Etna Up&Down, Mangano stabilisce nuovo record «Meno di sei per ore per affrontare 41 chilometri»

Quarantuno chilometri, 2800 metri di dislivello, dai 540 metri di Linguaglossa ai 3340 del cratere di Nord-Est: una gara durissima, in un percorso misto e pieno di insidie. Questa è l’Etna Up&Down, corsa giunta alla terza edizione, pensata e messa in pratica per la prima volta nel 2015 da Salvatore Ragonese, all’epoca ragazzo di 18 anni allievo alla scuola militare Nunziatella di Napoli. Un format nato anche con la volontà di evidenziare e dare valore alle bellezze del vulcano, denunciando l’eccessiva distanza da parte delle istituzioni che dovrebbero averne cura. La pagina più bella di Etna Up&Down, da domenica scorsa, è quella scritta da Francesco Mangano, runner di 23 anni che vive e studia a Firenze, dove è diventato nutrizionista.

L’atleta di Linguaglossa, infatti, ha polverizzato il precedente record, impiegando 5 ore e 40 minuti per completare il percorso: «L’idea della vigilia – racconta Francesco Mangano a Meridionews – era quella di cercare il record assieme a Salvatore Ragonese. Siamo partiti assieme da Linguaglossa, ma durante l’ascesa lui ha avuto problemi fisici e si è dovuto ritirare. Mi ha detto comunque di andare avanti e proseguire da solo, perché vedendomi correre capiva che avrei realmente potuto infrangere il muro delle sei ore».

Quello dell’Etna Up&Down è un percorso particolarmente complesso, reso ancor più difficile dalla varietà dei terreni su cui si corre: «Si parte con l’asfalto, seguendo inizialmente il percorso della Mareneve. Poi si prosegue sulla Trainara, una vecchia strada sterrata che porta dritti sino a Piano Provenzana in 12 km, con pendenze molto più ripide rispetto al classico tratto asfaltato. Da lì si sale dritti verso il palo che segna i 3000 metri d’altezza, per poi arrivare al cratere di Nord-Est, il punto più alto dell’Etna. Il tracciato è reso ancor più duro – continua Francesco – perché la strada non è curatissima. Siamo andati a pulirla nei giorni precedenti, cercando di renderla praticabile. Il terreno lavico, poi, è molto più insidioso rispetto a quello dolomitico: soffice, pietroso, fai un passo avanti e due indietro».

Nonostante le difficoltà, però, la gara è andata meglio delle aspettative: «Ho corso bene tutta la salita – ribadisce Mangano – avevo anche una bella cadenza a livello cardiaco. Ho raggiunto la vetta in 3 ore e 46 minuti, poi ho affrontato la discesa, molto tecnica, col sostegno del mio amico Carmelo Guardalà che nei 12 km conclusivi mi ha preceduto nel percorso per sapere meglio dove potere poggiare i piedi. Alla fine, sono sceso fluidamente». Questa impresa cronometrica, ovviamente, non sarebbe stata possibile senza il sostegno di una vera e propria squadra alle spalle: «Sono un atleta della squadra Asics Frontrunner, che mi aiuta dandomi supporto tecnico e il materiale adeguato. Lungo il percorso poi, oltre a Carmelo Guardalà ho avuto l’aiuto dei miei genitori, di quelli di Salvatore Ragonese e di Carmelo Santoro (presidente dell’Associazione Sportiva Etna Trail, ndr)».

Francesco Mangano spende il suo tempo tra l’università e l’amore viscerale per la sua montagna: «È un gran sacrificio doversi dividere tra lo studio e gli allenamenti: in Toscana mi alleno al Parco delle Cascine, un’area verde che permette di simulare i percorsi tipici del trail-running. Firenze è una bella città, ma io amo profondamente la mia terra e prima o poi ci tornerò definitivamente. Cerco di essere a casa ogni 20 giorni: quello che mi lega all’Etna è un sentimento quasi morboso, non posso starci lontano: d’inverno pratico sci-alpinismo, durante il periodo primaverile e autunnale mi alleno sui sentieri del vulcano». Una vita di corsa, quella di Francesco: «Anche nelle gare montagna l’allenamento sulla velocità è fondamentale, mi ha regalato la giusta fluidità permettendomi di abbassare nettamente le mie prestazioni. Col passare del tempo conosco meglio il mio corpo: questo mi permette di sbagliare sempre meno».


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