Santini elettorali e voucher durante colloquio di lavoro «Vicenda squallida, a valutarmi il consigliere Petrina»

«Ho sostenuto un colloquio di lavoro con Francesco Petrina e mi ha dato un voucher, per l’apertura della sua campagna elettorale, dicendomi pure che il 5 novembre avrei potuto fare la rappresentante di lista con un compenso di 50 euro». Inizia con queste parole il racconto di Maria  nome di fantasia – che ha deciso di rendere pubblici i contenuti del suo faccia a faccia, del 29 settembre scorso, con il consigliere comunale oggi candidato per l’Udc al parlamento regionale. Il dialogo è avvenuto all’interno della segreteria politica di via Plebiscito 703 ma la donna, in realtà, si era recata in quella villa per ben altri motivi. Ovvero un’offerta di lavoro, pubblicata su un portale online, per la posizione di segretaria amministrativa della società di ristorazione Gli umbertini, di proprietà, per il 95 per cento, del politico etneo. «Ci sono rimasta male. Sono davvero disgustata per questa vicenda», spiega riferendosi alle inaspettate richieste arrivate dall’altra parte della scrivania.

«Ho detto che non mi interessava fare la rappresentante di lista e lui mi ha risposto che è un uomo di chiesa – continua Maria -. Io ho replicato spiegandogli di essere una catechista e lui ha risposto che questo mi sarebbe valso un punto, mettendo un segno più pure nel curriculum». La donna durante il suo racconto mostra anche il famoso voucher. Una sorta di santino elettorale rettangolare con la faccia di Petrina, il logo del partito, e l’appuntamento per l’apertura della sua campagna elettorale dell’1 ottobre: «Mi ha detto che se andavo quel giorno sarebbero stati punti a mio favore perché sarai stata affidabile». MeridioNews nei giorni scorsi ha provato a chiedere una replica al diretto interessato che, almeno in un primo momento, ha detto di non sapere nulla dei colloqui di lavoro, salvo poi ammettere la ricerca di personale. Inclusa la richiesta per il ruolo di rappresentante di lista. Alla specifica domanda sulla sua presenza in quelle stanze, però, aveva glissato. Bollando il quesito insistente come «inquisitorio». «Sono libero di fare quello che voglio con la mia società», replicava. 

Una costante nel racconto delle testimoni è quello della scarsa considerazione che sarebbe stata riservata ai curricula. A sottolinearlo è anche Michela – nome di fantasia -, che ha scelto di raccontare al telefono la sua esperienza, a metà tra un’offerta di lavoro e delle inaspettate proposte di natura politica. «Il mio colloquio è durato due minuti esatti e fondamentalmente non gliene fregava niente», spiega. A esaminarla in questo caso però non è stato il candidato Udc: «La ragazza che avevo davanti mi ha detto che era entrata nell’associazione dieci giorni prima dicendo di essere disponibile a fare la rappresentante di lista». Il colpo di scena però deve ancora arrivare. Michela, che come le altre due ragazze ha inviato il suo curriculum online per il lavoro di segretaria, si vede poggiare sul tavolo un malloppo di santini elettorali: «Ma quando sono arrivata a casa ho buttato tutte cose. Erano un vero e proprio malloppo, circa 150», confessa, spiegando di averne conservato uno poi inviato alla nostra redazione.

Michela parla anche di una sorta di confessionale che si troverebbe dentro alla segreteria dell’aspirante parlamentare regionale. «Simile a quelli delle chiese», ricorda. Un attaccamento, quello di Petrina alla fede cristiana, che compare anche durante il colloquio con Maria. «Mi diceva in continuazione di essere vicino alla chiesa, e dietro alla sedia aveva tanti libri. Io catechista e lui “uomo di chiesa” e poi alla fine che cos’è? Un invito all’apertura della campagna elettorale per prendere un punto in più? Squallido davvero». Il nome del consigliere Petrina, ex proprietario del noto locale Etna bar poi venduto alla compagna del presunto mafioso Cosimo Tudisco e quindi finito sotto sequestro giudiziario , è finito sul tavolo della commissione regionale e parlamentare antimafia. È stato indicato dall’ex governatore siciliano Raffaele Lombardo come il «Retina, Etna bar» a cui faceva riferimento il collaboratore di giustizia del clan Cappello Vincenzo Pettinati. Il pentito, a questo proposito, parlava di generici «metodi di scambio denaro-voti» legati alle elezioni del 2008.


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