Mafia Capitale-Cara Mineo, perquisizioni in Sicilia Alla provincia etnea, da Sol Calatino e La Cascina

È scattata la seconda fase dell’inchiesta Mondo di mezzo, conosciuta come Mafia capitale. Sono in corso 44 arresti su tutto il territorio nazionale, 21 gli indagati a piede libero. E perquisizioni ordinate dalla procura di Catania, in coordinamento con quella di Roma, sono scattate nella sede della Provincia di Catania e del consorzio Sol Calatino, che fa parte dell’associazione temporaneo d’imprese che ha vinto l’appalto triennale al Cara di Mineo. Dall’ordinanza del Gip di Roma non risultano arresti in Sicilia. Al centro del nuovo blitz c’è ancora il business dei migranti e il sistema che ruoterebbe attorno a Luca Odevaine, già arrestato a dicembre, che, «in qualità di appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, è risultato in grado di ritagliarsi aree di influenza crescenti» in questo specifico settore. Le indagini avrebbero accertato la sua capacità di «garantire consistenti benefici economici ad un cartello d’imprese interessate alla gestione dei centri di accoglienza, determinando l’esclusione di imprese concorrenti dall’aggiudicazione dei relativi appalti». 

I carabinieri del reparto operativo dei carabinieri, insieme ai pubblici ministeri della procura di Catania, sono entrati stamattina negli uffici del consorzio Sol Calatino – società cooperative sociale. «Le attività – comunica la procura etnea – sono condotte nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti per l’affidamento dei servizi al Cara di Mineo». I pm vogliono verificare «se gli appalti per la gestione del Cara siano stati strutturati dal soggetto attuatore al fine di favorire l’Ati condotta dalla cooperativa catanese Sisifo così come emerso anche nelle indagini della Procura di Roma, con la quale è costante il coordinamento delle indagini».

Perquisizioni sono in corso anche nella sede romana de La Cascina, la ditta, anch’essa facente parte dell’Ati che si è aggiudicata l’appalto triennale per i servizi all’interno del Cara. Nel centro d’accoglienza di Mineo, La Cascina si occupa dei pasti. In un’intercettazione della prima fase delle indagine, si parlava di un presunto pagamento di 20mila euro da parte de La Cascina a Luca Odevaine

Al vaglio degli inquirenti ci sono tutte le gare d’appalto relative al Cara, dal momento della sua apertura. A partire quindi dal 2011, quando, soggetto attuatore era la Provincia di Catania, guidata da Giuseppe Castiglione. L’ultimo appalto triennale è stato assegnato nel luglio del 2014 all’associazione temporanea di imprese Casa della Solidarietà. Un nome diverso rispetto all’Ati che aveva gestito i servizi al Cara fino a quel momento, ma con all’interno gli stessi soggetti. Dietro ci sono infatti le stesse cooperative e società: si tratta della Senis Hospes, il consorzio Sol. Calatino, il consorzio Sisifo, la Cascina Global Service, la Pizzarotti (proprietaria del residence degli aranci) e il comitato provinciale della Croce Rossa. L’assegnazione è stata contestata dai secondi arrivati, la Cot Società Cooperativa, che aveva presentato la sua offerta per la gara ma fu esclusa. Su loro richiesta l’Autorità Anticorruzione, guidata da Raffaele Cantone, si è occupata della gara incriminata e nelle conclusioni l’ha definita «illegittima e lesiva dei principi di concorrenza e trasparenza». Trasmettendo gli atti alle procure di Catania e Caltagirone che indagano sulla vicenda. 

Nel resto d’Italia il blitz dei carabinieri è scattato all’alba nelle province di Roma, Rieti, Frosinone e L’Aquila. Nell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 44 soggetti, emessa su richiesta della procura distrettuale antimafia di Roma, vengono ipotizzati a vario titolo i reati di associazione di tipo mafioso, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori ed altro. 

Anche il secondo troncone di Mafia Capitale indaga sul gruppo mafioso riconducibile a Massimo Carminati, ora in carcere. Dopo la prima ondata di arresti degli scorsi mesi, gli investigatori sono andati avanti, confermando «l’esistenza di una struttura mafiosa operante nella Capitale, cerniera tra ambiti criminali ed esponenti degli ambienti politici, amministrativi ed imprenditoriali locali».


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