Appartiene a una stirpe di cinque fratelli, le forze dell'ordine lo cercano dalla fine del 2014 e negli ultimi mesi ha accumulato condanne per diversi reati. Dovrebbe scontare più di 50 anni di carcere ma non è reperibile. Il ritratto è quello dell'ultimo monopolista degli stupefacenti in città
Andrea Nizza, il giovane latitante di Cosa nostra Summit, armi, Gomorra e monopolio della droga
Sulle sue spalle ha il peso di una stirpe di trafficanti di droga e di affari a sei zeri da gestire tra le strade di Librino, San Cristoforo e San Giovanni Galermo. Andrea Nizza, 30 anni, latitante da due, è considerato l’ultimo capomafia di spessore rimasto in libertà a Catania. Sulle sue tracce da dicembre 2014, mese in cui è stato condannato a sei anni e otto mesi di carcere nel processo Fiori bianchi, ci sono i carabinieri. Negli ultimi mesi l’emergente ha collezionato altre pene per tentata estorsione, usura, lesioni, traffico di droga e omicidio. Un pedigree che – stando alle sentenze, ancora non definitive – ammonta già a più di 50 anni di detenzione da scontare. Le ricerche però non sono semplici, perché il boss godrebbe di una fitta rete di fedelissimi che gli garantirebbero l’irreperibilità dalle forze dell’ordine.
Nel suo passato c’è un cognome che dentro Cosa nostra conta, ma anche alcuni tratti che lo distinguono dai fratelli più grandi Daniele e Fabrizio. Tra questi c’è l’ostentazione del potere, che per certi versi fa rima con alcune immagini della serie tv Gomorra. Messaggi chiari da mandare ad abitanti e soldati dei clan rivali. Andrea Nizza spesso si sarebbe mosso per Librino armato, con tanto di giubbotto antiproiettile, con attorno una truppa composta da decine di motorini. Dimostrazioni di forza per ritagliarsi il ruolo di successore dei suoi parenti più noti. Daniele e Fabrizio entrano dentro Cosa nostra nel 2008 con il rito della punciuta celebrato in un appartamento di San Giovanni Galermo. Una cerimonia mafiosa arcaica che viene officiata dagli allora vertici della famiglia Santapaola: Santo La Causa, Enzo Aiello, Benedetto Cocimano, Orazio Magrì e Ignazio Barbagallo. Ai due trafficanti vengono affidati le due più grandi piazze di spaccio della città: San Cristoforo e Librino. Dalla loro c’è un’esperienza decennale con la droga, importata già negli anni ’90 dall’Albania e dalla Calabria. Andrea, negli anni, secondo gli inquirenti, sarebbe diventato il dominus della cocaina a Catania.
In prima fila ad accusarlo c’è proprio il fratello Fabrizio, che ha deciso di collaborare ormai da diversi mesi con i magistrati. A quest’ultimo si è aggiunto Davide Seminara, uno dei suoi uomini più fidati. I due non si sono risparmiati e hanno puntato più volte il dito contro Andrea e non solo. Nelle maglie della giustizia, con l’operazione Carthago, è finito anche Giuseppe Privitera, fedelissimo dei Nizza nella zona di viale Moncada 10. Negli ultimi anni, il più giovane dei Nizza avrebbe scalato tutte le gerarchie tanto da tenere alcuni summit di mafia proprio a Librino. L’argomento di uno di questi, nel 2014 in viale Moncada, è stato il mercato ortofrutticolo etneo. «Disse che il suo gruppo, in accordo con i Cappello e in particolare con Massimo detto u carrozziere, voleva mettere sotto estorsione tutto il mercato e voleva che partecipassero anche i Mazzei», spiega ai magistrati Seminara.
Una pax mafiosa tra clan che si è instaurata anche per lo spaccio di droga. I Nizza, secondo quanto emerso nell’ultima inchiesta, avrebbero consentito ai gruppi avversi di spacciare in alcune zone in cambio dell’appalto sul rifornimento di stupefacenti. Tra coloro che avrebbero siglato gli accordi ci sarebbero anche gli Arena, altra storica famiglia della mafia etnea. Massimiliano, insieme al fratello Maurizio, avrebbe avuto campo libero in viale San Teodoro; i Marino avrebbero controllato viale Librino e i fratelli Dario e Giovanni Caruana viale Grimaldi. Nonostante gli arresti, il presunto vuoto di gestione dello spaccio sarebbe stato già colmato da nuovi pusher e vedette, senza aprire spazi agli interessi di altri clan.