Regionali, il successo democristiano di Giovanni Bulla La regia di Pistorio che imbarazza: «Naturale parlarci»

C’è impresso fortissimo il marchio dello scudocrociato che non sbiadisce mai nell’elezione al parlamento siciliano di Giovanni Bulla. Un lungo curriculum politico per lui, maturato interamente nella sua Adrano e poi alla Provincia di Catania, con i ruoli prima di consigliere e poi di assessore sotto le giunte di Raffaele Lombardo e Giuseppe Castiglione. La sua è stata una fiera militanza centrista, al fianco di un amico che lo ha sostenuto anche nell’ultima, vincente, corsa elettorale: Fabio MancusoEx sindaco di Adrano e deputato a Palermo per ben tre legislature. Anche lui un riferimento democristiano all’ombra dell’Etna – in giro per Udc, Popolo della Libertà e poi di nuovo Udc, proprio come il neodeputato Bulla – che si appanna però qualche anno fa. Nel 2011 Mancuso finisce ai domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’esercizio abusivo dell’attività finanziaria e finanziamento illecito ai partiti. Disavventura giudiziaria che non lo allontana dalla scena politica, sebbene ridimensionandolo a ruoli non di primo piano. Rotta la prolungata liaison con Pino Firrarello e Giuseppe Castiglione, l’area mancusiana ha tenuto la linea dell’opposizione all’attuale sindaco di Adrano Pippo Ferrante – alfaniano, dopo trascorsi nella destra finiana – ritrovandosi poi fra i pilastri obbligati, in zona etnea, per la ricostruzione dell’Udc guidato da Lorenzo Cesa, plotone centrista saldamente ancorato al centrodestra che ha portato alla vittoria Nello Musumeci

Le scorie però dell’ondivago percorso dei moderati – nel 2012 decisivi per la vittoria di Crocetta, oggi invece dopo scissioni e liti seduti al tavolo del patto dell’arancino con Berlusconi – stanno ancora lì. Mascherate poco o nulla dall’ottimo 6,9 percento raccolto su base regionale, buono per l’ingresso a Palazzo dei Normanni di cinque deputati più Mimmo Turano via listino del presidente. Scorie come le acrobazie dell’intramontabile Giovanni Pistorio. Ex assessore di Crocetta, ex senatore con l’Mpa di Lombardo, in estate le sue fiches sembrava averle puntate sul deputato uscente Marco Forzese in quota Centristi per Micari – ovvero l’ala Udc che ha scelto l’alleanza con il Pd, guidata da Pierferdinando Casini e Giampiero D’Alia

Forzese, malgrado gli ottomila e passa voti, è stato una delle vittime illustri del flop di Alternativa popolare la lista del ministro Alfano e di Casini rimasta sotto lo sbarramento del 5 percento – e all’Ars non ci ritornerà. Pistorio, invece, rientrato dalla finestra fra i cesiani dopo qualche apparizione ai meeting di Castiglione e del deputato trombato – con tanto di accalorati discorsi a sostegno del rettore Fabrizio Micari – è riuscito a mettere il cappello sull’inatteso successo – 5189 preferenze – di Giovanni Bulla. Riarruolato a pieni galloni dall’Udc, e pure con la responsabilità di occuparsi delle liste su Catania.

Il neoeletto non si mostra imbarazzato dal peregrinare dell’ingombrate sostenitore e, con pacatezza, prova a fare ordine nel turbinio politico-democristiano alle falde dell’Etna: «Non sono il candidato di Pistorio – dice a MeridioNews – lo conosco dal 2003 e appartiene all’Udc, ha lavorato alle liste e rappresenta il partito a Catania, confrontarmi con lui è naturale». Non ci sono contraddizioni fra gli eventi pro Micari e l’approdo fra le braccia di Musumeci? «Pistorio è legato a Forzese, ma da quello che so a quelle iniziative non c’erano ancora simboli di partito», ricorda l’ex consigliere comunale Bulla. Che dunque, nelle evoluzioni delle ex assessore crocettiano, non ci trova nulla di incoerente. «In fin dei conti – aggiunge il fresco deputato – è sempre rimasto nell’Udc, anche quando Crocetta lo fece dimettere da suo assessore, e mi risulta che già da quest’estate cercava di convincere tutti a votare per Musumeci»


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