Concetto Bonaccorsi, latitante tradito dal barbecue Gli omicidi, il permesso premio e le visite a Catania

La sua latitanza è finita nel giardinetto di una villetta di due piani in provincia di Pistoia, mentre era intento ad armeggiare con un braciere, la carbonella e una graticola. Concetto Bonaccorsi, ritenuto uno dei capimafia di maggiore spicco nel panorama etneo, è stato tradito da un barbecue e dal desidero di cucinare qualche fetta di carne. Conosciuto con l’appellativo di carateddu, 56 anni, il boss si era reso irreperibile dal 23 settembre 2016, durante un permesso premio che gli era stato concesso mentre era detenuto nel carcere di Secondigliano, a Napoli. Nonostante svariate condanne, comprese alcuni ergastoli per omicidio, Bonaccorsi sarebbe stato un detenuto modello, tanto da meritarsi la buona uscita dal dipartimento penitenziario in una comunità religiosa. Tra prelati e religiosi però il carateddu non si è fatto vedere preferendo forse un treno veloce per raggiungere la zona di Montecatini Terme, in Toscana. Il tutto, secondo quanto ricostruito dalla polizia di Catania, con la complicità della moglie, Concetta Valenti. La stessa donna che è al suo fianco da 26 anni, ovvero da quanto i due si sono sposati al municipio di Valverde nel 1991. Quel giorno, a pochi minuti dallo scambio delle promesse, i carabinieri prelevano Bonaccorsi, già ritenuto uno dei vertici del clan dei Cursoti in Piemonte, e lo portano nel carcere di Bicocca con l’accusa di avere ucciso due topi d’auto, Giovanni Durante e Carmelo Bennici, che gli avevano rubato la sua Fiat Uno turbo pochi giorni prima.

«A Montecatini Terme abbiamo inviato alcuni agenti della Catturandi di Catania – spiega il dirigente della squadra mobile etnea Antonio Salvago -, e dopo un lungo servizio d’osservazione abbiamo individuato la moglie mentre si affacciava dalla casa. Successivamente il colpo di scena ed ecco Bonaccorsi mentre stava preparando il barbecue». Il latitante avrebbe trascorso la sua latitanza proprio nel Massesse «una zona assolutamente tranquilla, dove non si aspettava di essere cercato», senza però disdegnare almeno due fugaci apparizioni a Catania. «Su questi spostamenti stiamo indagando», puntualizza il questore etneo Giuseppe Gualtieri. In passato Bonaccorsi avrebbe beneficiato di altri permessi premio, rispettando però le direttive del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Quando è stato arrestato, nell’immobile di via Deledda, il boss non ha opposto nessuna resistenza e adesso si trova nel carcere di Prato. Con lui aveva però due documenti, intestati a una persona residente nel quartiere catanese di San Berillo nuovo.

Quella di Bonaccorsi è stata una carriera criminale, tra il Piemonte e la Sicilia, di lungo corso, come spiega lo stesso Gualtieri in conferenza stampa definendolo come «il vero capo della famiglia dei Carateddi». Frangia sanguinaria della cosca dei Cappello. Nel 1993 l’ormai ex ricercato viene nuovamente arrestato perché accusato dell’omicidio di Marco De Zorzi. L’uomo viene freddato da Bonaccorsi dentro un ascensore di uno stabile in provincia di Pavia, ma il killer rimane bloccato dentro l’impianto e la polizia lo arresta senza difficoltà. Pochi anni dopo arriva la condanna definitiva a 25 anni di carcere. Nel 1996 il suo nome finisce nell’ordinanza dell’operazione antimafia Cuspide. Vengono catturate 56 persone e a Bonaccorsi viene contestato l’omicidio di Angelo Barbera. Ucciso nel 1991 con la complicità di Carmelo Caldariera e del noto Jimmy Miano. Boss spietato e sanguinario, il latitante catturato ieri nel 2001 si becca una nuova condanna per l’uccisione di Angelo Maccarrone. L’ultimo operazione nella quale viene implicato è quella ribattezzata Revenge, che nel 2008 evita una guerra di mafia tra il clan Cappello e la famiglia mafiosa di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano.

Bonaccorsi porta avanti una tradizione di famiglia legata ormai da anni a un’articolazione del clan Cappello, ritenuta dagli inquirenti tra le più pericolose e senza scrupoli. Il fratello del latitante è Ignazio, anch’egli detenuto. C’è poi il nipote Sebastiano Lo Giudice, conosciuto nel rione di San Cristoforo proprio con l’appellativo di Ianu Carateddu. A partire dal 2001 sarebbe stato proprio quest’ultimo, grazie a centinaia di affiliati, a intestarsi omicidi e regolamenti di conti tra i clan di Catania per il predominio sul territorio, riuscendo a sottomettere l’intero panorama mafioso della città. L’ultimo componente della famiglia di sangue a essere finito in manette, attualmente si trova recluso nel carcere siracusano di Cavadonna, è il trentenne Salvatore Bonaccorsi, figlio di Concetto. Giovane leva della cosca, secondo gli inquirenti capace di scalarne i vertici, e finito in manette a novembre 2015 nell’operazione Revenge 5 e recentemente condannato in primo grado a nove anni e quattro mesi. Un ruolo che avrebbe però condiviso con lo zio, Gaetano Lo Giudice padre di Sebastiano e cognato di Concetto, sempre all’interno del quartiere popolare di San Cristoforo


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