Stella polare, condannato il pentito Fabrizio Nizza Continuano gli affari e la latitanza del fratello Andrea

«Una decisione pesante». Poche parole pronunciate dagli avvocati per commentare la condanna di Fabrizio Nizza nel processo Stella polare. Diciannove anni di carcere per colui che fino a qualche anno fa era il capo di Cosa nostra nel quartiere dormitorio di LibrinoUn ruolo dominante conquistato negli anni a discapito della famiglia Arena, alleata alla cosca Sciuto-Tigna affiliata ai Cappello. Capitoli della storia mafiosa della città ormai destinati agli archivi dopo la scelta di Nizza di collaborare con la giustizia all’inizio del 2015. Insieme al pentito è stato ritenuto colpevole, nel processo di primo grado, anche il sorvegliato speciale Giuseppe Floridia. Per il 41enne, che è stato condannato a undici anni, nei giorni scorsi si sono riaperte le porte del super carcere di Bicocca, dopo la richiesta di esecuzione da parte della procura etnea di un’ordinanza di custodia cautelare. L’uomo era finito dietro le sbarre già nei primi giorni del 2016 quando era stato sorpreso in compagnia di altri pregiudicati all’interno di un centro scommesse di via Playa nel quartiere di San Cristoforo

La stessa zona che fino al 2012 sarebbe stata gestita dal gruppo capeggiato da Nizza, collegato alla famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano. Un reticolo di strade trasformate in una piazza di spaccio di droga, che oltre via Playa comprende via Stella polare e via Angeli custodi. Nel processo sono stati invece assolti Francesco Macrì e Raimondo Santonocito con la formula del «fatto non sussiste». Nel filone processuale parallelo che si è svolto con il rito abbreviato erano arrivate le condanne per Orazio Magrì a 12 anni,  Rosario Lombardo Giovanni Nizza a 20 anni, Giuseppe Privitera a 12 anni e Salvatore Nicolosi a 13 anni. Il nome di quest’ultimo è stato legato nei mesi scorsi a un piccolo giallo. L’ex rapinatore aveva prima annunciato di avere intenzione di collaborare con la giustizia, seguendo le orme di Nizza, salvo poi fare un clamoroso passo indietro. Forse a causa delle reazioni non proprio positive da parte dei familiari.

Il cognome dei Nizza non è legato soltanto a Fabrizio, ormai collaboratore di giustizia, ma anche ai fratelli Daniele e Andrea. Il primo, attualmente detenuto, il secondo latitante dalla fine di dicembre 2014 quando è stato condannato in primo grado a sei anni e otto mesi nel processo Fiori bianchi. Sarebbe proprio quest’ultimo ad aver preso le redini del gruppo mafioso nei quartieri di Librino e San Cristoforo. Negli ultimi anni il business principale del più giovane dei tre fratelli potrebbe continuare a essere quello della droga. Affare gestito in proprio sfruttando i canali aperti con i trafficanti internazionali che operano in Albaniacome emerso durante l’operazione antimafia Spartivento. Grazie a una articolata rete di fiancheggiatori il boss starebbe continuando a gestire alcune zone della città, nonostante la serrata caccia delle forze dell’ordine. Uno degli introiti economici del giovane rampollo della mafia catanese viene citato nell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione Nuova famiglia contro la cosca mafiosa dei Mazzei. A raccontarlo è Davide Seminara, ex autista e uomo di fiducia di Fabrizio Nizza per lo spaccio di cocaina, che ha deciso anch’egli di fare il grande passo e collaborare con la giustizia. «Andrea Nizza durante una riunione nell’aprile 2014 disse che il suo gruppo in accordo con i Cappello, in particolare con Massimo detto u carrozziere, volevano mettere sotto estorsione tutto il mercato ortofrutticolo e volevano che partecipassero anche i Mazzei», svela il pentito. Che poi conclude: «Tutti i nuovi banchi dovevano essere sottoposti a estorsione senza eccezioni per nessuno». 

Andrea Nizza è indiziato anche di essere l’esecutore dell’omicidio di Lorenzo Saitta conosciuto con l’appellativo di Scheletro. Quest’ultimo, negli anni ’90, aveva fatto inserire Fabrizio, fratello dell’attuale latitante, nell’ambiente della mafia catanese. I rapporti tra i due con gli anni tuttavia si sarebbero deteriorati fino alla presunta volontà di Saitta di «fare cinquina» non appena sarebbe uscito dal carcere. Un riferimento al numero dei fratelli Nizza che aveva intenzione di uccidere.


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