La bufala del terrorista arrestato col passaporto Isis Trovato su migrante a Pozzallo, gira sul web da anni

Una frase pro-Isis che non ha mai pronunciato. Una confessione non confermata. E un passaporto del Califfato nero che in realtà gira sul web da anni. Sono alcuni dei punti chiave delle notizie diffuse in questi giorni prima dal quotidiano nazionale La Repubblica e poi dal locale La Sicilia a proposito del migrante 21enne siriano sbarcato a Pozzallo il 4 dicembre 2015 e arrestato dalla polizia di Ragusa perché sospettato di terrorismo. Su di lui indaga la procura di Catania con un fascicolo passato dai sostituti Andrea Bonomo e Alfio Gabriele Fragalà a Carmelo Zuccaro, procuratore aggiunto in corsa per la guida dell’ufficio giudiziario etneo. «Non abbiamo mai visto nulla genere», scrive La Repubblica citando fonti investigative. Il riferimento è a un foglio su carta gialla che è in realtà una bufala. «Il documento sembra attestare la sua appartenenza allo Stato islamico», continua il quotidiano nazionale, citando «il pubblico ministero nella richiesta di convalida dell’arresto».

Lo hanno ribattezzato il «diploma dell’Isis», ma anche «passaporto» e «lasciapassare per jihadisti» che avrebbe permesso al terrorista di viaggiare per l’Europa. Il contenuto è stato tradotto dall’arabo in modo incerto: con la presunta foto dell’arrestato (sebbene mai diffusa ufficialmente), il timbro – quello sì con su scritto Isis – e un testo che attesterebbe il superamento di un corso di formazione da terrorista. Ma soprattutto, almeno secondo la stampa, il documento riporterebbe il nome del «fratello Mourad El Ghazzaoui», cioè il presunto nome dell’arrestato. Basta però una traduzione accurata per scoprire che si tratta in realtà di un «certificato di non-miscredenza», come recita il titolo del foglio. Un attestato di fede – non si sa nemmeno se ufficiale – rilasciato a nome di «Mamo Al Jaziri, del governatorato della Svezia». È a questo punto che vengono in aiuto gli strumenti di ricerca online: Mamo in realtà è un musicista siriano, di Rumaylan, e residente a Stoccolma. «Sono un artista e tutti sanno che ho origine curde – spiega, contattato da MeridioNews – In quanto curdo, sono contro il terrorismo. Quindi è una bugia e non escludo che si tratti di uno scherzo». La foto del documento incriminato, con validità di tre mesi, circola online almeno da settembre 2014, più di un anno prima dell’arrivo del 21enne in Sicilia. E ne esistono anche diverse versioni uguali nel testo, ma con foto di altre persone.

Se fosse stato credibile, si sarebbe trattato davvero di un documento unico, considerato che l’Isis, anziché rilasciare documenti, costringe gli aderenti a bruciare i propri. Passaporto compreso. L’altra presunta prova a carico del giovane è la frase «Allah è grande, ma l’Isis di più». Questo il testo di un messaggio Whatsapp trovato su uno dei tanti cellulari sequestrati al ragazzo dopo lo sbarco. Ma a pronunciarla non sarebbe stato l’arrestato, come spiegano a MeridioNews gli investigatori. «Non ho mai sentito questa frase in ambienti religiosi e terroristici, l’Isis ha altri slogan», ci conferma un rappresentante della comunità curda, tra i principali oppositori del Califfato. Il 21enne, inoltre, stando a quanto riporta La Repubblica, avrebbe ammesso davanti ai magistrati la sua appartenenza a una formazione affiliata all’Isis: i «martiri di Daraa». Dal nome della città siriana, non rientrerebbe tra le formazioni terroristiche conosciute. La sigla trova invece riscontro nelle numerose vittime della sanguinosa repressione della rivoluzione siriana contro il regime di Bashar Al Assad: i martiri di Daraa, come vengono appunto definiti.

A fornire una versione diversa dell’interrogatorio di convalida dell’arresto è l’avvocata Caterina Montana, nominata d’ufficio dopo lo sbarco del giovane. «Lui in quell’occasione ha respinto tutte le accuse», spiega. Una delle poche certezze nonostante i dialoghi con il suo assistito siano stati «pochi e difficoltosi – continua la legale -. Durante l’udienza è stato utilizzato un interprete del tribunale». Difficoltà linguistiche che non avrebbero impedito al 21enne di nominare un avvocato di fiducia di cui si sa solo che è calabrese. Uguale incertezza si ha anche sul luogo in cui si trova oggi detenuto il ragazzo, dopo un passaggio nel carcere catanese di Biccoca.


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