Privatizzazione: «Con l’acqua o con i ladri?»

È il dato di fatto che «non si parla abbastanza dell’acqua» a motivare la realizzazione di un dossier sulla privatizzazione dell’acqua in Sicilia, a cura dell’associazione Lavori in corso. “I privati dell’acqua” è il titolo dell’inchiesta presentata lo scorso mercoledì sera, in via Siena 1, sede dell’associazione Città Insieme.

I relatori e il moderatore dell’incontro, Giuseppe Scatà di “U Cuntu”, hanno incontrato il pubblico per spiegare in modo semplice quali sono i problemi reali che riguardano la gestione idrica in Italia e, soprattutto in Sicilia, e per analizzare i risultati del lavoro svolto visionando documenti e registri ufficiali.

Ciò che è stato più volte sottolineato è la necessità, da parte dell’opinione pubblica, di reagire alla situazione attuale in cui versa il bene-acqua in Sicilia. Un tema delicato, riguardo al quale la verità non è facilmente rintracciabile: gli interessi del privato nei confronti del pubblico, la storia lo insegna, non sono necessariamente nati nel segno della legalità e della trasparenza.

«La situazione generale è grave, ma lo è ancora di più in Sicilia. L’acqua è un bene su cui convergono tutta una serie di interessi, economici, ma non solo. Siamo davanti a una vera e propria spartizione», così Carlo Ruta, uno degli autori del dossier, introduce il suo primo intervento.

Ruta prosegue illustrando il nodo della situazione: «In passato l’acqua era gestita dall’Ente Acquedotto Siciliano e quindi attingeva dai fondi della Regione e dalla Cassa del Mezzogiorno. Già allora si facevano grandi affari sulla gestione di dighe e acquedotti e la mafia tentava di estendervi il proprio dominio. Ma quello che si sta rischiando adesso è che il bene pubblico passi definitivamente al privato. Io dico che ci sono tutte le motivazioni perché l’opinione pubblica insorga».

Da queste riflessioni emerge il dato veramente preoccupante e paradossale in se stesso. Si auspica un ritorno alla gestione pubblica dell’acqua, ma è pur vero che «il pubblico, in Sicilia, non ha mai dato garanzie di legalità assolute. L’EAS (Ente Acquedotto Siciliano) passava da uno scandalo all’altro. Quindi in realtà usciamo da una gestione pubblica “privatizzata”. Quello che noi auspichiamo è che si ritorni a una gestione pubblica, ma che non sia la stessa di 30, 40 anni fa».

A prendere la parola in seguito è Sara Giorlando, del Forum Catanese Acqua Pubblica. È lei che illustra il problema della nascita delle ATO (in seguito alla legge Galli del ’94) e come questa abbia segnato una prima fase di passaggio verso la privatizzazione. Infatti, «da un lato esse hanno tolto il potere gestionale ai comuni, dall’altro hanno introdotto la tariffa che deve contenere una remunerazione del 7 % del capitale a chi la gestisce. L’acqua diviene così un bene su cui fare profitto».

Piero Cimaglia, che si è occupato di controllare i bilanci della SIDRA, rende noto al pubblico che «relativamente all’anno 2008 ho potuto constatare una cifra di indebitamento pari a 50 milioni di euro, cioè il doppio della produzione annuale. E il più grosso debitore della Sidra è proprio il Comune di Catania che vanta crediti per 30 milioni di euro. Il problema si potrebbe risolvere solo se la Sidra colpisse i morosi e il Comune pagasse i propri debiti».

Un continuo trasferimento di fondi pubblici a privati dunque, che riguarda non solo l’acqua, ma i fondi pensione, l’energia e molte altre risorse pubbliche. A questo proposito, Sara Orlando aggiunge: «Noi vogliamo che, partendo dall’acqua, si riesca a creare una nuova e corretta gestione di tutti i beni comuni».

Barbara Crimaudo, in conclusione, fa riferimento a un importante risultato ottenuto nell’ambito del Primo Forum sull’acqua del 2003 svoltosi a Ragusa, durante il quale si è riusciti a ottenere con la non violenza una prima importante vittoria in merito al tema della privatizzazione: «Siamo andati a parlare con gli amministratori e siamo riusciti a fare cambiare loro scelta. La realtà è che molto si potrebbe fare, ma oggi si sono persi di vista l’importanza e il valore di chi fa attivismo. Tutti possiamo essere attivisti, ciascuno di noi, con le giuste idee, è movimento. Si tratta solo di scegliere: o si sta con l’acqua o si sta con i ladri».

Insomma, è dovere dei cittadini rivendicare i propri diritti.


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