Mistero dietro il pentimento di Nicolosi «Gnoccolo si è pentito di essersi pentito»

La notizia è arrivata durante l’ultima udienza del processo che si svolge con il rito ordinario, scaturito dall’operazione antimafia Stella Polare. Salvatore Nicolosi, detto Gnoccolo, ultimo dei collaboratori di giustizia provenienti da Cosa nostra catanese, si sarebbe «pentito di essersi pentito». Un passo indietro clamoroso, frutto di una decisione su cui potrebbero pesare le difficoltà di una scelta complicata per le conseguenze che comporta: cambio d’identità, allontanamento dalla Sicilia e in numerosi casi la mancata accettazione da parte dei familiari. Una nuova vita, come la chiamano i diretti interessati. 

La collaborazione di Nicolosi con i magistrati della Procura di Catania era arrivata subito dopo quella di Fabrizio Nizza, terzo di cinque fratelli di una dinastia di trafficanti di droga affiliati alla famiglia mafiosa di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. In cella dal luglio 2010, Gnoccolo è stato condannato a 13 anni nell’ambito dell’operazione Stella Polare con l’accusa di associazione mafiosa finalizzata al traffico di stupefacenti. Ex rapinatore, aveva trovato proprio nella droga il suo business principale. Dopo un periodo nel gruppo di Giuseppe e Alfio Mirabile, trascorse alcune anni fuori dalla Sicilia e soltanto dopo che la lupara bianca inghiottì Angelo Santapola, nel 2008 fece ritorno ai piedi dell’Etna, passando nell’ala capeggiata da Daniele Nizza. Diventò così uno degli uomini di fiducia anche in virtù del legame di parentela con Giovanni Nizza detto banana, di cui è cognato. 

Il gruppo dei Nizza, che si divide tra i quartieri Librino e San Cristoforo, entrò all’interno della famiglia mafiosa nel 2006 con il classico rituale d’iniziazione della pungiuta. Il giuramento di fedeltà all’organizzazione in cui si mischiano il sangue del dito indice, utilizzato per sparare, all’immaginetta votiva della madonna Annunziata. A fare da padrino a Daniele Nizza fu Carmelo Puglisi detto melu u suggi mentre a Fabrizio ci pensò Santo La Causa. Questi ultimi due sono diventati a distanza di anni entrambi collaboratori di giustizia. L’ascesa criminale dei fratelli trovò uno dei punti di maggiore rilievo intorno al 2009, come emerso dall’operazione Ghost. In quelli anni avevano sottratto alcune piazze di spaccio al clan dei Cappello. La mancata osservanza del patto criminale avrebbe portato anche all’idea, partita dal carcere, di uccidere uno dei gestori della piazza di spaccio di via Playa.

Le dichiarazioni di Nicolosi potrebbero aver fornito ulteriori dettagli agli inquirenti sulla gestione da parte di Cosa nostra di alcune centrali della droga a Catania e sui relativi canali d’approvvigionamento. Dalla cocaina, tradizionalmente proveniente da Campania e Calabria con il supporto della ‘Ndrangheta reggina, fino ad hashish e marijuana che viaggiano dall’Albaniacome recentemente emerso dall’operazione della squadra mobile denominata Spartivento. Nell’elenco potrebbero essere finiti anche i nomi di alcuni affiliati storici del gruppo di cui Nicolosi faceva parte. Non solo uomini di vertice ma anche vedette e spacciatori che costituiscono la manovalanza principale dell’affare droga così come i nascondigli delle armi da fuoco.  

In un momento di forte fibrillazione per la mafia catanese – e soprattutto per chi è coinvolto nel business degli stupefacenti – continua ad essere irreperibile Andrea Luca Nizza. Fratello del collaboratore Fabrizio, è latitante da fine dicembre dello scorso anno dopo la condanna nell’operazione Fiori bianchi


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