Criminalità minorile, la lettera di Scidà al Comune «Catania deve diventare una buona madre»

Al Sig. Sindaco

Ai Sig.ri Assessori comunali

Ai Sigg.ri Consiglieri Comunali

Ai Sig.ri Presidenti delle Municipalità

COMUNE DI CATANIA

Per la frequenza degli arresti di minorenni italiani, in rapporto alla popolazione minorile residente, il Distretto Giudiziario di Catania è ancora detentore di un sinistro primato nazionale. Enorme è l’apporto che al dato distrettuale dà la provincia di Catania; enorme, in questo apporto, la parte del Capoluogo; più impressionante ancora la concentrazione, in alcune municipalità (la periferia nuova e derelitta o quartieri antichi e di antico degrado), della provenienza degli arrestati.

Le responsabilità del pubblico potere son chiare: del potere centrale, e soprattutto del potere locale. Da chiunque amministrato, il Comune si è sinora sottratto all’obbligo di almeno progettare (reclutando per questo competenze effettive e impegnando nella previsione di spesa mezzi congrui, per tutto il tempo necessario all’attuazione) il recupero delle aree deprivate.

Non è possibile fare qualcosa per i minori, se si fa solo per loro, prescindendo dal contesto che ne determina la sorte

Non si può dire che richiami ed esortazioni siano mancati. Già tredici anni fa si scriveva: «Quando dal Tribunale per i minorenni fu lanciato il primo allarme (1981), i ragazzi che ora (1992/93) sono incorsi in arresto, e i loro coetanei, che han delinquito allo stesso modo, non avevano sei anni; moltissimi di essi ne aveva tra tre e cinque; e non pochi eran ancora più piccoli. Se ci fosse stato ascolto, allora e nel séguito, per i tanti, insistenti appelli, che invece sono stati ignorati, se non irrisi, Catania non dovrebbe arrossire dei fatti di criminalità minorile, che da molti anni la segnano… La città – fu allora ammonito – deve saper diventare, per tutti i suoi ragazzi, una madre “sufficientemente buona”. Guai per lei se non avrà saputo esser tale. Nessuna città può negare a tanti suoi figli la condizione di cittadini, condannandoli a quella di abitanti diseredati: o l’avvenire della sua democrazia, e la sua capacità di partecipare, senza guastarla, alla democrazia nel Paese, ne resteranno pregiudicate: perché i diseredati, accedendo, al compimento del 18° anno, all’elettorato attivo, ma accedendovi senza civica educazione, lo inquineranno, e inquineranno, maneggiati da capi clientele, tutti i consessi elettivi, assemblee parlamentari comprese. Nessuna città può stroncare o distorcere lo sviluppo di tante giovanissime esistenze, senza impoverire se stessa: senza privarsi degli apporti di feconda operosità, di ingegno e forse anche di genialità, che esse potrebbero darle». Purtroppo, sono ancora oggi moltissimi, tra gli arrestati, gli inadempienti all’obbligo scolastico.

Non si tratta, è ben certo, di organizzare interventi limitati ai minori (come quelli implicanti inutili sprechi di pubblico danaro), ma di modificare l’ambiente in cui essi vivono: la placenta ecologica, com’è stato detto, in cui essi si sviluppano. Non è possibile fare qualcosa per i minori, se si pensa di farlo soltanto per loro, prescindendo dal contesto che ne determina la sorte. È l’opera grandiosa – l’opera storica – che il ceto dirigente deve a Catania, e che Catania deve a se stessa.

Ma di questo non si può dire sia stata presa coscienza, da nessuno degli schieramenti politici in campo. Parecchio anzi è stato fatto nel senso di ritardare i processi di percezione della realtà: come quando, per potere menar vanto di aver risolto tutti i problemi della collettività urbana, è stata negata – in contrasto con i fatti – la persistenza della criminalità minorile. Si direbbe che l’attenzione per Catania risulta più viva all’esterno che dentro di essa. È a Torino che è stata discussa, recentemente, una tesi di laurea sulla devianza minorile catanese.

Se ingenti risorse, culturali e finanziarie, esigerà il riscatto dei quartieri infelici, mezzi economici rilevanti richiede, già ora, la cura ordinariamente dovuta a quegli insediamenti. Ma il danaro occorrente non si troverà mai, se la spesa del Comune continui a sfuggire, come ora, a controlli adeguati; e se erogazioni, delle quali è difficilmente apprezzabile il grado di necessità, siano ancora fatte. I danari destinati, superfluamente, alla retribuzione di consulenti, o spesi senza misura in locazioni passive, o in contributi, sono danari tolti all’assistenza: tolti agli strati poveri della popolazione.

Sarebbe meritorio che di tutto ciò – cominciasse ad occuparsi il Consiglio in apposite sedute e si occupassero, allo stesso modo, le municipalità.

Buon lavoro per Catania.


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