo Napoli.


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