Oltre allinquinamento e alle morti su cui indaga la magistratura, il caso dellEdificio 2 della Cittadella Universitaria di Catania solleva problemi che riguardano la sicurezza sul lavoro, i tagli alluniversità, il futuro della ricerca. Se ne è discusso ieri in un incontro indetto dal comitato studentesco di Rifondazione
Farmacia, rabbia e accuse in assemblea
Tagli alla ricerca, morti sul lavoro, il blocco delle assunzioni previste dalla riforma Gelmini. Il tutto strettamente legato al caso Farmacia, in cui “non c’è stato solo un mancato rispetto delle normative, ma anche una silenziosa copertura dei fatti”. È questa l’accusa lanciata da Maria Merlini, segretaria del Circolo Universitario di Rifondazione Comunista, aprendo l’assemblea pubblica che si è svolta ieri ai Benedettini. La Merlini si riferisce anche al silenzio dei lavoratori dell’Edificio 2 della Cittadella, “giovani nel limbo della precarietà e perciò ricattabili”. Parole forti, che vogliono far capire quanto sia importante che questi fatti non restino un singolo caso isolato del panorama universitario catanese, né tantomeno della facoltà di Farmacia.
La Merlini descrive l’attuale disagio degli studenti dell’edificio 2 della Cittadella Universitaria: “Oggi gli studenti di Farmacia sono dispersi in una sorta di diaspora che li obbliga a passare da un edificio a un altro. Il Rettore promette la consegna delle nuove aule entro un anno: aule che però si stanno costruendo accanto all’edificio 2, quindi sullo stesso terreno contaminato”. Paradossi questi difficili da spiegare e che disegnano un quadro assai confuso di tutta la vicenda.
Segue l’intervento di Mimmo Scollo, giovane dottorando di Farmacia che, accennando alla sua personale esperienza, aggiunge: “Non credo che la cattiva gestione dei rifiuti sia solo una questione di risparmio, ma anche di strafottenza. Alcuni docenti hanno trattato il luogo di lavoro come se fosse un feudo privato, e non una struttura pubblica”. Sulla difficile situazione dei ricercatori, costretti ad appoggiarsi a vari laboratori della città, aggiunge: “Non possiamo operare nelle condizioni di normalità che il lavoro di ricerca richiede. Per chi, come me, ha intrapreso la strada della ricerca a Catania, oggi non si intravvedono prospettive”.
Alle parole di Scollo si accoda così Manuela Coci, rappresentante del Comitato dei Precari di Catania ed ex studentessa di Scienze Biologiche, uno dei dipartimenti che appartenevano all’edificio 2. “Non dobbiamo dimenticare che in tutta questa vicenda trovano spazio anche i provvedimenti imposti dell’attuale legge Gelmini“. Leggendo la questione dello smaltimento dei rifiuti al futuro e in un’ottica di risparmio, infatti, la Coci fa notare che si tratta di “di un’operazione molto costosa che viene solitamente coperta dai fondi di ricerca. In previsione della riduzione del fondo FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario, ndr), previsto già a partire dal prossimo anno per le Università, saranno quindi ancora i servizi, le infrastrutture e la ricerca ad essere colpiti”.
A puntare l’attenzione sul fattore sicurezza pensa poi Gabriele Centineo della Segreteria Provinciale CGIL. “A mio parere ciò che non funziona è tutto il sistema con cui si è curata la sicurezza”, dice. Più che sulla presunta cattiva gestione dei rifiuti, Centineo crede che il problema principale sia legato alla struttura dell’edificio 2, al sistema di rete fognaria inadeguato, alla struttura stessa dei laboratori. Per questo, la CGIL ha chiesto al Rettore di effettuare un controllo anche sugli altri edifici e istituti, come Chimica e Agraria che, secondo Centineo, potrebbero essere interessate da fenomeni di inquinamento da sostanze nocive. E, sempre all’Ateneo, viene chiesto un intervento chiarificatore per evitare una psicosi collettiva. “A questo, aggiungiamo la nostra intenzione di costituirci parte civile per quanto riguarda la controversa vicenda di Farmacia”, conclude Centineo.
L’intervento successivo catalizza l’attenzione. E’ l’architetto Daniele Leonardi a parlare, in quanto rappresentante sindacale CGIL. Ma racconta anche, e soprattutto, della sua esperienza come progettista della “Torre Biologica”. Una nuova struttura che, insieme ad altri dipartimenti, avrebbe dovuto ospitarne alcuni dell’edificio 2. “Il progetto nasce nel 2000, e già da allora si può fare quindi risalire la constatazione da parte dell’Università dell’inadeguatezza della struttura adesso sequestrata”, commenta l’architetto, raccontando anno dopo anno la storia di questo progetto mai portato a termine e per il quale gli verrà revocato l’incarico. “Le mie perplessità erano sull’impostazione del progetto, per il quale si sarebbero dovute considerare norme ad hoc, tenendo presente che i locali dovevano ospitare dei laboratori. Ora, se mai la Torre Biologica verrà costruita, sono preoccupato per il futuro, perchè stando il progetto come quando l’ho lasciato, era inadeguato. Ma al passato – sostiene Leonardi –penserà la Magistratura”.
A conclusione parla l’avvocato Santi Terranova, legale della famiglia di Emanuele Patanè e di altri soggetti che hanno denunciato morti e malattie di cui si presume una correlazione con i fatti su cui sta indagando la Procura. “Mi sento offeso per non avere avuto a tutt’oggi riconosciuto il diritto ad accedere alle indagini” , esordisce l’avvocato. “Il memoriale lasciatoci da Emanuele Patanè, purtroppo, per quanto sia significativo, non costituisce prova legale. E l’indagine sarà lunga”, mette in chiaro. “Fate un po’ di «schifìu»”, dice poi rivolto a uno studente; sottolineando come in questo momento ogni testimonianza o minima presa di posizione sia importante.
Un’assemblea partecipata, un incontro in cui a prendere la parola sono stati ricercatori, studenti ma anche persone estranee alla vicenda che hanno ribadito l’importanza del grido di allarme di quanti oggi hanno avuto il coraggio di denunciare. “La nostra realtà sociale paga purtroppo una informazione soffocata”, commenta Grazia Giurato, “Spero che non prevalga il silenzio ma aumenti sempre più il senso di indignazione”.