Claudia Aiello, storia di una compositrice 27enne «Le canzoni migliori nascono da forti emozioni»

Si sta destreggiando tra mille impegni, cercando di trovare il suo equilibrio tra Milano e Lecco. La passione per il pianoforte, e per la musica in generale, la 27enne catanese Claudia Aiello, fresca di medaglia d’argento ai Global music awards, l’ha ereditata dalla famiglia, come racconta a MeridioNews ancora incredula per questo traguardo. «Abbiamo scoperto che mia nonna e suo fratello cantavano nel coro della chiesa, come soprano e tenore, senza aver mai studiato musica. Così come mia sorella Margherita, che ha 31 anni, ha una bellissima voce da soprano», spiega Claudia, cresciuta a pane e Mozart e che nello scenario musicale di oggi apprezza Ennio Morricone. Probabilmente e inevitabilmente, però, è la figura materna ad averla influenzata maggiormente. «Fin da bambina ho ascoltato mia madre suonare il pianoforte e fare lezione ad altri e mi ha sempre affascinata il suo modo di insegnare». Tanto da decidere, intorno agli undici anni, di abbandonare lo studio dell’arpa in conservatorio per dedicarsi a quello del pianoforte. «Non riuscivo proprio a resistere e ho convinto mia mamma a lasciarmi sedere per sperimentare e instaurare un rapporto con quello strumento magico». Che continua a suonare ogni giorno con le stesse emozioni di sempre, anche a Milano. «Qui, finché non riuscirò a comprerò una casa dove poterlo portare stabilmente, uso una testiera elettrica con i tasti pesati perché è difficile gestirlo durante un trasloco».

Ha lasciato la Sicilia dopo aver terminato gli studi in conservatorio e avere intrapreso le strade della formazione docenti e del tirocinio formativo attivo. «Nel frattempo avevo congelato la mia iscrizione a Lettere perché incompatibile con il conservatorio, così ho ripreso gli studi conseguendo la laura specialistica in Scienze della musica e dello spettacolo alla Statale». Non le mancano titoli e premi vinti negli anni, nonostante i suoi colleghi siano continuamente alla ricerca di un punteggio maggiore per i concorsi. «Non si può vivere solo di questo», commenta Claudia, che invece ha preferito passare all’azione. «A Milano ho conosciuto il docente di Strumentazione e orchestrazione del Conservatorio, che mi ha dato delle basi più solide nella composizione». 

E proprio alla composizione si sta dedicando molto da quando si è allontanata da casa. «Sarà perché vivo sola e ho quindi dato libero sfogo a questa mia vena, ma mi sento più libera di sperimentare, provare, sbagliare. Sono momenti intimi e si ha sempre un po’ di timore nel condividerli con altri, anche con i propri parenti». A parte qualche eccezione. «Ho composto un brano per il matrimonio di mia cugina, che per me è come una sorella, perché sono convinta che, quasi sempre, sono gli avvenimenti forti dal punto di vista emozionale che ci portano ad avere quella particolare spinta creativa».

La stessa da cui è nata Sweet time spent with you, la composizione che le ha fatto conquistare i giudici del Global music awards. «È il primo brano che ho reso pubblico e l’ho scritto pensando a delle persone molto care che non ci sono più. L’ho eseguito per la prima volta a Milano come bis. Quando il pubblico lo chiede – chiarisce – il musicista può eseguirne uno a piacere. Io, a sorpresa e senza dire niente, ho suonato il mio brano con il cuore che batteva a mille. Alla fine qualcuno del pubblico ha confessato di averlo cercato senza ottenere risultati su Shazam. Ho fatto centro». L’esperienza del concorso, invece, è stata casuale. «Cercavo su internet concorsi che avessero a che fare con la composizione, non tanto perché mi interessava vincerli, ma perché desideravo avere il parere di addetti ai lavori e non di persone coinvolte emotivamente. Ero a casa da sola e mi sono detta “Perché non tentare questa pazzia?”». Per un mese non ha avuto notizie e pensava che l’esperimento non fosse andato a buon fine. «Non avevo ricevuto né la mail né la lettera, ma quando ho controllato sul sito il mio nome era lì. La prima cosa che ho pensato è che fosse una mia omonima, ma c’era anche il nome del brano e a quel punto l’emozione è stata troppo forte».

Ma Claudia ha recentemente coronato anche un altro sogno, quello di insegnare e poter condividere con i giovanissimi la propria passione e il proprio talento. «Ho da sempre il desiderio di aiutare i ragazzi a fare qualcosa per fare emergere emotività, espressività e sentimenti, perché è proprio questo uno degli scopi della musica». Da quest’anno è docente di ruolo al liceo musicale G. B. Grassi di Lecco, dove ha a che fare con ragazzi dai 13 ai 18 anni. «L’impatto è stato positivo, qualcuno dice che sono stata fortunata a trovare degli allievi così e comunque mi considero su un piano privilegiato visto che noi insegnanti di strumento abbiamo un rapporto one to one con ogni studente, che permette di entrare in confidenza e in empatia». Motivo per il quale cambiare spesso docente è un piccolo trauma, che non consente di instaurare un rapporto profondo e di estrema fiducia con il proprio maestro. Come quello che Claudia ha con la sua insegnante privilegiata, sua madre, Maria Schillaci. «Quando ho smesso di studiare arpa e ho cominciato seriamente con il pianoforte ho convinto mia madre a farmi seguire da lei nello studio dello strumento. Ed essere riuscite a portare avanti parallelamente il rapporto mamma-figlia e quello professoressa-alunna dimostra quanto sia profondo e importante il rapporto che c’è tra di noi». 


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